Al Qaida lotta “in nome degli oppressi”?

Questo è il seguito di una discussione su it.politica.sinistra

Tutti dicono di lottare in nome degli oppressi, o del popolo…

eh, ma gli oppressi ci devono essere. E nei paesi in cui AQ fa proseliti, ce ne sono eccome…

dài, ci siamo passati anche noi, e da cent’anni abbondanti. Possibile che non abbiamo imparato la lezione.

Quando Giolitti decise la conquista della Libia, il povero Giovannino Pascoli (poeta che per altro amo moltissimo) se ne uscì con la più clamorosa cazzata del secolo: “la grande proletaria si è mossa”. E l’imperialismo fascista ha sbandierato per vent’anni la lotta contro la grassa Inghilterra che sfrutta i poveri popoli africani.

Trovami una differenza tra Mussolici che dichiara guerra alla plutocrazia degli Stati Uniti d’America, e Bin Laden che attacca le Torri “in nome degli oppressi”.

Be’, una differenza c’è: Mussolini sull’America non è riuscito (fortunatamente) a spedire neanche un petardo. Bin Laden ha ammazzato tremila persone – “in nome degli oppressi”, s’intende. Ed ha provocato una reazione spaventosamente distruttiva nel paese in cui aveva stabilito la propria base, così come gli stupidi razzetti di Hamas hanno ammaccato qualche muro di cinta in Israele, ma hanno quasi raso al suolo Gaza. Non ci vuole molto a capire che proprio questo era l’obiettivo di Hamas: provocare una reazione che giustificasse la prosecuzione di una lotta suicida “in nome degli oppressi”.


Certo che in molti paesi islamici il fascismo ha una grande presa. È tipico delle società in preda ad una crisi di cui non si vede l’uscita affidarsi ad uno squilibrato che agita la bandiera “o noi o loro”.

Non c’è bisogno di essere islamici per questo, è capitato a quasi tutte le nazioni europee ottant’anni fa. Ancora oggi, nel nostro piccolo, nella nostra piccola crisi, è quello che fa la Lega.

Rimane il fatto che i più grandi danni il fascismo islamico continua a farli proprio nei paesi in cui maggiormente si estende la sua attività. Sono pazzi, ma non stupidi. Sanno benissimo che non distruggeranno mai l’America. Né è questo il loro obiettivo. Il loro obiettivo è conquistare il potere nei paesi più poveri, trascinando un miliardo di sfigati in una permanente guerra civile, sempre dietro la bandiera “o noi o loro”. Gli Stati Uniti sono sopravvissuti alle torri Gemelle; non so se i paesi musulmani riusciranno a sopravvivere all’antichissima feroce faida sunniti-sciiti, e a tutte le altre nobili cause “in nome degli oppressi”.

2 commenti su “Al Qaida lotta “in nome degli oppressi”?”

  1. Gentile professor Pistone,
    mi lasci dire che il suo parallelo tra Bin Laden e Mussolini, al di là del senso generale del suo intervento, non mi convince.
    Lei scrive: «trovami una differenza tra Mussolici che dichiara guerra alla plutocrazia degli Stati Uniti d’America, e Bin Laden che attacca le Torri “in nome degli oppressi”».
    Lungi da me il prender le difese di Bin Laden, ma questi, a differenza di Mussolini, non mi pare si sia macchiato anche di colonialismo. Inoltre, Bin Laden fa parte del popolo islamico («gli oppressi»), mentre Mussolini non faceva parte del popolo africano (gli oppressi), di cui, a quanto lei scrive, faceva finta di prender le parti.

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    • A parte che la biografia personale di Osama Bin Lade, imparentato con la famiglia regnante in Arabia Saudita, lo rende un po’ anomalo come “oppresso”, il senso del mio discorso era che lo scopo dell’estremismo islamico è quello di prendere il potere ed esercitare una dittatura sui paesi islamici, dittatura che, al di là del folklore religioso, ha fortissime analogie politiche ed ideologiche con fascismo europeo degli anni ’30. Quanto ad atti di colonialismo, be’, mi spieghi che cos’è andato a fare in Afghanistan durante la dittatura dei talebani.
      Insomma, io rifiuto lo schematismo terzomondista per cui i musulmani sono sempre gli “oppressi”, e quindi ogni loro atto è giustificato in nome di una qualche lotta di “liberazione”, e il mgli occidentali rappresentano sempre gli “oppressori”, e quindi tutto quello che gli capita in fondo se lo sono voluto.

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