Il limite della decenza

Da quasi vent’anni assistiamo in Italia ad un esperimento sociologico di enorme portata. Si tratta di una trasformazione pilotata di quello che una volta si chiamava il “comune senso del pudore”, e più propriamente dovrebbe essere il “limite della decenza”, cioè quel confine tra le cose considerate accettabili e non accettabili dalle persone per bene.

La cosa è cominciata con questioni di soldi: dopo le prime timide difese “non sono stato io”, “è stato un mio subordinato, io ne ero all’oscuro”, si è passati alla rivendicazione arrogante “l’ho fatto io, ma l’ho fatto per il Partito”, condita con l’ammiccamento “tanto lo fanno tutti”. Quella che era una colpa, non lo è più; e se qualcuno non ne fosse convinto, è cominciata la celebrazione dell’eroismo di quei lìder che hanno avuto il coraggio di sfidare i moralismi (ipocriti, sicuramente) dei benpensanti, e i rigori (sospetti, s’intende) della Magistratura, per affrontare francamente la questione dei Costi della Democrazia.

L’esperimento è riuscito così bene che la cosa non si è fermata lì. Naturalmente qui è venuto in soccorso un terreno molto fertile, il basso senso morale della società italiana, sempre propensa a pensare che chi fa quel che deve o è un fesso, o è un furbo che non si è fatto scoprire. Sempre più gravi violazioni – non della Legge, di cui nessuno si cura – ma appunto del Comune Senso del Pudore, vengono rivendicate come efficaci scorciatoie del Fare, che si oppone alle Chiacchiere. Il confine tra il lecito e l’illecito si sposta sempre più in basso; ed era inevitabile che si arrivasse alle vicende boccaccesche di questi ultimi giorni. Anzi, tutto questo gran parlare di gratificazioni sessuali è un modo per coprire con grasse risate qualunque altra discussione: anziché discutere se il Ministro delle Finanze è in grado di mettere sotto controllo il deficit (l’esperienza di parecchi anni passati dimostrerebbe di no) è assai più divertente (ed utile) discutere se veramente il Ministro delle Pari Opportunità s’è guadagnata la poltrona stando in ginocchio o in piedi.

Ma c’è un limite a tutto: non è vero che ogni cattiva azione diventa lecita; rimane un peccato imperdonabile. Non si può, non si deve assolutamente parlare male del Papa.

Ve lo meritate Veltroni

Romano Prodi è quel disastro di comunicatore che ben sappiamo. Ma è stato uno dei grandi uomini di governo dell’Italia. A distanza di dieci anni ha battuto due volte Berlusconi, che i servitorelli dell’informazione presentavano e continuano a presentare come una specie di supermèn. Entrambe le volte si è trovato ad operare in condizioni difficilissime, ed ha fatto il massimo che si poteva per salvare l’Italia dalla bancarotta. Entrambe le volte è stato buttato giù da partitini alleati quando la sua azione era stata appena abbozzata. Entrambe le volte ha ricevuto dai suoi sostenitori un appoggio che dire tiepido è poco.

Alle ultime elezioni il suo nome non compariva neppure sulla scheda. Mentre dall’altra parte c’era Berlusconi Presidente dappertutto, il (più o meno centro)-sinistra si è presentato con una nuvoletta di simboli che non so cosa potevano rappresentare per gli elettori. Non aveva ancora messo piede a Palazzo Chigi che già era d’obbligo partecipare al coro: Delusione! Gli sono state imposte misure squinternate, un indulto che purtroppo è andato in porto, una legge anti-romeni che fortunatamente qualcuno è riuscito a peggiorare al punto da renderne impossibile l’approvazione – il primo caso nella storia di una legge che cade in Parlamento non per un voto contrario, ma per la sua troppo evidente stupidità. Intanto Santoro mandava in televisione per tre quarti d’ora operai lumbàrd che urlavano Prodi vattene.

Adesso abbiamo Veltroni, un grande comunicatore, un abilissimo tattico. La scelta di presentarsi da solo alle elezioni è stata indubbiamente temeraria, ma alla fine forse funzionerà. Ha messo fuori De Mita, e per questa sola cosa meriterebbe di vincere. Ma naturalmente, ci deve dar sotto con la demagogia. Mille euro di qua, castrazione chimica di là. È possibile che vinca; cosa farà quando sarà al governo, non lo sa nessuno, e sinceramente, non mi sento molto tranquillo.