La vera storia di Vezzolano

Carlo Magno

Un giorno Carlo Magno se ne andava bel bello per la campagna, cercando, secondo il suo solito, il Sacro Graal.

Cavalca cavalca, lui e i suoi due compagni si addentrarono sempre di più in una foresta fitta e misteriosa, finché si accorsero di aver perso la strada. Mentre si guardavano perplessi intorno, cercando la traccia del sentiero, arrivarono in una radura, dove videro una piccola chiesa, e accanto, quella che sembrava un’antica tomba in pietra, corrosa dal tempo.

Improvvisamente quella tomba si scoperchiò, e ne uscirono tre cadaveri putrefatti.

Lo spettacolo era così raccapricciante, che Carlo Magno cadde a terra in preda ad un attacco di epilessia, malattia di cui soffriva da quando, ancora bambino, una nutrice malefica e infedele gli aveva somministrato il vaccino.

Quando si risvegliò, accanto a lui c’era un vecchio monaco, che lo osservava con sguardo amorevole. Questi lo aiutò a rialzarsi, e Carlo, ripreso un po’ il fiato, gli chiese:

— Buon padre, che luogo è questo? E cos’è quell’orrendo spettacolo che ho visto?

— Tu ti trovi in una località chiamata Vezzolano, parola che nell’antica lingua dei Celti significa culo del mondo. Quella tomba che tu hai visto, è in realtà un pertugio che mette in comunicazione il nostro mondo con l’altro mondo. Nelle profondità dell’inferno vi è il Principe delle Tenebre, chiamato Bilderberg, che tesse le sue trame di dominio. Da questa tomba manda i suoi agenti in giro per tutti i paesi ed i regni della terra. Essi hanno l’apparenza di bei giovani e donne avvenenti, e in questo modo ingannano e seducono gli uomini, portandoli alla rovina.

— Ecco la causa di tutti i nostri mali! la Grande Cospirazione!

— È vero, purtroppo! Ed è così dall’inizio dei tempi. Questo è il luogo dove avvenne il primo grande Inganno. Qui il Serpente sedusse Eva, offrendole il frutto avvelenato. I semi di mela che la nostra progenitrice sputò per terra, trovandoli indigesti, hanno fatto nascere il frutteto che vedi qui dietro.

— Già, quegli alberelli non mi sembravano tanto floridi.

— Gli inganni del demonio non portano mai buoni frutti. Per questo io sono venuto qui, tanti anni fa, e ho costruito questa piccola chiesa, dedicata a Santa Maria. Da quando la Beata Vergine ha preso qui la sua dimora, la potenza del diavolo è abbattuta, ed i suoi agenti appaiono quello che sono in realtà, dei ripugnanti e puzzolenti cadaveri, e non possono più ingannare nessuno.

— Benedetto Padre! Così grazie a te l’inganno è cessato, e l’Ingannatore è confuso!

— Purtroppo, quando sono arrivato io, molti di questi impostori erano già venuti alla luce, ed ora continuano la loro opera perversa. Ora tocca a te combatterli e far trionfare il Vero e il Giusto.

— Ma come posso io, che sono solo un uomo, contrastare le forze dell’inferno?

— Guarda. Sotto quest’umile abito da monaco io sono in realtà un Cavaliere Templare, e ho il compito di darti quest’arma.

Così dicendo, il misterioso monaco estrasse da sotto l’abito una lama affilata e splendente.

— Questa è la spada chiamata Excalibur. Essa à stata forgiata nel ferro di un meteorite. Ha quindi natura astrale, e non solo ti garantirà la vittoria contro i tuoi nemici, ma ti aiuterà a non perdere mai più l’orientamento. Nella foresta più oscura, nel mare più tempestoso, la sua forza magnetica ti indicherà sempre il punto del lunistizio. Ma è quasi mezzogiorno, credo che sia ora di mettere qualcosa sotto i denti.

Il monaco guidò Carlo verso un grande, maestoso cipresso, il cui antico legno mostrava una fenditura bordata di muschio. Essa era in realtà l’ingresso della cella del monaco, che si rivelò assai più ampia e confortevole di quanto poteva apparire dall’esterno. Mentre il monaco apparecchiava, Carlo osservò l’arredamento, che era veramente di buon gusto.

— Padre, lo sai che hai proprio un bel servizio di piatti?

— Grazie. Sono piatti arabi, me li ha regalati un mio amico saraceno. I saraceni, contrariamente a quello che si dice, sono delle brave persone. Sono anche loro devoti alla Madonna, per questo vogliono bene a questo luogo e a me. Questi tre piatti mi sembrano i più belli, non ti offendere se non te li metto in tavola, ma se un giorno riuscirò a costruire una chiesa più grande e più ricca, mi piacerebbe incastonarli nella facciata… Ah, eccoti, — disse rivolto ad un giovane monaco che si era affacciato sulla porta. — Carlo, ti presento il mio confratello Fanto. Noi due siamo i soli officiales di questa piccola chiesa.

— Che bella storia, e che buoni monaci che siete! Questo luogo, e questa chiesa, meritano veramente di essere conosciuti nel mondo! Adesso ho una questione con i Longobardi, ma se l’affare mi va bene, quando torno, voglio rifare questa chiesa molto più grande.

— Carlo, ti ringraziamo per le tue buone parole e per l’intenzione, ma noi ci contentiamo di vivere così, in questa foresta, assorti in devota preghiera, mentre i raggi del sole, con mirabile allineamento, illuminano le immagini sacre.

Vezzolano, 1° aprile 2019

Favoletta

Io non posso volare, disse il Pinguino, perché mi nutro di pesci, e uso le ali solo per nuotare.

Bravo pirla, gli rispose il Creatore. Anche il Gabbiano si nutre di pesci, ma lui le ali le usa per volare. Adesso che ti sei ficcato in una nicchia ecologica senza via d’uscita, non venire a piangere da me: è un problema solo tuo.

In memoria di Margaret Thatcher (Jannacci style)

Quelli che… quelli che lavorano sono solo dei rompicoglioni.

Non quelli che lavorano e pretendono diritti.
Non quelli che lavorano e pretendono un salario.
Non quelli che lavorano e pretendono una pensione.
Non quelli che lavorano e ogni tanto scioperano.
Non quelli che lavorano e si iscrivono ai sindacati.
Non quelli che lavorano e lasciano sporco in giro.
Non quelli che lavorano e si alzano alle cinque di mattina, “perché io sono uno che si alza alle cinque di mattina, io lavoro, mica come tanti…”
Non quelli che lavorano e puzzano di sudore.
Non quelli che lavorano e la sera guardano la partita.
Non quelli che lavorano e “quello lì chissà che lavoro fa…”
Non quelli che lavorano e dicono ai figli “studia, perché io lavoro, e per te studiare è il tuo lavoro”.
Non quelli che lavorano e “quando sarò vecchio tornerò a coltivare la vigna di mio padre”, ma quando sono vecchi guardano la partita come quando lavoravano.
Non quelli che lavorano “ma se vinco al Totocalcio smetto di lavorare”.

No.

Quelli che … quelli che lavorano sono dei rompicoglioni, perché lavorano. Anche se lavorano e non fanno nient’altro, sono dei rompicoglioni. Perché lavorano. Tanto basta per essere dei rompicoglioni.

E basta.

Coerenza

È sera, sono sulla riva del mare, una mezz’oretta dopo la chiusura dello stabilimento.

Finalmente c’è un po’ di calma, comincio a non sopportare più la confusione e il rumore della gente in spiaggia. Certo, ci sono persone simpatiche, come quella ragazza carina della seconda fila… Ho fatto un po’ il galletto con lei, niente di serio, s’intende, ma così, tanto per passare il tempo… Invece altri sono proprio insopportabili, il ragioniere della terza fila, per esempio, che parla sempre di calcio, della macchina nuova, fa battute sulle belle donne che dice di frequentare…

Adesso per fortuna non c’è nessuno, si sente solo il rumore del mare. C’è un po’ di vento, e si alzano le onde.

Però… laggiù, in mare… a qualche decina di metri dalla riva c’è qualcuno… Che imprudenza! con questo tempo si mette a nuotare! Un momento… ma io la conosco… è la ragazza carina della seconda fila… Si agita, sembra che gridi qualcosa. Forse è in difficoltà. Effettivamente mi ha detto di non essere tanto brava nel nuoto, e a quest’ora c’è sempre una forte corrente che spinge al largo. Sì, chiaramente è in difficoltà, e chiama aiuto.

Mi butto in mare, sono – ero – un discreto nuotatore, s-ciaf-s-ciaf, con qualche bracciata le sono vicino. Mi fermo e la guardo. Effettivamente è nei guai, le manca il respiro, tossisce, come se avesse già bevuto un bel po’ d’acqua… Adesso la prendo e la tiro a riva.

Ma… chi c’è un po’ più in là? Il ragioniere antipatico della terza fila! anche lui sembra nei guai. Si sbraccia, grida aiuto. Accidenti! di sicuro non ce la faccio a salvare tutti e due! Sono fuori esercizio, ho già il fiatone, ed è tanto se riesco a portare a riva la ragazza.

Bravo, mi dico! Salvi la ragazza carina e lasci annegare il ragioniere antipatico? Non è che nel tuo gesto eroico c’è un bel po’ di interesse personale, il desiderio, neanche tanto nascosto, di trarre profitto dalla situazione? E il ragioniere antipatico, invece, lo lasci annegare senza tanti rimpianti? Altro che eroismo! Sei un bell’approfittatore!

Adesso che ci penso, mi viene anche un sospetto. Un paio d’ore prima, sulla spiaggia, scherzavo con la ragazza carina, lei diceva di avere paura del mare, io ho detto ma no, non c’è pericolo, non ci sono correnti… Volevo solo fare lo sbruffone, non pensavo che lei potesse credere alle mie parole, e mettersi in una situazione pericolosa. Forse la ragazza sta annegando proprio per colpa mia, e allora, con che faccia, con che autorità morale adesso posso presentarmi come il salvatore, l’eroe della situazione?

È meglio che torni indietro e riconsideri con calma la situazione.

Mi siedo sulla sabbia. Quando mi sono gettato in mare ho preso una decisione troppo precipitosa. Non ho tenuto conto del contesto, non ho considerato le cause remote dell’incidente, il vissuto delle persone coinvolte. Col mio intervento disordinato e dilettantesco avrei condannato a morte sicura il 50% di quelli che avevano chiesto il mio aiuto.

Per prima cosa, non sono certo io quello autorizzato all’intervento. Qui devono intervenire i bagnini. Bagninoooo… Non c’è nessuno, lo stabilimento è chiuso, il personale se ne è andato. Come se la gente annegasse solo in orario di lavoro! Domani scriverò una bella lettera di protesta. Le persone oneste devono farsi sentire, se no siamo tutti complici. Se non ci sono i bagnini, potrebbe intervenire la Guardia Costiera… in fondo, salvare le persone in pericolo è il loro mestiere. Devo telefonare alla Guardia Costiera. Non ho il numero, ma adesso vado a casa, lo troverò di sicuro in Internet. Io non sono certo uno di quelli che guardano la gente che annega senza muovere un dito!

Mi alzo in piedi. Guardo il mare. Nessuno. Chissà che fine hanno fatto la ragazza e il ragioniere? Potrebbero essere annegati, o forse no. Ci sarà sicuramente un’inchiesta, domani leggeremo sui giornali… – ma figuriamoci, come al solito, si insabbierà tutto! La gente non ha coscienza, le autorità sono disposte a qualunque menzogna pur di pararsi il culo! Lavarsene le mani, ecco tutto quello che sanno fare! E invece la salvezza della gente in mare dovrebbe essere responsabilità comune! È una tragedia che tocca la coscienza di ognuno di noi!

L’annegamento in mare. Sembra incredibile, la nostra civiltà di qua, il progresso di là, eppure c’è ancora gente che annega in mare. L’annegamento in mare dovrebbe essere dichiarato un tabù, come l’incesto!

Da questa vicenda ho tratto motivo per alcune serie riflessioni. Adesso vado a casa, metto giù due righe, e le condivido con i miei amici su FaceBook. Bisogna che tutte le persone responsabili si impegnino ad elaborare un piano per l’eliminazione DEFINITIVA di TUTTI gli annegamenti in mare! Non uno di meno!

Germania 1933 Dialogo fra un nazista e uno sfigato di sinistra

Nazi: Visto le elezioni? Abbiamo vinto.

Sfigato di sinistra: Sì però…

N: Però che cosa? Abbiamo vinto perché avevamo il programma più concreto, più vicino ai reali interessi della gente.

Sds: Veramente non mi sembra…

N: Come non ti sembra? Perché, voi che proposte avete? Per esempio, quali sono le vostre proposte concrete per affrontare il problema ebraico?

Sds: Ma quale problema ebraico…

N: Ecco, lo vedi? Non avete proposte. Non vi rendete neanche conto del problema. Per questo la gente vi ha voltato le spalle.

Sds: Ma io non ho nessun problema con gli ebrei…

N: Ma certo, tu non lo vedi, perché sei un privilegiato, uno che vive a spalle del popolo, uno che ha lo stipendio garantito! Ma tu pensi che un poveraccio senza lavoro possa ignorare il problema ebraico? Pensi che la gente comune, la gente che lavora – non gli intellettualoidi che frequentate voi sfigati di sinistra – possano dire “ma per noi il problema ebraico non esiste” mentre l’ebreo stupratore gira indisturbato per le nostre città? Pensi che un onesto muratore che si alza alle quattro del mattino per andare sul cantiere possa fregarsene del piano giudaico di distruggere la razza germanica? Ma dove vivi? Voi di sinistra siete veramente fuori del mondo! E invece ecco che il nostro Führer ha trovato una soluzione concreta. Ed il popolo ha capito, il popolo che ha i piedi per terra, che capisce come vanno veramente le cose. Ed appoggia Adolf Hitler. Poi, risolto il problema ebraico, potremo passare al secondo punto del programma.

Sds: Quale sarebbe?

N: Ma è chiaro: la conquista del mondo.

Sds: Dunque volete un’altra guerra…

N: Ma sentilo, il radical-chic, l’intellettualoide da salotto! Ma certo, con un’altra guerra! Perché, tu pensi che si possa conquistare il mondo senza una guerra?

Sds: Ma la guerra… e poi ne abbiamo già persa una…

N: Razza di chiacchieroni senza palle, ma la volete capire che la gente è stanca delle chiacchiere, e vuole fatti? Certo, una guerra! Perché, voi siete contro la guerra?

Sds: Certo, noi siamo contro la guerra…

N: Aaaaaaa… ma allora siete proprio incorreggibili… siete davvero il partito del NO! Non avete soluzioni da proporre, siete solo capaci di dire NO a tutto! Il nostro Führer lavora giorno e notte per costruire le migliori guerre che si siano mai viste, e voi NO! Nient’altro che NO!

Sds: Ma la pace…

N: Eh, sì la pace! la paaaaace! la paaaaaaaaaaaaace! avete sempre solo questa parola in bocca! Parolai inconcludenti! Ma che cos’è la paaaaaaaaace che volete? Forse non fare più guerre? Ma non avete proprio nessun programma che non sia solo la negazione del programma del Führer! Il Führer dice “guerra” e voi sapete solo dire “paaaaaaace”! Ecco perchè più nessuno vi ascolta, più nessuno vi vota! Perché non avete un programma, non avete risposte, avete solo parole! Ma ora basta! Basta con le parole! Noi saremo il governo dei fatti, non delle parole! Una bella guerra, i piani sono già pronti, e Adolf Hitler sarà il Führer del mondo intero!

Sds: Ma voi siete dei pazzi… Hitler è un pazzo…

N: Ecco, me l’aspettavo, i soliti insulti! Quando non sapete cosa dire, quando non avete proposte concrete da fare, sapete solo insultare! Ma noi ce ne freghiamo dei vostri insulti, anzi, ci fanno piacere! Ah ah ah! Perché più ci insultate, più la gente scopre il vostro gioco, e dà più fiducia a Hitler! Vi siete degli illusi, se pensate che l’antihitlerismo vi faccia guadagnare dei voti! Insultateci, insultateci quanto volete, e vedrete che Hitler sarà il Führer per i prossimi cinquant’anni!

Diplomazia

Pronto? Barak? Barak? Baracchino? Baracchetto? Mi senti?… Ah, finalmente… Senti, volevo complimentarmi con te… sei stato veramente forte… bravo… sì, sì… bisogna che ci vediamo… presto… abbiamo tante cose da dirci… sì, sì, davvero, una bellissima vittoria… ti ammiro… guarda, neanch’io avrei saputo fare meglio… così giovane… magari poi ti spiego anche qualche piccolo trucco… per la prossima, sai, ti potrà venire utile… figurati…

Ah, poi, volevo dirti, lo so che tu… sì, sì, sei una ragazzo intelligente, spiritoso… mica te la sei… ma no davvero, non l’ho mai pensato…

ma sai, qui da noi, i comunisti… coglioni, come al solito… hanno piantato su un casino, hanno detto che tu… ma certo, ti ringrazio di cuore, guarda ero sicuro che… figurati, per una carineria, una battuta… sai, io sono un tipo allegro, mi piace scherzare… anzi, guarda, ne so una fortissima… allora, sentimi bene… ci sono un siciliano, un tedesco e un ebreo che… pronto? pronto?… Baracchetto? Baraccuccio?… Mi senti?… è caduta la linea…

Bretelle nere

Portiamo gli amici in visita ad una bella chiesetta romanica delle nostre campagne.

Per ritirare la chiave, si deve passare in una casa vicina. Entro nella corte, chiamo un paio di volte, forte, più forte, mi risponde una voce impastata con un greve accento napoletano.

Si affaccia alla porta, dietro una tenda svolazzante, un uomo molto anziano, non molto alto, ma dall’aria robusta. Alla mia richiesta risponde un po’ aggrottato che devo dargli un “dogumento”. Esibisco la carta d’identità. Alla vista del papiro bèsg si addolcisce. “Lei di dov’è? Tedesco?” “No, italiano”. “Ah, allora la può tenere, qui passano sempre molti tedeschi, io chiedo il documento perché non capisco quello che dicono, così vedo chi sono, ma se è italiano la può tenere”.

***

La visita alla chiesetta è, come sempre, affascinante, ma non è questo l’argomento del racconto.

***

Torno a restituire la chiave. Chiamo forte, busso. Mi risponde un’altra voce, ancora più confusa e marcatamente dialettale della prima. Mi dice di aspettare.

Arriva con fatica dietro la tenda un’ombra, bofonchiando qualcosa. Apre. Mi appare un altro anziano, anche lui tarchiato, dall’aria robusta. Ha una folta chioma bianchissima. Indossa una camicia biancastra con le maniche arrotolate, su cui spiccano due larghe bretelle nere che reggono i pantaloni. Gli manca la mano destra. La mano sinistra, con sgradevoli unghie lunghe e sporche, e il moncherino, grondano acqua.

Dice scusandosi che da quando gli è morta la moglie deve fare “l’uomo e la donna”, e si sta lavando la maglietta. Gli sporgo la chiave. A quel punto lui riesce ad agganciarmi. “Lei di dov’è?” “Di Torino”. “Ah, Torino. Avevo un grande amico di Torino. Adesso è morto. Squadrista!”

Ormai avviato nella conversazione, cerca di spostare la chiave dalla mano sinistra a quella destra, ma non ha la mano destra, allora la stringe tra il moncherino e il petto, sulla camicia bagnata.

Continua il suo racconto, di cui non riesco a cogliere bene tutte le parole. “Gli anni più belli. Quindici anni a Torino, al Comando della Milizia. Avevo un altro amico, un capitano della Milizia. Anche lui è morto. Guerra di Spagna. Anch’io sono partito volontario per la Spagna. Prima ero stato in Africa” L’espressione si fa sempre più triste, e la parlata sempre più confusa. “Anche sei anni di prigionia. Gli Inglesi”. Fa una smorfia di disgusto. “Mio nonno mi diceva sempre: impara a conoscere i cani, così ti sai difendere”.

Mentre si perde a rievocare i saggi insegnamenti del nonno, gli amici, in macchina, mostrano evidenti segni di impazienza. Lo saluto, e lui si scusa sorridendo di avermi trattenuto.

Durante il viaggio di ritorno, cerchiamo di ricostruire l’età dell’anziano combattente. Almeno novantadue anni, concludiamo.

Dialogo d’un Pessimista e di Giacomo Leopardi

Un Pessimista e Giacomo Leopardi s’incontrano per caso su di un colle, di fronte ad una siepe.

Gava via ste ronze ch’a ‘mbreujo!”(*) esclama il Pessimista, rivolto al zappatore in fondo al campo.

Giacomo Leopardi non ribatte. Sa ch’è vano dialogare con un Pessimista.

***

Come ognuno avrà capito, in questi giorni sono impegnato nel colloqui d’Esame.

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(*) Togli via codesti rovi, che ingombrano!