Il libro, la lettera, Internet

Le norme sull’informazione sono state fissate in età moderna quando i grandi settori della comunicazione erano due:

  1. La stampa: libri, giornali e periodici. In questo caso abbiamo la comunicazione unidirezionale da uno (o pochi) a molti. La comunicazione avviene attraverso supporti singoli, concreti, numerabili, non riproducibili senza un’attrezzatura complessa.

    È su questa base tecnica che sono state costruite le moderne leggi sui diritti d’autore e sulla libertà di stampa.

    Le stesse leggi sono poi state estese a tutti i supporti fisici, come i dischi ecc., e alle forme di trasmissione broadcasting, come la radio e la televisione, che hanno in comune con la stampa la comunicazione unidirezionale da uno a molti, anche se la trasmissione non avviene su supporti fisici numerabili.

  2. L’altro settore è la posta: un grande servizio pubblico che permette la comunicazione bidirezionale e riservata uno a uno.

    Prima dell’800 esisteva già la lettera, ma farla pervenire a destinazione era sempre una cosa difficoltosa. Con i servizi postali nazionali, e con l’invenzione del francobollo, la posta diventa un servizio alla portata di tutti.

    Sulla base del servizio postale sono state emanate le norme sulla riservatezza della corrispondenza, norme poi estese al telefono e ad altri sistemi analoghi.


L’estensione di queste norme all’informatica e al Web all’inizio hanno puntato su delle forme di semplice analogia.

Internet è stata vista per un certo tempo come una televisione con milioni di canali.

La diffusione del software è stata considerata un’estensione della diffusione della stampa – per questo continua l’affezione ad un supporto ormai obsoleto come il disco ottico.

Le mail anche nel nome richiamano la buona vecchia posta.

I siti di attualità sono stati considerati alla stregua di testate giornalistiche, con tanto di obbligo di registrazione – anche se nessuno è mai riuscito a definire in modo soddisfacente che cosa è una “testata giornalistica” in rete.

Usenet, forum, P2P… be’, qui è un po’ più difficile. Una piazza? un mercato? una bacheca? un suk?

Poiché appunto sono estensioni analogiche di vecchie categorie, la realtà ormai scappa da tutte le parti.


Prendiamo in mano un buon vecchio libro, e pensiamo di che cosa si tratta, da un punto di vista concreto, materiale, prescindendo dalla normativa che ne regola la produzione e la circolazione.

Il libro è prodotto in grandi stabilimenti industriali, con una tiratura predeterminata, e costi proporzionali alla tiratura. Non può essere riprodotto agevolmente con strumenti semplici. Se voglio comunicare ad un amico le informazioni che ho trovato in un libro, la cosa migliore è regalarglielo, o imprestarglielo (operazione che spesso coincide con la prima). Ma dal momento in gliel’ho dato, io rimango senza.

Accendiamo ora il computer, e pensiamo a quando per la prima volta ci è stato spiegato che cos’è un sistema operativo. Dentro la memoria del computer le informazioni sono organizzate sotto forma di file. Le operazioni fondamentali sono: copiare un file, spostare, cancellare

Da un punto di vista tecnico (di nuovo, prescindendo dalla normativa) il computer è essenzialmente questo: una macchina che maneggia informazioni con modalità che ne permettono l’immediata, illimitata e gratuita replicazione e diffusione.

Possiamo girarla come vogliamo, ma a questo ambiente, non a quello del libro, dobbiamo dare una regolamentazione.

Prendiamo ora una lettera (quand’è l’ultima volta che avete scritto una lettera?) Un foglio scritto pazientemente con inchiostro nero – o romanticamente azzurro, verde, marroncino seppia ecc. Una busta, chiusa (lap!), un francobollo (lap!). Si mette nella cassetta, e si aspetta con trepidazione la risposta: due giorni, tre giorni… una settimana… perché non arriva?

Si fa più in fretta con una mail, no? Più o meno è la stessa cosa, a parte che non si usa l’inchiostro verde ecc. e non si compra il francobollo. Se dopo mezz’ora non arriva niente, cominciamo ad innervosirci.

Le due forme di comunicazione hanno un aspetto importante in comune: la riservatezza. Se qualcuno, non autorizzato, apre le nostre lettere, sbircia nella nostra casella di posta, ci secchiamo, e non poco.

Però… la stessa mail può essere mandata a due, tre, trenta… destinatari. Senza fatica, senza spesa. In un click. Ci sono tanti programmini gratuiti per creare una vera newsletter. Siamo passati quasi senza accorgercene ad una comunicazione di tipo broadcasting. È un po’ più complicato, ma sempre alla portata di chiunque, creare una mailing-list. Ciò che ognuno dei corrispondenti scrive, viene letto automaticamente da tutti gli iscritti. È una cosa che con la posta normale non si potrebbe fare – neanche usando un pacco così di francobolli. Siamo passati all’agorà. Tutti parlano con tutti, tutti leggono ad alta voce sulla pubblica piazza le lettere che hanno ricevute e spedite. Questo non ha più niente a che vedere con la vecchia lettera, il francobollo, l’indirizzo svolazzante…

Internet è stata inventata per questo, non per altro. Tutti sono in contatto con tutti. È così che funziona.


Riassumendo:

  1. Stampa: comunicazione unidirezionale, pubblica, da uno (pochi) a molti.
  2. Posta: comunicazione bidirezionale, riservata, da uno a uno.
  3. Internet: comunicazione, tendenzialmente pubblica, da tutti a tutti.

La comunicazione informatica può essere inclusa nei due sistemi precedenti, a patto però di limitarne enormemente le potenzialità.

Le regole fissate nell’800 per le forme 1 e 2 non si adattano alla comunicazione di tipo 3. Sarebbe come costruire il Codice della Strada partendo da norme emanate al tempo in cui si trasportavano le merci su carovane di muli attraverso i valichi transalpini.

Le potenzialità tecniche prima o poi abbattono le normative irrazionali. Con l’invenzione dell’automobile, abbiamo un sistema di trasporto molto più veloce di un mulo. Certo, è necessario imporre, per esempio, un limite di velocità. Ma deve essere un limite coerente con le caratteristiche tecniche del mezzo che vogliamo regolamentare.

C’è una strada in mezzo alla campagna, un bel rettilineo di quattro corsie, pulito, con le righe bianche verniciate di fresco, senza ostacoli. Il limite è di 90kmh. Vabbe’, non pretendiamo che andiate proprio ai 90, magari si spinge un po’, ai 100, ai 110… Chi non l’ha fatto. Ma se tirate fino ai 220, 240, 260, siete proprio dei pazzi. 90 è un limite ragionevole.

Ecco, in quel rettilineo dove tutti vanno a 90 all’ora, o poco più, improvvisamente compare un cartello: LIMITE 20KMH. È una follia. Nove su dieci proseguono senza badarci. “C’era il limite? Ah sì? tu l’hai visto? E di quanto?” Uno su dieci si butta sul freno, inchioda, e si fa tamponare violentemente da quelli che vengono dietro. Un disastro.

È inutile dire: se tutti avessero rispettato il limite non sarebbe successo niente. Invece è successo. Le automobili esistono, e finché non avremo un sistema di trasporto migliore, ci teniamo quelle. Sono state fatte per viaggiare più velocemente di un mulo – anche di un mulo da corsa che va a 20kmh. Non le possiamo disinventare. Non possiamo trasformare il traffico in un’assurdità tecnica solo perché il sindaco di un piccolo comune ha le paranoie.

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