Il Mare deve tornare ad essere Nostro.
Non deve più esser il mare del silenzio.
Buon 25 Aprile a tutti.
Maurizio Pistone
Vaccinazioni
Ieri ho fatto la prima punturina con l’AstraZeneca – il vaccino della mutua.
Non sono morto – e questa è la prima sorpresa.
La seconda, è stato ricevere un certificato con le mie precedenti vaccinazioni.
Naturalmente non avevo nessuna memoria precisa delle punturine da bambino; ma non ricordavo neanche di aver fatto un richiamo per l’antivaiolosa nel 1980. Dev’essere stato per via di quello sgangherato viaggio in India con alcuni amici… Evidentemente per posti così esotici si prevedeva una precauzione supplementare.
Dante e l’invenzione del Medioevo
In quest’anno dantesco, mi è venuta voglia di rinfrescare i miei ricordi liceali, e cercare di capire quale immagine del Medioevo emerge dal capolavoro assoluto del Medioevo stesso…
Lo strano primato di Donald Trump
Il sistema elettorale degli Stati Uniti d’America è molto complicato, e quasi del tutto incomprensibile all’estero.
Più o meno tutti sappiamo che il Presidente non viene scelto direttamente dai cittadini, i quali, con una votazione Stato per Stato, eleggono 538 “grandi elettori”. Poiché la rappresentanza dei singoli Stati non è proporzionale alla popolazione, e in genere tutti i “grandi elettori” di ogni singolo Stato votano il candidato che è risultato vincente in quello Stato, indipendentemente dalle proporzioni dei voti ricevuti dai diversi candidati, la composizione del “collegio elettorale” nazionale non riflette direttamente il risultato elettorale. Può capitale addirittura che un candidato che ha preso una minoranza di voti popolari si trovi ad avere la maggioranza dei voti dei “grandi elettori”. Così è capitato nel 2016, quando Trump ha avuto 304 grandi elettori, contro i 227 della Clinton, pur con uno scarto a favore di quest’ultima di quasi tre milioni di voti popolari.
Un caso del genere è piuttosto raro, l’ultima volta si era verificato nel 2000, quando Al Gore, con circa mezzo milione di voti popolari in più, era stato superato da George Bush: furono decisivi i 25 “grandi elettori” della Florida, dove lo scarto fra i due era di poche centinaia di voti, e il conteggio fu a dir poco tempestoso. Altri casi del genere si sono verificati nel 1824, 1876, 1888, ma mai con uno scarto in favore del perdente così forte come in quest’ultimo caso.
Solitamente, il Presidente uscente, se si ripresenta, ha buone probabilità di essere rieletto. È capitato solo otto volte (nel 1800, 1840, 1888, 1892, 1912, 1932, 1980, 1992), che un presidente in carica, presentatosi candidato per un secondo mandato, sia stato battuto.
Non è quindi mai capitato finora che un presidente abbia riunito nella sua persona queste due assai poco invidiabili caratteristiche: di vincere un’elezione con una minoranza di voti (con circa 3 milioni di voti in meno), e di essere battuto nelle successive elezioni (con oltre 7 milioni di voti in meno).
In una parola: Donald Trump è stato il Presidente meno votato di tutta la storia degli Stati Uniti d’America.
Il covid e l’art. 32
Art. 32.
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Quelli che citano a sproposito la Costituzione dovrebbero ogni tanto leggerla.
La salute è un diritto fondamentale: dell’individuo e della collettività.
Non è una mia pretesa stravagante essere tutelato contro i danni e i pericoli per la mia salute: è un mio diritto. Io non chiedo, io pretendo di essere tutelato.
Ed è un interesse collettivo: la salute delle persone e la salute della società sono strettamente collegate. Non ci possono essere cittadini sani, senza una società sana, né una società sana, senza cittadini sani.
Non è una scelta opinabile dei pubblici poteri tutelare questo diritto: è un obbligo.
Lo Stato deve tutelarmi da fattori patogeni esterni, come l’amianto o un virus. E deve tutelarmi da comportamenti irresponsabili di singoli o gruppi che possono mettere a pericolo la salute individuale o collettiva: sia quelli che inquinano le falde acquifere, sia quelli che creano le condizioni favorevoli alla diffusione di un’infezione.
È un dato evidente che in questo la sinistra sia molto più sensibile della destra. In primo luogo perché la sinistra è più sensibile ai principi fondamentali della Costituzione democratica, mentre la destra tende ad usarla per finalità politiche contingenti. Ma soprattutto perché la tutela della salute è una vecchia battaglia della sinistra, sia politica, sia soprattutto sindacale.
Le battaglie per la tutela della salute sono una vecchia bandiera del movimento operaio – almeno fino a quando è esistito un movimento operaio organizzato capace di incidere sulla vita sociale. E ad un certo punto è emersa una parola d’ordine: La salute non è monetizzabile. Non è accettabile lo scambio salute contro denaro, non si può chiedere ai cittadini e ai lavoratori di accettare un danno o un pericolo sanitario in cambio di vantaggi economici.
Le Costituzioni non sono tutte uguali. Mentre da noi la tutela della salute è un obbligo costituzionale, non lo è per esempio nella Costituzione degli Stati Uniti d’America. La Costituzione americana non cita il diritto alla salute. Proclama invece il diritto dei cittadini al possesso di armi.
Da mesi negli USA ci sono circa mille morti di Covid al giorno. La cosa, dal loro punto di vista costituzionale, non è rilevante. L’importante è che sia tutelato il diritto dei cittadini americani a morire con la pistola in tasca.
Vive la France
Negli anni ‘70 e ‘80 i vignerons francesi assalivano le autobotti che trasportavano vino italiano e le rovesciavano nei fossi.
Vi fu un evento clamoroso nel 1975, quando l’assalto fu portato nel porto di Sète.
Ora quei coraggiosi combattenti occitani hanno una vittoria postuma. Il sindaco di Lione ha dato loro ragione: la TAV Torino – Lione non serve ai francesi.
I francesi non hanno bisogno delle importazioni dall’italia.
Siamo noi che abbiamo bisogno delle esportazioni verso l’Europa.
I francesi, anche quando sono verdi, sono nazionalisti.
Noi, anche quando siamo verdi, siamo coglioni.
Il piccolissimo Principe
Uno di luoghi comuni più stucchevoli della politica è “contano i programmi, non le poltrone”.
È la frase che ognuno dice dell’altro: “voi pensate solo ai nomi, alle poltrone, noi invece…”
E si rimane lì, a pensare ai programmi – come se i programmi non fossero cose che possono camminare solo con le gambe degli uomini.
Eppure cinquecento anni fa Machiavelli ci ha spiegato molto bene che l’arte della politica si compendia in questo: l’abilità di mettere la persona giusta al posto giusto.
Il resto, sono chiacchiere.
Daccapo a zero
La vicenda Sea Watch è finita con una figuraccia mondiale per l’Italia.
I 43 sono sbarcati – questa era l’unica soluzione sensata fin dall’inizio.
Per tutto il tempo che è durata la sceneggiata, qualche centinaio di altri migranti giunti con i loro mezzi (il che vuol dire: tutti quelli che erano partiti, partiti, meno quelli che sono annegati), sono sbarcati in varie località italiane, anche a Lampedusa. Qualcuno è arrivato su una spiaggia, qualcun altro in un porto, e tutti sono sbarcati.
Come è sempre capitato sotto tutti i governi, compreso il “governo del cambiamento”.
Lo stesso giorno in cui nel porto di Lampedusa un qualche funzionario troppo solerte imponeva ad una motovedetta della Guardia di Finanza una pericolosa manovra ostruttiva, un’altra imbarcazione della Guardia di Finanza, ed un’imbarcazione della Guardia Costiera, salvavano in mare una cinquantina di naufraghi.
Undici sono stati accompagnati proprio a Lampedusa, senza che nessuno ci badasse. Proprio mentre le telecamere riprendevano, ad uso dei media di tutto il mondo, lo sbarco dei 43 della Sea Watch, in mezzo alle urla di un gruppo di esagitati che insultavano e minacciavano di stupro la comandante Rackete, un’altra imbarcazione della Guardia di Finanza zitta zitta sbarcava quegli altri undici poveracci ripescati in mare.
Immagino che i finanzieri delle due imbarcazioni avranno passato la serata insieme, davanti ad un boccale di birra, meditando sugli strani casi della vita.
La Guardia Costiera ha poi provveduto a sbarcare in Sicilia gli altri naufraghi recuperati: una quarantina circa.
Ci credo che i Figli di Salvini sono furenti.
Questa vicenda dimostra che l’Italia non ha una politica sui migranti. Questo Governo non l’ha mai avuta. Questo Governo da oltre un anno sostiene la bufala dei “porti chiusi”. Ma i porti non sono chiusi. Non sono mai stati chiusi.
Di fronte ad una singola nave guidata da una distinta signora trentenne, si è mostrato come sia materialmente impossibile chiudere i porti.
O per lo meno, come l’attuale Governo non abbia la minima su cosa debba fare per attuare praticamente questo suo proposito.
Il Governo del Cambiamento torna da dove era partito. Non ha una politica sui migranti. Non ha un progetto per contrastare l’immigrazione; non ha un progetto per gestire quelli che in un modo o nell’altro sono già arrivati – e continueranno ad arrivare.
Per ora si limita a lanciare bufale sul Web – come quella dei “porti chiusi”.
E temo che continuerà a farlo ancora per molto.
Dei migranti, del pubblico, e del privato
L’iniziativa della nave Sea Watch è illegale? Sì, è illegale (*).
Possiamo lasciar gestire il soccorso in mare ai privati delle ONG? No, non possiamo.
Su questo, direi che non ci sono dubbi.
Cerchiamo di risalire un pochino indietro, per capire come si è arrivati a questa situazione.
Nell’ottobre 2013, di fronte all’acuirsi della crisi in Libia, ed alla spaventosa tragedia dei naufragi, il governo italiano lanciò l’operazione Mare Nostrum. Quest’operazione, affidata alla Marina Militare italiana, aveva come obiettivo la sicurezza nazionale (il controllo delle acque del Mediterraneo centrale) e l’azione umanitaria (il salvataggio delle vittime di naufragi).
L’operazione ebbe un tale successo, che subito si levarono altissime critiche: il numero dei salvati era toppo elevato. Si diceva che questo rappresentava un incentivo alle partenze, e che se l’Italia avesse smesso di “chiamare” i migranti, il flusso sarebbe calato drasticamente. Su pressione di vasti settori dell’opinione pubblica e della politica, dopo solo un anno l’operazione Mare Nostrum fu interrotta: funzionava troppo bene per gli standard del nostro paese.
Si ignorava (temo in qualche caso consapevolmente) una grande lezione della storia: vi sono circostanze in cui masse di persone continuano ad andare avanti, anche se le probabilità di andare incontro alla morte sono sempre più elevate.
In ogni caso fu una scelta sciagurata e del tutto irrazionale. L’Italia è il paese con la più grande estensione di coste del Mediterraneo; ed è il più vicino all’area di massima instabilità del Nord Africa. Pensare che il controllo di quel tratto di mare sia cosa non che ci compete, è pura follia. Un po’ come se i Carabinieri si chiudessero a chiave in caserma, e mandassero messaggi sui social per lamentare che là fuori c’è disordine e illegalità.
Diciamo pure: questa scelta alla fin dei conti si è dimostrata antinazionale, come la maggior parte delle scelte dettate dalla logica dell’estrema destra – anche quando non è un governo di destra a farle.
L’idea all’inizio era quella di sostituire l’operazione navale italiana con un’operazione europea; ma subito si vide che le altre nazioni se ne disinteressavano. Tragicamente comica la risposta inglese: “Non abbiamo abbastanza navi!” Gli Inglesi che dicono di non avere abbastanza navi!
Insomma, il Mediterraneo rimase sguarnito.
A questo punto interviene una seconda grande lezione della storia, ancora più evidente della prima. Dove c’è una necessità impellente, e lo Stato non interviene, intervengono i privati. Ovviamente, essendo privati, con la loro logica di privati, non con la logica dello Stato.
Così vediamo dei privati che senza seguire le indicazioni del Governo viaggiano per il Mediterraneo ripescando gente per portarla in Italia. Fanno bene? Fanno male? Ci sono diverse opinioni in proposito. Ma la vera domanda è: perché si è permesso che questo compito indispensabile del controllo della navigazione fosse assunto da dei privati, quando dovrebbe essere funzione vitale dello Stato?
A questa domanda nessuno sa ripondere.
Certo, la destra dice “chiudiamo i porti”. Come se i Carabinieri dicessero: chiudiamo i tram, così non ci salgono i borseggiatori. I porti non sono chiusi – non possono, materialmente, essere chiusi; né si possono chiudere tremila km di costa.
Dall’alto dei palazzi romani, dalle colonne dei social qualcuno in cerca di pubblicità si esibisce con cadenza più o meno mensile in urla e strepiti contro qualche nave ONG. Del tutto indifferenti a questo canaio, gli sbarchi continuano con cadenza quotidiana.
Un fallimento catastrofico, dal quale sarà ben difficile risollevarsi.
(28 giugno 2019)
(*) Il corso degli eventi ha evidenziato, in modo assai più rapido di quanto mi aspettassi, quanto sia stato imprudente da parte mia quest’uso della figura retorica della concessione. Avrei dovuto scrivere, con una più evidente sfumatura di dubbio, “Ammettiamo che l’iniziativa della nave Sea Watch sia illegale…”
(3 luglio 2019)
Un NO piccolo piccolo
Ho fatto, come nel 2014, il conto dei risultati delle ultime elezioni regionali nei 43 Comuni dell’ex Comunità Montana Val Susa e Val Sangone (l’ente non esiste più da anni, ma volevo avere un criterio per delimitare i confini dell’area).
Nel 2014 il candidato 5Stelle, Bono, aveva avuto il 33% dei voti, risultando secondo dopo il vincitore Chiamparino; questa volta il candidato 5Stelle, Bertola, ha avuto il 25,7%, risultando terzo – cioè ultimo, a parte l’insignificante 0,96% del candidato del Popolo della Famiglia.
Poiché il candidato dei 5Stelle era l’unico a esprimersi contro la TAV, anche se il risultato elettorale non può considerarsi del tutto sovrapponibile alle posizioni su quella particolare questione, è chiaro che il movimento NoTAV rappresenta una minoranza, per di più una minoranza in evidente calo, e non la totalità, o la maggioranza, della “Valle”, o del “Popolo della Val di Susa”, come boriosamente si presentano i suoi esponenti.
Ma questa sembra essere una regola per tutti quelli che dicono di parlare a nome del “Popolo”.