Tremonti e il posto fisso

Una volta la distanza tra quello che il politico diceva, e quello che il politico faceva, era più o meno misurabile.

Il politico diceva: qui faremo un ponte. Dopo tre anni veniva fatto un progetto, dopo sei anni il progetto del ponte era affidato ad un diverso progettista, molto più caro del primo, dopo dieci anni il politico posava la prima pietra, nei quindici anni successivi il costo dell’opera raddoppiava ogni anno, dopo vent’anni il politico (o suo nipote) tagliava il nastro, quindi si scopriva che il ponte era inutile, o superato, o sbagliato, e ce ne voleva un altro.

Ma appunto, tutto ciò era verificabile, si poteva misurare lo scarto tra le parole e i fatti.

Oggi le parole sono una variabile perfettamente indipendente dai fatti. La Gelmini ha tenuto per sei mesi l’Italia a parlare di grembiulini. Naturalmente nessun ministro dell’Istruzione dell’Italia unita si è mai occupato di grembiulini, né mai se ne è occupata lei. Avrebbe potuto parlare del ginocchio della lavandaia, o dell’orchidea muscata delle Alpi: a conti fatti, sarebbe stata la stesa cosa. Ha parlato di grembiulini, e tutti lì a dire grembiulini sì grembiulini no. Poi s’è messa a parlarte di “merito”, e intanto faceva fuori i precari. Che c’entra il “merito” con i precari a spasso? Una bella sega di niente. Ma dài che la Gelmini vuole premiare il merito.

Tremonti che parla di lavoro fisso fa l’impressione del benzinaio del quartiere che parla della nazionale di calcio: una cosa di cui non si è mai occupato, né mai se ne occuperà. Un modo per riempire di parole il vuoto. Potrebbe parlare del buco dell’ozono, o della metrica haiku: agli effetti pratici, sarebbe la stessa cosa. Ma adesso tutti a discutere di Tremonti e del suo posto fisso.

2 commenti su “Tremonti e il posto fisso”

  1. Diciamo che la Gelmini ha lo stesso valore del 2 di picche a scala quaranta. Diciamo poi che quello che dice non è farina del suo sacco e diciamo pure che sia la Gelmini che i suoi predecessori si sono attivati per lo sfascio della scuola o meglio dell’istruzione tutta.
    Detto questo, sul quale nessuno può affermare il contrario, salvo che non sia in malafede, si potrebbe mettere le diverse asce sottoterra e cominciare a costruire una scuola che sia degna per essere chiamata tale.
    Diciamo che sono per una scuola gentiliana dove il rispetto, il rigore la disciplina e l’istruzione devono regnare, ma altresì la fantasia e l’arduo compito degli insegnanti deve saper ispirare i “pargoli” nelle loro scelte e nei loro studi. Si aboliscano quindi i mille e più insegnanti, incapaci e principalmente atti a fare politica anziché istruire, si faccia reindossare le divise ai bidelli e li si faccia lavorare per quel che sono e per quel che servono. Si espellano tutti quegli elementi ostili all’istruzione e si fornisca libri, aule e laboratori così che lo studente non abbia distrazione alcune.

    Si abolisca lo studio dell’informatica e dell’inglese nelle scuole elementari, ma si rafforzi invece lo studio della storia d’Italia, quella vera e non quella manipolata e della nostra letteratura che molto ha da insegnare anche a quelli che da destra e da sinistra non ne hanno saputo cogliere insegnamento.

    Si dia maggior libertà d’insegnamento e di autonomia nelle aule, ma non in virtù di leggi liberticide, ma in virtù dei valori più importanti: il rispetto per il lavoro, per la vita e per l’altrui vita. Si rispetti inoltre lo Stato nella sua essenza primaria, perchè sorgente e fondatore di una società in cui tutti partecipano al suo miglioramento.

    Le scuole non sono una prerogativa regionale o locale, ma un valore nazionale, ben al sopra dei vari localismi o di quelli globalizzanti.

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