Abbiamo sempre saputo — ce l’ha spiegato molto bene Orwell, ma è sempre stato così — che ogni cambiamento di regime è segnato da un cambiamento nelle abitudini linguistiche.
Da parecchi anni (non da ieri, vent’anni e passa) questa trasformazione ha toccato perfino una delle basi della grammatica italiana, la differenza tra verbi transitivi e verbi intransitivi.
Il verbo “fare” è un tipico verbo che ha bisogno di un complemento oggetto: il bambino fa (che cosa?) i compiti, la mamma fa (che cosa?) i gnocchi…
Le maestre di una volta sconsigliavano l’uso di un verbo così generico, e indicavano alternative più precise: fare → costruire un muro, fare → comporre una poesia.
Da un quarto di secolo più o meno il verbo “fare” è diventato un verbo intransitivo.
L’importante è “fare”, non fare questo o quest’altro.
Non navigare volare poetare amare credere obbedire combattere: fare.
I filosofi troveranno collegamenti con le dottrine che mettevano all’origine del tutto l’“atto” o cose del genere; da pedante in pensione, posso solo esprimere il mio sconcerto nel vedere la progressiva invasione, come i rinoceronti di Jonescu, degli “uomini del fare”, che proprio perché “fanno” (o meglio: vorrebbero fare) si considerano esentati dall’obbligo di dichiarare “che cosa” intenderebbero fare.
Naturalmente, poiché “fare” è un verbo intransitivo, più si è impegnati nel “fare”, più si fa un bel cazzo di niente.
“i gnocchi”, e non mi rompete le palle, ché non è giornata.
A ccertoooo , tu puoi dire “i gnocchi” e invece a noi ci costringete a dire “gli pneumatici” , “gli gnocchi” , “qual é” , eccetera.
Anzi, la parola eccetera è stata proibita , mo bisogna dire “e quantaltro”.
Scherzi a parte , un bel articoletto contro a sto cavolo di quantaltro che rimane sospeso per aria non si potrebbe fare?
E ancora peggio , contro “io co” “tu cai” “lui ca” “noi cabbiamo” “voi cavete” “cavevo” “cabbia” che ormai ci tocca leggere dappertutto , scritto anche da giornalisti presumibilmente studiati e laureati , con l’unico abbellimento di una “H” infilata in mezzo.