Perché è inutile prendersela con Monti

La premessa indispensabile è che in Italia esiste ancora, grazie a Dio, una Repubblica parlamentare.

Poiché il Parlamento italiano ha una solida maggioranza di destra, la conseguenza inevitabile è che il governo italiano è un governo di destra.

Negli ultimi mesi si era creata una situazione spaventosamente anomala; il governo in carica, che già in passato, diciamo così, mostrava qualche limite culturale, assumeva sempre di più l’aspetto di un pittoresco freak show, e le poche volte che riusciva ad esprimere suoni articolati si metteva a parlare di intercettazioni telefoniche. E questo nel mezzo di una preoccupante tempesta finanziaria internazionale.

Il Presidente della Repubblica, che non ha il compito di indirizzare l’attività politica delle istituzioni, ma di vigilare sul loro corretto funzionamento, è intervenuto per porre fine a quell’angosciante paralisi. Con una serie di interventi, piuttosto arditi, ma sempre nel rispetto formale della Costituzione, ha ottenuto alla fine un risultato che corrisponde anche alle esigenze del rispetto sostanziale dei principi della democrazia parlamentare: un governo funzionante, ma un governo funzionante di destra: cioè quello che hanno chiesto gli elettori nelle ultime votazioni.

Poiché io non sono di destra, la cosa non mi soddisfa per niente, ma non potevo certo pretendere una soluzione diversa.

Ora, questo governo di destra, attua una politica di destra. In primo luogo, il pareggio di bilancio. Che è la fissa di ogni destra seria. Niente keynesismo, neppure quella orrenda caricatura del keynesismo impastrocchiato di spesa clientelare e di pacche sulle spalle agli evasori che Tremonti somministrava agli Italiani col suo supponente birignao. Niente spesa per lo sviluppo: la crescita economica si attua con le liberalizzazioni ecc. Niente equità: i real men sanno che l’unica vera equità è il mercato.

Certo, è una medicina indigesta, perfino per gran parte degli elettori di destra. Ma questi in ogni caso non devono dimenticarsi che se questa è la medicina, la malattia si chiama berlusconismo. Che se in questa politica non si riconoscono, be’, è una giusta nemesi: dopo vent’anni che l’elettore di sinistra non si riconosce nelle forze politiche di sinistra, niente di strano che l’elettore di destra non si riconosca nel primo governo veramente di destra degli ultimi vent’anni. Avete voluto la bicicletta? Adesso pedalate.

E l’elettore di sinistra? In attesa che nuove votazioni mandino al governo forze politiche di sinistra, con un chiaro mandato ad attuare una politica di sinistra, deve far tesoro delle poche magre soddisfazioni che gli sono concesse.

Soprattutto, poiché la verità è rivoluzionaria, dev’essere salutata con soddisfazione l’ascesa di amministratori che dicono le cose come stanno, almeno un po’ di più di Roberto da Crema e dei sui pallidi imitatori longobardi; che alle domande imbarazzanti, invece di sparare la prima cazzata che gli passa per la testa, rispondono “devo ancora esaminare questo dossier”.


Ma a parte la soddisfazione morale di non fare più la figura dei coglioni davanti al mondo intero, quali sono i vantaggi concreti di un governo di professori? dov’è la ciccia?

Ebbene, il punto centrale è che un qualunque governo dell’economia, sia esso di destra o di sinistra, presuppone che l’economia sia governabile. Che quindi siano per lo meno attenuati alcuni dei meccanismi perversi che rendono l’economia italiana una bestia malata e impazzita.

Fra i principali di questi meccanismi vi sono il debito pubblico e l’evasione fiscale.

Purtroppo, un po’ per furbizia, un po’ per disperazione, è stata forte la tentazione finora a sottovalutare questi due fenomeni. Soprattutto a trascurare il peso di questi due fenomeni sul funzionamento complessivo dell’economia

Parlo dei grandi flussi di ricchezza all’interno della società italiana.

Il debito pubblico, dicono alcuni, è una fissazione da ragionieri. È una specie di grande partita di giro, chi ha e chi dà, e poi è compensato dal risparmio privato.

Ciò che rende intollerabile il debito pubblico italiano sono gli interessi. Una quota che ha raggiunto, e ormai probabilmente supera, il 4,5% del PIL. Vuol dire che almeno il 10% di quello che gli Italiani pagano come tasse serve a pagare questi interessi. Sono risorse che escono dall’economia reale, per andare a finire verso l’economia finanziaria, e per oltre metà all’estero. Sono in grandissima parte risorse che non verranno mai più recuperate, né come consumi, né come investimenti. Una paurosa voragine depressiva, una macchina “antikeynesiana” che costantemente trascina la nostra economia verso il basso.

L’altro meccanismo impazzito è l’evasione fiscale. Anche qui, ci hanno raccontato per anni una balla consolatoria. Che la lotta all’evasione fiscale sarebbe una fissazione moralistica e un po’ persecutoria, perché tanto l’evasore i suoi soldi li spende, o in consumi o in investimenti, e quindi l’effetto sull’economia è nullo.

Ma la quota che di evasione che finisce in Lamborghini e in cene a Cortina è minima. Le risorse drenate attraverso l’evasione finiscono in gran parte nella finanza, e di nuovo, le risorse che finiscono in ricchezza finanziaria difficilmente tornano verso l’economia reale. L’evasore piccolo e medio poi è alla ricerca ossessiva di beni rifugio. In primo luogo il mercato immobiliare. L’edilizia è esplosa in questi ultimi dieci-quindici anni, facendo lievitare i prezzi e riempiendo città e campagne di case decorate con un bel cartello VENDESI. In Italia abbiamo il record di case non occupate – oltre ad affitti altissimi, s’intende. Il piccolo impresario costruisce anche capannoni industriali a cui appende un cartello VENDESI/AFFITTASI. Il furbo di provincia fa incetta di terreni agricoli in attesa che un sindaco amico modifichi il piano regolatore – sempre per “far girare l’economia”, s’intende. Poi vabbe’ ci sono i lingotti d’oro nelle cassette di sicurezza ecc.

Sia come sia, anche questo è un flusso costante di ricchezza che il sistema fiscale sottrae all’economia reale, e che in gran parte non verrà mai più recuperata. Altro potentissimo meccanismo con un soffocante effetto depressivo, “antikeynesiano”.

Non credo assolutamente che le liberalizzazioni ecc. da sole possano rilanciare l’economia. Ma anche interventi più tosti, parliamoci chiaro, soldi tirati fuori dallo Stato, in queste condizioni sono solo un rivolo misero e stentato, inevitabilmente travolto da quest’enorme flusso che si muove in senso contrario.

Io non riesco a prevedere la misura del successo degli interventi del governo, ma poiché sono sempre ottimista, confido sul fatto che sia avviata per lo meno un’inversione di tendenza, che cominci un nuovo periodo di riduzione delle spese per il debito e di contenimento dell’evasione – almeno altrettanto lungo del periodo di degrado che lo ha preceduto – e che questo darà ai successivi governi gli strumenti per poter governare effettivamente l’economia.

Se poi il prossimo governo attuerà una politica economica di destra o di sinistra, lo decideranno gli elettori. Ma la cosa importante è che il prossimo governo sia messo nelle condizioni di poter attuare una qualche politica economica.

2 commenti su “Perché è inutile prendersela con Monti”

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.