Non è l’Italia

Un ministro di un importante paese occidentale ha detto che nel suo paese i giovani vogliono il lavoro sotto casa, vicino alla mamma.

Non so quale sia quel paese, ma sicuramente non è l’Italia.

In Italia c’è stato, negli ultimi sessant’anni, un fenomeno migratorio massiccio, dalle zone dove il lavoro il lavoro non c’è a quelle dove c’è. È un fatto che ha profondamente trasformato la composizione demografica di tutte le regioni italiane. È l’evento sicuramente più rilevante per la storia del nostro Paese dopo la seconda guerra mondiale: in confronto, tutto il resto è spettacolo.

Penso che in tutte le Università Italiane il fenomeno sia studiato in modo approfondito.

Adesso la gente non si sposta più, semplicemente perché non sa dove andare, visto che di lavoro non ce n’è da nessuna parte. Ma appena si manifesta la minima possibilità, la gente si sottopone a trasferimenti estenuanti. Io avevo un collega che tutte le mattine partiva da Genova per venire ad insegnare in provincia di Asti. Coi mezzi pubblici. Prima prendeva il treno da Genova a Torino, poi prendeva una corriera, che nei giorni feriali fa il percorso quattro volte al giorno, fermandosi nei più piccoli paesini. È un giovane intelligente, serio e molto volenteroso, penso che farebbe la sua bella figura anche come Ministro. Un altro veniva da una cittadina della provincia di Alessandria. Prendeva la macchina, 93 km puliti puliti, di cui 80 in autostrada. Penso che spendesse gran parte dello stipendio in viaggio. Era già un uomo di mezza età, ma era ancora precario. Una volta gli ho chiesto che cosa faceva prima di insegnare, “il panettiere”, mi ha risposto.

Così siamo a posto anche con la mobilità intercompartimentale.


Mi ricordo ancora di quando una grande critica che veniva mossa al pensiero socialista e comunista era quella di non tenere conto della qualità del lavoro. Gli storici dell’economia dicevano che tutto il Capitale di Marx è basato sull’assunto che il lavoro in tempi uguali produce valori uguali. Caduto quell’assunto, della teoria di Marx rimarrebbero solo macerie fumanti.

Ma oggi anche sotto questo punto di vista siamo nel Mondo alla Rovescia.

La qualità del lavoro! Chi ne ha più sentito parlare? Tutti i lavori e tutti i lavoratori sono intercambiabili. Chiunque deve essere preparato a fare qualunque cosa, ed a cambiare di sei mesi in sei mesi. Certo, esiste un problema di “produttività” del lavoro, ma secondo la vulgata corrente questa dipende solo da quante volte l’operaio lascia la catena di montaggio per andare a fare pipì. Meno pipì, più produttività. Le scuole del futuro inseriranno nei loro programmi il controllo degli sfinteri, e finalmente avremo una scuola che dà una preparazione competitiva secondo i parametri OCSE.

Ironia a parte, l’idea della mobilità come condizione permanente del lavoratore sottintende una totale svalutazione della qualità del lavoro. Preparazione, formazione, esperienza, senso di identità del lavoratore, che considera le sue capacità acquisite come parte di sé, come ciò che definisce il suo ruolo nella società, sono cose irrilevanti. Il lavoro è una variabile puramente quantitativa, tante ore di lavoro tanto valore, come diceva il cinico figlio del rabbino rinnegato di Treviri.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.