Il progetto No-TAV. Papale papale.

Quest’articolo, pubblicato su un sito “contro” a firma di un certo Maurizio Pagliassotti, contiene un’esposizione molto esplicita del progetto politico che è alla base degli obiettivi e della tattica del movimento NO–TAV.

Non sono in grado di valutare la rappresentatività dell’autore all’interno di detto movimento, ma ritengo ugualmente utile riprodurlo con qualche mia chiosa.

Chi ha paura dei no tav? (28/07/2012)

Prima di tutto la notizia. Sabato prossimo vi sarà a Chiomonte una manifestazione di massa Notav: una passeggiata lungo le reti che vedrà sfilare in pieno giorno decine di migliaia di manifestanti ad un metro dalle reti del cantiere.

Poi un commento relativo a sabato notte. Passa il tempo: i giorni, i mesi, gli anni, addirittura le decadi ormai. Eppure l’eterno ritorno del sempre uguale non tradisce mai. Ancora una volta, dopo gli incidenti di sabato notte, il partito trasversale pro Tav pesta sul tasto della divisione tra i buoni valligiani che erano a casa e i cattivi bu bu nero vestiti che hanno addirittura assaltato il cantiere (1) . Premessa per i molti che non sono mai stati in val Claera: dicasi cantiere un ex bosco spianato grande come due campi da calcio circondato da barriere difensive degne della Striscia di Gaza. Dentro il rapporto tra operai e soldati è pari ad uno ogni dieci.

(1) Quale divisione? Sono esattamente gli stessi, s’è sempre saputo:

…“Sarà una manifestazione a volto scoperto — aveva preannunciato uno dei leader del Movimento No Tav, Alberto Perino —, senza maschere antigas, senza caschi, una manifestazione tranquilla e pacifica”. “Dobbiamo dimostrare che siamo noi che scegliamo il tipo di manifestazione e di confronto che vogliamo fare, non possono essere gli altri a dettare i tempi al movimento — ha aggiunto Perino — non ci avvicineremo alle reti, perché non ci interessano, ci siamo già avvicinati giovedì scorso, oggi no, un’altra occasione ci sarà”…
(Adncronos 30/7/2011)

…«Siamo noi a scrivere il copione delle nostre manifestazioni — spiega alla fine della giornata Alberto Perino, uno dei leader dei NO TAV — e non la Digos, il Pd, Maroni e Ferrentino». Quattro ore prima, Francesco Richetto, del comitato lotta popolare di Bussoleno, all’avvio della marcia da Giaglione, urlava nel microfono: «Siamo noi che decidiamo quando vogliamo tirare giù le reti o fare una marcia pacifica»…
(La Stampa 31/7/2011)

Bene, questo prezioso esempio di spreco italico sabato notte non è mai stato in pericolo e solo simbolici danni sono stati “inflitti” ad una struttura difensiva che prevede muri alti tre metri, filo spinato, foto cellule, idranti, gas lacrimogeni, sistemi di illuminazione e video a ripresa continua e molto altro. In una conferenza stampa la Questura torinese ha messo in mostra le armi sequestrate ai manifestanti: una fiondona gigante, bulloni, piccozze, bastoni, maschere antigas… Secondo i giornalisti locali, poi malamente scopiazzati da quelli nazionali o per piaggeria o per pigrizia, durante il pomeriggio di sabato gli anarchici avrebbero preso il controllo della situazione: «Stasera si fa come diciamo noi» avrebbero detto battendo il pugno sul tavolo di plastica del campeggio, con grande scorno dei valligiani che mestamente hanno abbassato il capo. Una specie di colpo di stato. Sono ovviamente ricostruzioni dilettantesche dettate dall’ignoranza diffusa, perfino di coloro che infiltrati dentro il campeggio di Chiomonte, a decine e facilmente riconoscibili, hanno captato commenti dei ragazzi che vagavano in attesa della gran soirèe.

Il movimento Notav ha varie anime che trovano punti di mediazione rispetto alle azioni da intraprendere affinché lo scempio ambientale ed economico in corso venga fermato. Punto. Non è difficile da capire. Questo fa, dovrebbe fare, capire un concetto semplice: puoi portare la bomba atomica in val Susa ma se non “controlli” il cuore ed il cervello di chi la vive non otterrai mai la pace sociale necessaria per fare alcun che. E’ un territorio impervio culturalmente per chi si ferma a schemini da terza elementare ed a giocare con i soldatini.

Ora è chiaro il perché tutti vorrebbero dividere la “parte sana del movimento che protesta pacificamente dai violenti”. Ma così non è perché le varie parti di cui si compone il popolo Notav semplicemente dialogano e decidono insieme cosa fare. Se si decide di non far volare un sasso facendo sfilare 80.000 persone ad un metro dalle reti questo accade. Questo avverrà domenica prossima. Se invece si decide per il pandemonio così è (2). Sono questi processi sui quali i rappresentanti istituzionali aderenti al movimento Notav non possono che esprimere informalmente il loro parere che può essere accolto o rimanere inascoltato. Se i giornalisti continueranno a raccontare la balla della doppia filosofia, d’altronde la categoria eccelle nella conoscenza della doppia morale, la situazione non potrà che peggiorare ancor più.

(2) proprio così.
L’importante è che ognuno si assuma le sue responsabilità.
A questo punto, ognuno di tutti gli 80.000 (si fa per dire, 80.000 persone sono tante, farle sfilare in fila indiana ad un metro da una recinzione….) — ognuno di loro sa a che gioco sta giocando, quali sono le regole, e chi le ha decise.

A fronte di una dèbacle quotidiana, tra pezzi di Corridoio n 5 che finiscono in soffitta, dimissioni fra le menti più esposte del progetto, bilanci di interi stati sanguinanti, l’unica idea dogmatica che resiste è il bucone nella montagnona.

Probabilmente perché qualora il movimento riuscisse a far cadere il progetto questo avrebbe un significato politico dirompente, ovvero: le minoranze che hanno ragione (3) se con determinazione lottano possono far saltare il banco, e portare così beneficio alla maggioranza di indifferenti che spopola in questo paese.

(3) papale papale: le minoranze che “hanno ragione” impongono con la forza la loro “ragione” alla maggioranza.

Il Tav non è più, e probabilmente non lo è mai stato, una linea ferroviaria. (4)

(4) né il movimento No—TAV è mai stato una protesta contro una linea ferroviaria. Io per lo meno non ci credo più da parecchio tempo.


Non avevo mai letto una spiegazione così dettagliata di un pericolosissimo progetto eversivo.

Ho la conferma che se io ho da un bel po’ una paura nera dei No–TAV, non prendevo lucciole per lanterne.

1 commento su “Il progetto No-TAV. Papale papale.”

  1. ho scoperto questo blog poco fa, grazie a un amico, professore di filosofia ora in pensione
    dopo aver letto con grande condivisione molte cose, qui mi trovo in disaccordo. Non c’è dubbio che che vi siano stati e vi siano molti che nella lotta cosidetta No Tav pescano nel torbido (a mio avviso, da entrambe le parti della barricata). La cosa però della “minoranza che ha ragione e che si impone alla maggioranza” può essere letta in altro modo. La storia è piena di esempi in cui una norma, un costume, una legge viene accettata ed entra nella legittimità dopo anni o decenni in cui era stata la bandiera di minoranze perseguitate. Il fatto in sè che una minoranza affermi di sentirsi nel giusto e di non volersi piegare alla maggioranza non basta per poter parlare di progetto eversivo. Il movimento No Tav è fatto di persone che nonostante i poteri legittimi si siano pronunciati non vuole sottostere a quelle decisioni, perchè e in quanto esse decisioni impattano gravemente con il loro territorio. In astratto e in linea di principio questo può essere visto come un precedente molto pericoloso per uno stato -ciò è chiaro; ma nel concreto si deve anche impiegare il senso di realtà. L’opposizione a quel traforo in val di Susa vede un consenso fortissimo, che attraversa tutti gli schieramenti e tutte le categorie: non solo non sono tutti inclini all’eversione, sono invece sempre stati e sono tuttora ben lontani da essa.

    Ma chi vivrà vedrà. La Francia potrebbe sfilarsi dal progetto: costosissimo, a fronte di un volume di traffico in calo. Con la crisi che c’è, e guardando ai trend fra beni materiali e beni d’altro genere degli ultimi decenni, non stupirebbe che i volumi di traffico merci di 10-20 anni fa restino ineguagliati per altri decenni. Con lo stato delle finanze pubbliche e le emergenze clamorose sotto i nostri occhi sarebbe saggio immobilizzare tutte quelle risorse per bucare delle montagne?
    Io credo che il buco non si farà, e che saranno soldi risparmiati (magari non per impiegarli dove più c’è bisogno, ma questo è un altro paio di maniche).

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