Guerra Hamas-Israele: quando l’imprevedibile è prevedibilissimo

In genere le guerre le vince non chi ha le armi più potenti, ma chi ha il miglior progetto politico.

Ultimamente non sembra che Israele abbia un grande progetto politico.


Attacco Hamas
L‘attacco Hamas a Israele. Foto Al Jazeera.

Per decenni i Palestinesi sono stati carne da cannone per i diversi poteri presenti in Medio Oriente. Dopo il rifiuto della deliberazione ONU sulla costituzione di due Stati, sono vissuti in un limbo giuridico, continuamente spinti al conflitto da messaggi illusori che promettevano un ritorno sulle loro antiche terre con le armi in pugno. La questione palestinese è stata agitata da diversi poteri dittatoriali, per tenere alta l’esaltazione nazionalista e religiosa, e con l’illusione di creare guai all’Occidente. Questo ha portato ad un continuo degrado della loro situazione, non lasciando altra prospettiva se non quella di un’impossibile eliminazione dell’“entità sionista”. Per Israele questo è stato il pretesto di un graduale allargamento del territorio, pagato però al prezzo di una continua insicurezza.

Col nuovo secolo la situazione si è ulteriormente aggravata. Gli stati della regione hanno visto un costante deterioramento della loro situazione interna e delle loro relazioni internazionali. Le “Primavere Arabe” invece di portare ad uno sviluppo democratico, hanno dato vigore a vari movimenti islamisti: ma la democrazia è un sistema eminentemente laico, non è un progetto che si realizza “in nome di Dio”. La confusione che ne è seguita, ha portato poco per volta a rendere meno importante la questione palestinese. I conflitti che ne sono seguiti avevano come obiettivo il potere nei diversi Stati arabi, e la guerra dell’ISIS ha totalmente ignorato i Palestinesi e i loro problemi. La Palestina poco per volta è uscita dall’attenzione del mondo.

Questa sarebbe stata l’occasione per Israele di proporre un piano coraggioso di normalizzazione dei rapporti con i Palesinesi. Piano sicuramente difficile, anche perché la rappresentanza politica dei Palestinesi è piuttosto evanescente e debole là dove la questione delle occupazioni illegali è particolarmente grave, mentre a Gaza, da cui Israele è uscito nel 2005 con l’evacuazione forzata di 800 coloni illegali, l’organizzazione radicale islamista Hamas prendeva il potere, iniziando una campagna di attacchi contro Israele seguiti da violente rappresaglie.

In Israele è maturata l’illusione che la situazione potesse durare all’infinito: stati arabi al collasso, Palestinesi di Cisgiordania impotenti e frustrati, Gaza nelle mani di un gruppo terrorista impresentabile, capace solo di provocare molti più danni ai Palestinesi stessi che agli Israeliani.

Benjamin Netanyau è andato al potere promettendo agli Israeliani di mantenere la sicurezza con la forza. Ma una brillante carriera militare non garantisce la capacità di elaborare un una strategia politico-militare efficace a lunga scadenza: anzi, in genere, è il contrario.

Netanyau ha commesso una lunga serie di errori. Si è cullato nell’illusione di tenere sotto controllo i Palestinesi col pugno di ferro. Ha coinvolto nel potere gruppi religiosi radicali (ma di nuovo: la democrazia è incompatibile con il fanatismo religioso). Ha sostenuto apertamente le occupazioni illegali di territorio in Cisgiordania, erodendo le fondamenta giuridiche stesse dello stato di Israele. Ha avviato un’inutile e contestata riforma della giustizia, alimentando il sospetto che si volesse mettere sotto controllo la magistratura per proteggere situazioni di corruzione. Una situazione senza via d’uscita. Alla fine, con un contrappasso esemplare, è andato a sbattere proprio contro un attacco militare assolutamente prevedibile nella sua imprevedibilità.

Insomma, come sempre, l’estrema destra ha fallito clamorosamente proprio nella sua promessa più forte: la sicurezza.

Adesso non so cosa succederà. Il mio augurio è che qualche persona ragionevole in Israele si faccia avanti per rimediare a questo enorme disastro: ristabilire la democrazia, ristabilire l’indipendenza della magistratura, ristabilire la laicità dello stato, dare ai Palestinesi una qualche prospettiva di uscire da uno stato di guerra permanente.

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