Lo strano primato di Donald Trump

Il sistema elettorale degli Stati Uniti d’America è molto complicato, e quasi del tutto incomprensibile all’estero.

Più o meno tutti sappiamo che il Presidente non viene scelto direttamente dai cittadini, i quali, con una votazione Stato per Stato, eleggono 538 “grandi elettori”. Poiché la rappresentanza dei singoli Stati non è proporzionale alla popolazione, e in genere tutti i “grandi elettori” di ogni singolo Stato votano il candidato che è risultato vincente in quello Stato, indipendentemente dalle proporzioni dei voti ricevuti dai diversi candidati, la composizione del “collegio elettorale” nazionale non riflette direttamente il risultato elettorale. Può capitale addirittura che un candidato che ha preso una minoranza di voti popolari si trovi ad avere la maggioranza dei voti dei “grandi elettori”. Così è capitato nel 2016, quando Trump ha avuto 304 grandi elettori, contro i 227 della Clinton, pur con uno scarto a favore di quest’ultima di quasi tre milioni di voti popolari.

Un caso del genere è piuttosto raro, l’ultima volta si era verificato nel 2000, quando Al Gore, con circa mezzo milione di voti popolari in più, era stato superato da George Bush: furono decisivi i 25 “grandi elettori” della Florida, dove lo scarto fra i due era di poche centinaia di voti, e il conteggio fu a dir poco tempestoso. Altri casi del genere si sono verificati nel 1824, 1876, 1888, ma mai con uno scarto in favore del perdente così forte come in quest’ultimo caso.

Solitamente, il Presidente uscente, se si ripresenta, ha buone probabilità di essere rieletto. È capitato solo sette volte (nel 1800, 1840, 1888, 1892, 1912, 1932, 1992), che un presidente in carica, presentatosi candidato per un secondo mandato, sia stato battuto.

Non è quindi mai capitato finora che un presidente abbia riunito nella sua persona queste due assai poco invidiabili caratteristiche: di vincere un’elezione con una minoranza di voti (con circa 3 milioni di voti in meno), e di essere battuto nelle successive elezioni (con oltre 7 milioni di voti in meno).

In una parola: Donald Trump è stato il Presidente meno votato di tutta la storia degli Stati Uniti d’America.

Il covid e l’art. 32

“Patriotic Cloth Face Covering. Eagle motif. Bird. Beak. America, USA…”

Art. 32.

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Quelli che citano a sproposito la Costituzione dovrebbero ogni tanto leggerla.

La salute è un diritto fondamentale: dell’individuo e della collettività.

Non è una mia pretesa stravagante essere tutelato contro i danni e i pericoli per la mia salute: è un mio diritto. Io non chiedo, io pretendo di essere tutelato.

Ed è un interesse collettivo: la salute delle persone e la salute della società sono strettamente collegate. Non ci possono essere cittadini sani, senza una società sana, né una società sana, senza cittadini sani.

Non è una scelta opinabile dei pubblici poteri tutelare questo diritto: è un obbligo.

Lo Stato deve tutelarmi da fattori patogeni esterni, come l’amianto o un virus. E deve tutelarmi da comportamenti irresponsabili di singoli o gruppi che possono mettere a pericolo la salute individuale o collettiva: sia quelli che inquinano le falde acquifere, sia quelli che creano le condizioni favorevoli alla diffusione di un’infezione.


È un dato evidente che in questo la sinistra sia molto più sensibile della destra. In primo luogo perché la sinistra è più sensibile ai principi fondamentali della Costituzione democratica, mentre la destra tende ad usarla per finalità politiche contingenti. Ma soprattutto perché la tutela della salute è una vecchia battaglia della sinistra, sia politica, sia soprattutto sindacale.

Le battaglie per la tutela della salute sono una vecchia bandiera del movimento operaio – almeno fino a quando è esistito un movimento operaio organizzato capace di incidere sulla vita sociale. E ad un certo punto è emersa una parola d’ordine: La salute non è monetizzabile. Non è accettabile lo scambio salute contro denaro, non si può chiedere ai cittadini e ai lavoratori di accettare un danno o un pericolo sanitario in cambio di vantaggi economici.


Le Costituzioni non sono tutte uguali. Mentre da noi la tutela della salute è un obbligo costituzionale, non lo è per esempio nella Costituzione degli Stati Uniti d’America. La Costituzione americana non cita il diritto alla salute. Proclama invece il diritto dei cittadini al possesso di armi.

Da mesi negli USA ci sono circa mille morti di Covid al giorno. La cosa, dal loro punto di vista costituzionale, non è rilevante. L’importante è che sia tutelato il diritto dei cittadini americani a morire con la pistola in tasca.

Vive la France

Negli anni ‘70 e ‘80 i vignerons francesi assalivano le autobotti che trasportavano vino italiano e le rovesciavano nei fossi.

Vi fu un evento clamoroso nel 1975, quando l’assalto fu portato nel porto di Sète.

Ora quei coraggiosi combattenti occitani hanno una vittoria postuma. Il sindaco di Lione ha dato loro ragione: la TAV Torino – Lione non serve ai francesi.

I francesi non hanno bisogno delle importazioni dall’italia.

Siamo noi che abbiamo bisogno delle esportazioni verso l’Europa.

I francesi, anche quando sono verdi, sono nazionalisti.

Noi, anche quando siamo verdi, siamo coglioni.

Il piccolissimo Principe

Uno di luoghi comuni più stucchevoli della politica è “contano i programmi, non le poltrone”.
È la frase che ognuno dice dell’altro: “voi pensate solo ai nomi, alle poltrone, noi invece…”
E si rimane lì, a pensare ai programmi – come se i programmi non fossero cose che possono camminare solo con le gambe degli uomini.
Eppure cinquecento anni fa Machiavelli ci ha spiegato molto bene che l’arte della politica si compendia in questo: l’abilità di mettere la persona giusta al posto giusto.
Il resto, sono chiacchiere.

Un NO piccolo piccolo

1871: L’inaugurazione del traforo del Frejus

Ho fatto, come nel 2014, il conto dei risultati delle ultime elezioni regionali nei 43 Comuni dell’ex Comunità Montana Val Susa e Val Sangone (l’ente non esiste più da anni, ma volevo avere un criterio per delimitare i confini dell’area).

Nel 2014 il candidato 5Stelle, Bono, aveva avuto il 33% dei voti, risultando secondo dopo il vincitore Chiamparino; questa volta il candidato 5Stelle, Bertola, ha avuto il 25,7%, risultando terzo – cioè ultimo, a parte l’insignificante 0,96% del candidato del Popolo della Famiglia.

Poiché il candidato dei 5Stelle era l’unico a esprimersi contro la TAV, anche se il risultato elettorale non può considerarsi del tutto sovrapponibile alle posizioni su quella particolare questione, è chiaro che il movimento NoTAV rappresenta una minoranza, per di più una minoranza in evidente calo, e non la totalità, o la maggioranza, della “Valle”, o del “Popolo della Val di Susa”, come boriosamente si presentano i suoi esponenti.

Ma questa sembra essere una regola per tutti quelli che dicono di parlare a nome del “Popolo”.

Il PD alla fiera delle primarie

È cominciato il grande talent show.

Boss grandi e piccoli che promettono “unità”, alternati alla folla degli sconosciuti che implorano un “passo indietro”.

Questa storia delle primarie aperte si è rivelata un disastro. Zero discussione, zero vera selezione di un vero gruppo dirigente.

Avremo un nuovo capo social-carismatico, seguito da una cordata di arrampicatori, sostenuto da una claque di tifosi sul web.

Intendiamoci, questo è un sistema che funziona benissimo in un partito di destra. Perché questa è, oggi, la destra.

Ma per un partito che vorrebbe essere di sinistra, è un suicidio.

Io, che non sono più iscritto a nessun partito da oltre quattro anni, forse andrò a votare. Forse. Per chi voterò, non è cosa che vi riguardi.

Andrò a votare per il segretario di un partito che non è il mio, perché questa è la scelta demente dell’ex partito della sinistra riformista sprofondato nella melma del populismo.

La vendita di un segretario come fosse una batteria di pentole.

Poi starò a vedere che succede. Poiché quel partito non è il mio partito, non mi sentirò minimamente vincolato a sostenere il vincitore. Se riuscirà a rimettere insieme un vero partito, un vero soggetto politico collettivo, forse lo appoggerò. Se invece sarà un nuovo replicante in giacca e cravatta, che ripropone le solite chiacchiere di una politica “vicina alla gente”, starò a guardarlo mentre sprofonda. Senza emozioni, senza rimpianti.

Dopo Draghi

Mario Draghi

Fino ad ora siamo stati a galla per tre motivi:

  1. A dirigere la BCE c’è Mario Draghi, che non solo cerca di tenere in piedi la finanza europea, ma essendo italiano ha forse un pochino di simpatia per la nostra situazione. Ha quindi inondato il sistema con una massa di liquidità che ha impedito ai tassi di interesse di superare un certo livello.
  2. Si esce da una crisi finanziaria di portata internazionale. Per superarla sono state necessarie misure straordinarie, ma dato che ormai nel resto del mondo la situazione sta cambiando, molti cominciano a pensare che si debba tornare a politiche monetarie un po’ più rigorose – e chi non è in grado di reggerle, peggio per lui.
  3. Da parecchi anni l’Europa è governata da una maggioranza buonista e solidale di centro-sinistra. Questa maggioranza ha cercato, superando pesanti opposizione da parte di consistenti forze politiche ed economiche, di permettere ampi sforamenti dei vincoli di bilancio (e di buon senso), per non perdere tutta la parte sud del continente, con conseguenze che sarebbero disastrose a livello globale.

È chiaro a tutti che i punti 1. e 2. ormai sono arrivati al capolinea.

Mi limito a fare qualche considerazione sul punto 3.

La prova che siamo governati da imbecilli è nel loro augurarsi una vittoria della destra cattivista e sovranista a livello europeo. Se questo capitasse, le conseguenze immediate sarebbero:

  1. Germania, Svezia, Olanda ecc. ci rimanderebbero indietro parecchie decine di migliaia di migranti che sono transitati per il nostro paese, ma avevano come obiettivo il nord Europa. Naturalmente noi ci opporremo fieramente, e sarà bello vedere il braccio di ferro tra i nostri fascioleghisti e i nazisti tedeschi ecc. Magari ci sarà addirittura una chiusura dei confini, proprio quello che può augurarsi il secondo paese esportatore d’Europa, nonché un paese che ai suoi giovani sa solo offrire l’emigrazione.
  2. Appena cambierà il vento della politica, cambierà anche la politica della BCE. In Germania prevarrà l’antico timore per l’inflazione; e voglio vedere Salvini e Di Maio e Conte e Tria (in ordine di importanza) parlare del nostro deficit con la sovranistissima Austria, che per il 2019 ha presentato addirittura un bilancio in lieve attivo.
    Ci sarà una stretta monetaria, e la conseguente selezione darwiniana. Il meglio dell’Europa sovranista guarderà con disprezzo i soliti italiani spendaccioni, trascinati nel baratro dai propri debiti.
    Qualunque governo (qualunque!) ci sarà in italia, potrà fare una sola cosa: spremerci come limoni, per cavare dei soldi da dare ai nostri creditori. E si sa che in questi casi, la prima cosa da fare, la più semplice ed efficace, è agire sulle pensioni: su tutte le pensioni, mica solo sui pensionati di Capalbio.

Il non coraggio delle non idee

Pif

“Chi è causa del suo mal pianga sé stesso”, disse una presentatrice televisiva ad una collega malata di cancro.
Che male c’è? È solo un proverbio.
“Dovete morire”, urlava una prof che nessuno vorrebbe come insegnante dei propri figli.
Ma tutti dobbiamo morire, no? È un dato di fatto. Mica una minaccia.
“Non sono razzista ma…” certo che non lo sei, ma… “Non vorrei mai un migrante come vicino di casa”, proclama un attore televisivo, di cui si ricorda un lungo intervento di insulti all’indirizzo di Rosy Bindi, alla Leopolda di cinque anni fa.
Be’, è un fatto, chi mai vorrebbe un migrante come vicino di casa? Al massimo qualche “ricco”, qualche “professore”.
Si lanciano messaggi di morte sul web, messaggi che poi vengono cancellati. “Mi scuso, non volevo minacciare nessuno”. Ma no, certo. E che avevamo capito?
Siamo nell’epoca delle non-idee, e del non-coraggio delle non-idee.

La sovranità popolare

Nessuno ha votato Paolo Savona.
Nessuno ha votato Giuseppe Conte.
Nessuno ha votato per avere un governo basato su una coalizione Lega – 5Stelle.
Chi ha votato 5Stelle ha votato per avere un governo “senza inciuci” guidato da Luigi Di Maio.
Chi ha votato Lega ha votato per avere un governo della coalizione di centro-destra guidato da Matteo Salvini.

Quello che è successo dopo il 4 marzo non ha niente a che vedere con i progetti e i programmi che si sono discussi prima delle elezioni.
Ma in democrazia è così. Si fanno previsioni, si fanno promesse, si vota, poi vediamo come sono andate le cose, e cerchiamo di regolarci. Possono essere scenari molto diversi da quelli previsti ed augurati, ma si fa la tela con il filo che s’ha. Con calma, e senza farsi il sangue cattivo.

Dopo quasi tre mesi di bizzarro teatrino, alla fine è nata un’alleanza Salvini – Di Maio, in cui l’unica cosa su cui i due sono d’accordo è che Salvini non si fida di Di Maio, e Di Maio non si fida di Salvini. Tant’è vero che si è proposto un premier “terzo”, un Signor Nessuno, noto solo in ristretti ambienti finanziari ed accademici, per fare da burattino, dietro lo schermo di un “contratto” dove c’è tutto e il contrario di tutto, in attesa che i due leader decidano che è arrivato il momento della resa dei conti.

Adesso crolla tutto sul nome di un professore di 82 anni, un Signor Nessuno noto solo in ristretti ambienti accademici e finanziari, una “pietra d’inciampo” che doveva rappresentare una prova di forza, per vedere fino a che punto si poteva tirare la corda.

Signor Salvini e signor Di Maio, adesso mettetevi calmi e cercate di trovare la quadra, se no avvalorate il sospetto che tutto questo sia successo solo perché non vedevate l’ora di tornare a fare campagna elettorale.