Costituzione degli Stati Uniti, XVII Emendamento (1913)

La Costituzione Americana prevedeva originariamente due Camere (Art. I, I), la Camera dei Rappresentanti, eletta a suffragio universale (Art. I, II, 1), e il Senato, eletto dalle asssemblee legislative dei singoli Stati (Art. I, III, 1).

Fra i Padri Costituenti l’unico che propose fin dall’inizio l’elezione diretta dei Senatori fu James Wilson. La proposta non passò, in quanto si intendeva fare del Senato una istituzione fortemente federalista, e quindi i senatori dovevano essere i portavoce delle istanze delle singole assemblee legislative.

In seguito però l’esperienza dell’elezione indiretta lasciò molti scontenti, vi furono diverse proposte di riforma, e tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX alcuni Stati decisero autonomamente di procedere ad elezione diretta. Nel 1912 33 Stati avevano introdotto elezioni primarie dirette per la scelta dei Senatori.

Quello stesso anno, approfittando della spaccatura del Partito Repubblicano provocata da Theodore Roosevelt, che aveva fondato un suo “Partito del Progresso”, i Democratici non solo ottennero la Presidenza con Woodrow Wilson, ma anche una solida maggioranza (290 seggi su 435) al Congresso. Fecero quindi passare il XVII Emendamento, che introduceva l’elezione diretta dei Senatori. L’emendamento fu approvato a larga maggioranza dal Senato, e fu ratificato dalle assemblee legislative di 41 Stati (5 più del richiesto). Entrò quindi in vigore il 31 maggio 1913.

Non cambiò però la composizione del Senato, con due senatori per ogni stato, indipendentemente dalla popolazione. In questo senso, si tratta sempre di un’Assemblea Legislativa in cui i singoli Stati, grandi e piccoli, hanno uguale dignità.

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