Mi ha telefonato un amico

Lo conosco da quando avevamo vent’anni. Ha un negozietto a pochi isolati da dove abitavo fino al 2006. Allora ci vedevamo quasi tutti i giorni, adesso le poche volte che vado a Torino sono sempre preso da vari impegni, appena ho finito salto in macchina e me ne torno in collina.

Il suo, più che un negozio, è una specie di ritrovo, dove ci si ferma a parlare del più e del meno.

Ma dice che da un po’ non riesce ad avere pace. Tutti quelli che entrano gli parlano della TAV, e pretendono da lui che prenda una posizione netta, a favore o contro, se no son guai. Sono esaltati, fanatici. Conosce gente della Val Susa. Pare che ormai là la situazione sia invivibile, una contrapposizione esasperata che ha diviso famiglie, amicizie. Non si riesce a parlare d’altro, a pensare ad altro.

Mi ha chiesto, un po’ timoroso, cosa ne pensavo. Ho risposto che io sono, sia pure con molti dubbi, a favore. Ma soprattutto mi sembra assurdo che su questa cosa si debba per forza dividere il mondo in buoni da una parte e cattivi dall’altra.

Si è un po’ tranquillizzato. Abbiamo cominciato a parlare d’altro.

Abbiamo deciso che è ora di vederci di nuovo.

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