La libertà non è uno spazio in TV

L’errore che molti hanno commesso è stato quello di sottovalutare la forza e la pervasività della dittatura televisiva. È inutile dire che in questo modo si trattano gli elettori come dei deficienti. Mussolini aveva consenso. Hitler aveva consenso. Nelle zone di mafia la mafia ha consenso. Sono dati di fatto, non eliminabili con il luogo comune che “non puoi trattare gli elettori come dei deficienti” e cose del genere.

La modernità della dittatura televisiva è quella di non distruggerti con le camere a gas o il tritolo. Ti stritolano e ti ridicolizzano con il palinsesto. Dopo mezz’ora di scene terrificanti di stupri accompagnati da folle inferocite che reclamano il linciaggio, compare l’oppositore, che in pochi secondi deve dire la sua sul contratto del pubblico impiego ecc. Basta, abbiamo ascoltato anche troppo, torniamo alle cose serie: il matrimonio della tale, la partita di pallone ecc.

L’errore dell’opposizione è stato quello di pensare di dover mendicare qualche spazietto in più nelle trasmissioni televisive. Ma è come il condannato alla pena della gogna che chiedere di poter stare qualche secondo in più a prendersi le sberle in faccia.

L’importante non sono le risposte, ma le domande

L’altro errore capitale è stato quello di lasciarsi trascinare a combattere sul terreno dell’avversario. Abolizione dell’ICI? Ma sì, l’ICI è una seccatura, vogliamo anche noi togliere un pochino di ICI. L’ordine pubblico? Certo, non è più come una volta, che tutti uscivano di casa lasciando la porta aperta, ci sono troppe brutte facce in giro, dobbiamo intervenire sull’ordine pubblico. La magistratura? Eh già, bisogna ammettere che la magistratura qualche volta sbaglia, troppe intercettazioni, sentenze discutibili, ecc. Interveniamo sulla magistratura. Federalismo fiscale? E come no, il centralismo ormai ha fatto il suo tempo, vogliamo partecipare anche noi alla discussione del federalismo fiscale.

Con il redditi da lavoro dipendente che in meno di una generazione sono passati da oltre il 60% al 40% del PIL, ci siamo messi a discutere di federalismo fiscale! Cos’e pazz’!

La destra ha sempre vinto imponendo la propria scaletta di priorità. La sinistra ha sempre perso perché ha accettato di discutere la scaletta di priorità della destra. È necessario rovesciare questo rapporto. Ognuno di noi sa che cos’è urgente, che cos’è necessario. Si faccia un elenco di pochi punti comprensibili – in primo luogo, i diritti del lavoro – e su questo si vada avanti a pestare.

Poi, pretendere una legge elettorale che permetta ai cittadini di scegliersi i propri rappresentanti. Perché senza democrazia non c’è niente.

Poi, si dica chiaro e tondo che, così come nella Costituzione c’è una norma che proibisce la ricostituzione del Partito Nazionale Fascista, si dovrà emanare una legge che vieta al proprietario di una rete televisiva di presentarsi candidato alle elezioni.

La libertà è partecipazione

Bersani ha sicuramente fatto male a non candidarsi alle primarie dell’anno scorso. Probabilmente, ha fatto male a candidarsi in questo modo un po’ inatteso al di fuori di ogni formalità decisionale. Ma fra i motivi di disagio dell’elettorato c’è sicuramente la sensazione di immobilità comunicata da tutto il gruppo dirigente. Le stesse facce bolse di abbonati alla trombatura, di sopravvissuti ad ogni tempesta, di naufraghi col salvagente.

Primarie! Primarie! Vogliamo contare! Vogliamo poter scegliere i nomi, e magari anche il programma!

Voglio vedere chi indicherà tra i primi posti il federalismo fiscale! 

Il modello CLN

Non si tratta solo di ricostruire una sinistra, ma di mettere in piedi un’opposizione democratica al progetto eversivo della destra piduista. Su tante cose si può non essere d’accordo, all’interno della sinistra, ed anche fuori, ma sulla difesa della Costituzione e dei principi liberal-democratici non ci può essere compromesso. Anche agli amici dell’UDC, così abili a spostarsi da una parte e dall’altra, si deve dire chiaro che è indispensabile una presa di posizione. Non si possono fare sconti all’avversario; non si può lasciare la trasformazione della Repubblica in una dittatura populista nel campo dell’opinabile (parola un tempo cara a Casini, quand’era il portavoce di Forlani). Sull’antifascismo, o di qua o di là. Una sinistra unita, ed un Comitato di Liberazione Nazionale unito nella difesa della libertà.

Ripetiamo sempre in coro: NO 61%!

Gianfranco Fini, l’antisemitismo, la Chiesa cattolica

Ho un ricordo vago, risale alla scuola elementare (quindi fine anni ’50). Un prete ci faceva vedere delle filmine di argomento religioso. Mi sono rimasti impressi due fotogrammi.

Il primo mostrava l’immagine della morte, il teschio con le tibie, (il peccato mortale) rafforzata da un cerchio nero. Ecco cosa succede se in confessione tieni nascosto un peccato! E ogni volta che ti confessi ma taci quel peccato, si aggiunge un cerchio nero!

Un’altra mostrava un ragazzino seminudo, crocifisso al muro, con due uomini dal naso adunco e una lunga palandrana nera che gli mettevano il Crocifisso davanti al volto. “Sputa sul tuo Dio, altrimenti morirai come lui!” Ma l’eroico fanciullo ha preferito morire per mano dei due Giudei piuttosto che rinnegare Cristo.

Gianfranco Fini è più giovane di me di quattro anni. Non so se ha visto le stesse filmine.

Ma se le ha viste, evidentemente non le ha dimenticate.


“Filmine”, nel linguaggio dell’epoca, erano delle sottili strisce di celluloide, con foto o disegni da proiettarsi su uno schermo. In altre parole, delle diapositive non intelaiate.

Il multimediale, insomma.

Diplomazia

Pronto? Barak? Barak? Baracchino? Baracchetto? Mi senti?… Ah, finalmente… Senti, volevo complimentarmi con te… sei stato veramente forte… bravo… sì, sì… bisogna che ci vediamo… presto… abbiamo tante cose da dirci… sì, sì, davvero, una bellissima vittoria… ti ammiro… guarda, neanch’io avrei saputo fare meglio… così giovane… magari poi ti spiego anche qualche piccolo trucco… per la prossima, sai, ti potrà venire utile… figurati…

Ah, poi, volevo dirti, lo so che tu… sì, sì, sei una ragazzo intelligente, spiritoso… mica te la sei… ma no davvero, non l’ho mai pensato…

ma sai, qui da noi, i comunisti… coglioni, come al solito… hanno piantato su un casino, hanno detto che tu… ma certo, ti ringrazio di cuore, guarda ero sicuro che… figurati, per una carineria, una battuta… sai, io sono un tipo allegro, mi piace scherzare… anzi, guarda, ne so una fortissima… allora, sentimi bene… ci sono un siciliano, un tedesco e un ebreo che… pronto? pronto?… Baracchetto? Baraccuccio?… Mi senti?… è caduta la linea…

“Mandarli tutti in ospedale…”

INTERVISTA A COSSIGA

di Andrea Cangini

Presidente Cossiga, pensa che minacciando l’uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato?

«Dipende, se ritiene d’essere il presidenie del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo. Ma poiché l’Italia è uno Stato debole, e all’opposizione non c’è il granitico Pci ma l’evanescente Pd, temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlu­sconi farà una figuraccia».

Quali fatti dovrebbero seguire?

«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno».

Ossia?

«In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito…».

Gli universitari, invece?

«Lasciarli fare. Ritirare Ie forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuo­co le città».

Dopo di che?

«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovra sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Nel senso che…

«Nel senso che Ie forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».

Anche i docenti?

«Soprattutto i docenti».

Presidente, il suo è un paradosso, no?

«Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».

E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? «In Italia torna il fascismo», direbbero.

«Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio».

Quale incendio?

«Non esagero, credo davvero che il terrorismo tornerà a insanguinare le strade di questo Paese. E non vorrei che ci si dimenticasse che le Brigale rosse non sono nate nelle fabbriche ma nelle università. E che gli slogan che usavano li avevano usati prima di loro il Movimento studentesco e la sinistra sindacale».

È dunque possibile che la storia si ripeta?

«Non è possibile, è probabile. Per questo dico: non dimentichiamo che le Br nacquero perché il fuoco non fu spento per tempo».

Il Pd di Veltroni è dalla parte dei manifestanti.

«Mah, guardi, francamente io Veltroni che va in piazza col rischio di prendersi le botte non ce lo vedo. Lo vedo meglio in un club esclusivo di Chicago ad applaudire Obama…».

Non andrà in piazza con un bastone, certo, ma politicamente…

«Politicamente, sta facendo lo stesso errore che fece il Pci all’inizio della contestazione: fece da sponda al movimento illudendosi di controllarlo, ma quando, com’era logico, nel mirino finirono anche loro cambiarono radicalmente registro. La cosiddetta linea della fermezza applicata da Andreotti, da Zaccagnini e da me, era stato Berlinguer a volerla… Ma oggi c’e il Pd, un ectoplasma guidato da un ectoplasma. Ed è anche per questo che Berlusconi farebbe bene ad essere più prudente». 

Quotidiano Nazionale 23 Ottobre 2008

Fonte: Rassegna Stampa della Camera dei Deputati

http://newrassegna.camera.it

Fini: chi fece la Resistenza stava dalla parte giusta

Il Fascismo fu una dittattura e la destra non può che darne un giudizio negativo. Il presidente della Camera Gianfranco Fini alla festa nazionale di “Azione giovani” a Roma, si esprime con nettezza e prende posizione alla luce delle polemiche suscitate dal ministro della Difesa Ignazio La Russa e dal sindaco di Roma Gianni Alemanno sulle leggi razziali e la Repubblica di Salò. «È doveroso dire che, se non è in discussione la buona fede, non si può equiparare chi stava da una parte e combatteva per una causa giusta di uguaglianza e libertá e chi, fatta salva la buona fede combatteva per la parte sbagliata». Il presidente della Camera non ha dubbi: «La destra deve ribadire in ogni circostanza questi concetti e riconoscersi in questi valoriche sono a pieno titolo antifascisti, proprio per superare il passato, non per archiviarlo, ma per costruire una memoria che consente al nostro popolo di andare avanti».

Il Fascismo fu una dittatura

Fini sottolinea che la vicenda del Fascismo deve essere colta come una pellicola nel suo complesso e non fotogramma per fotogramma: «Il giudizio non può che essere complessivo, non si possono dare giudizi parziali, partendo dalle affermazioni di quegli storici che dicono che il fascismo ha modernizzato l’Italia, oppure che ha fatto l’Inps o ancora che Mussolini nel 1938 a Monaco salvò la pace. Da parte della destra il giudizio complessivo deve essere negativo a partire dalla soppressione della libertà operata dal fascismo. Non possiamo negare la storia: il fascismo fu dittattura».

In secondo luogo, secondo Fini, il fascismo negò un altro valore fondamentale: quello dell’uguaglianza, «accettando le ragioni della superiorità di razza, del razzismo biologico. Di qui l’infamia delle leggi razziali, questa aberrazione, questo male assoluto che sta nella negazione a priori del valore dell’uguaglianza. Negare alla radice il principio dell’uguaglianza non può che determinare il risultato finale di una tragedia. L’ultimo atto del film è poi stata la dichiarazione di guerra, che ha messo l’Italia in ginocchio, che ha determinato una catastrofe che i nostri padri e i nostri nonni non hanno dimenticato. L’Italia, sì, modernizzata nel 1945 era rasa al suolo. Questi dati sono fattuali, sono elementi di verità storica da cui non si può prescindere».

Le utopie e i passi avanti del ’68

Passando alla contestazione studentesca di quarant’anni fa, Fini si è chiesto: «Fu tutto negativo? Non si può dire. Ma è sbagliato dire che il ’68 rappresentò la stagione della libertà». Il leader di An ha ammesso che il ’68 «ha tolto tante ragnatele, archiviato una stagione che sa tanto di muffa. Merito o colpa del 68? Non mi appassiona il discorso. Di certo fu negativo lo slogan “vietato vietare”. Il ’68 aveva fatto degenerare il valore della libertà in licenza, anarchia, assenza di regole. Fu una forma colossale per esprimere la propria imbecillità. Non c’è la libertà se non c’è una regola, se non c’è un’autorità. Dove ha fallito il ’68? Nel pensare a un mondo utopico dove ci fosse la libertà senza il principio di autorità». In ogni caso, «ritrovato l’equilibrio, che nel ’68 non c’era, la società qualche passo in avanti l’ha fatto». 

(Il Sole 24 Ore on-line)

Il limite della decenza

Da quasi vent’anni assistiamo in Italia ad un esperimento sociologico di enorme portata. Si tratta di una trasformazione pilotata di quello che una volta si chiamava il “comune senso del pudore”, e più propriamente dovrebbe essere il “limite della decenza”, cioè quel confine tra le cose considerate accettabili e non accettabili dalle persone per bene.

La cosa è cominciata con questioni di soldi: dopo le prime timide difese “non sono stato io”, “è stato un mio subordinato, io ne ero all’oscuro”, si è passati alla rivendicazione arrogante “l’ho fatto io, ma l’ho fatto per il Partito”, condita con l’ammiccamento “tanto lo fanno tutti”. Quella che era una colpa, non lo è più; e se qualcuno non ne fosse convinto, è cominciata la celebrazione dell’eroismo di quei lìder che hanno avuto il coraggio di sfidare i moralismi (ipocriti, sicuramente) dei benpensanti, e i rigori (sospetti, s’intende) della Magistratura, per affrontare francamente la questione dei Costi della Democrazia.

L’esperimento è riuscito così bene che la cosa non si è fermata lì. Naturalmente qui è venuto in soccorso un terreno molto fertile, il basso senso morale della società italiana, sempre propensa a pensare che chi fa quel che deve o è un fesso, o è un furbo che non si è fatto scoprire. Sempre più gravi violazioni – non della Legge, di cui nessuno si cura – ma appunto del Comune Senso del Pudore, vengono rivendicate come efficaci scorciatoie del Fare, che si oppone alle Chiacchiere. Il confine tra il lecito e l’illecito si sposta sempre più in basso; ed era inevitabile che si arrivasse alle vicende boccaccesche di questi ultimi giorni. Anzi, tutto questo gran parlare di gratificazioni sessuali è un modo per coprire con grasse risate qualunque altra discussione: anziché discutere se il Ministro delle Finanze è in grado di mettere sotto controllo il deficit (l’esperienza di parecchi anni passati dimostrerebbe di no) è assai più divertente (ed utile) discutere se veramente il Ministro delle Pari Opportunità s’è guadagnata la poltrona stando in ginocchio o in piedi.

Ma c’è un limite a tutto: non è vero che ogni cattiva azione diventa lecita; rimane un peccato imperdonabile. Non si può, non si deve assolutamente parlare male del Papa.

Ve lo meritate Veltroni

Romano Prodi è quel disastro di comunicatore che ben sappiamo. Ma è stato uno dei grandi uomini di governo dell’Italia. A distanza di dieci anni ha battuto due volte Berlusconi, che i servitorelli dell’informazione presentavano e continuano a presentare come una specie di supermèn. Entrambe le volte si è trovato ad operare in condizioni difficilissime, ed ha fatto il massimo che si poteva per salvare l’Italia dalla bancarotta. Entrambe le volte è stato buttato giù da partitini alleati quando la sua azione era stata appena abbozzata. Entrambe le volte ha ricevuto dai suoi sostenitori un appoggio che dire tiepido è poco.

Alle ultime elezioni il suo nome non compariva neppure sulla scheda. Mentre dall’altra parte c’era Berlusconi Presidente dappertutto, il (più o meno centro)-sinistra si è presentato con una nuvoletta di simboli che non so cosa potevano rappresentare per gli elettori. Non aveva ancora messo piede a Palazzo Chigi che già era d’obbligo partecipare al coro: Delusione! Gli sono state imposte misure squinternate, un indulto che purtroppo è andato in porto, una legge anti-romeni che fortunatamente qualcuno è riuscito a peggiorare al punto da renderne impossibile l’approvazione – il primo caso nella storia di una legge che cade in Parlamento non per un voto contrario, ma per la sua troppo evidente stupidità. Intanto Santoro mandava in televisione per tre quarti d’ora operai lumbàrd che urlavano Prodi vattene.

Adesso abbiamo Veltroni, un grande comunicatore, un abilissimo tattico. La scelta di presentarsi da solo alle elezioni è stata indubbiamente temeraria, ma alla fine forse funzionerà. Ha messo fuori De Mita, e per questa sola cosa meriterebbe di vincere. Ma naturalmente, ci deve dar sotto con la demagogia. Mille euro di qua, castrazione chimica di là. È possibile che vinca; cosa farà quando sarà al governo, non lo sa nessuno, e sinceramente, non mi sento molto tranquillo.