Lunedì 15 luglio 2002    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO IV

Collocazione dei segni d’interpunzione.

§ 1. Dopo avere a parte a parte studiato le diverse maniere delle proposizioni e la loro collocazione reciproca, è questo il luogo opportuno di determinare l’uso da farsi dei segni d’interpunzione, come di quelli che prendon norma dal senso, e secondano le pose or più forti, or più deboli, che cadono fra l’un pensiero e l’altro.

Senza parlare di quei segni che hanno un valore fisso e chiaro di per sè, come il punto interrogativo, l’ammirativo, le virgolette, ed altri (vedi la Grammatica); noi ci arresteremo su quelli che governano il vario e molteplice procedere del sentimento nelle proposizioni, nei gruppi di esse, e nell’intero discorso, e indicheremo quelle norme generali che la maggior parte degli scrittori moderni sogliono seguire; lasciando molte eccezioni al criterio od al gusto di chi scrive. Tali segni si riducono a quattro: alla virgola, al punto e virgola, a’ due punti ed al punto, o punto fermo; oltre la parentesi.

§ 2. La virgola. La virgola vale a notare graficamente una leggiera interruzione o sosta fra pensiero e pensiero.

I. Fra proposizioni legate per subordinazione si suol porre la virgola, e quando la subordinata vien dopo alla sua principale o reggente, la virgola si colloca innanzi alla congiunzione da cui incomincia. Nessun maggior segno d’essere poco filosofo e poco savio, che volere savia e filosofica tutta la vita. Leopardi. – Quando è finta, la malinconia per breve spazio può piacere. Leopardi.

Se la subordinata posposta è una consecutiva (P. II, cap. VI, § 22) e se l’avverbio (tanto, di modo, talmente ecc.) precede immediatamente il che, la virgola si prepone per lo più all’avverbio, eccetto il caso che il senso richieda una forte posa dopo di esso. Cominciò ad accarezzarla con impiastri ...., tanto che la vita sua divenne la più agiata. G. Gozzi. – Al contrario: Il principio di creazione .... vi s’incarna per guisa, che vi è causa ed effetto insieme di ogni bellezza. Gioberti.

Non prendono la virgola le soggettive od oggettive e le interrogative indirette, quando sono posposte alla loro reggente. Stimo che molto ne diminuisse la fama sua: Boccaccio. – Al contrario: Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno, era cosa troppo evidente. Manzoni.

Se però si volesse dare a una sentenza maggior forza ed autorità, si potrebbe, anche nel primo caso, porre la virgola; come pur si porrebbe in caso di trasposizione, p. es. Non creda però il lettore, che io sia ingiusto verso i Francesi. Gioberti.

Le proposizioni attributive che seguono ad un sostantivo, premettono la virgola, quando tra il sostantivo ed esse stiano altre parole, ovvero quando indichino una proprietà non necessaria ad esprimersi, e specialmente quando racchiudano il senso d’una proposizione subordinata o coordinata di genere diverso. (Vedi P. II, cap. V, § 4). Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno ecc. Manzoni. – Avevano entrambi intorno al capo una reticella verde, che cadeva sull’omero sinistro. Manzoni. – Fissava gli occhi alla parte d’un monte, dove la luce del sole già scomparso si dipingeva qua e là sui massi sporgenti. Manzoni.

Non premettono la virgola, quando spiegano il sostantivo precedente, e ne compiono il concetto. Vide una cosa che non s’aspettava. Manzoni. – Dirò dell’altre cose ch’io v’ho scorte. Dante.

Anche per le proposizioni implicite, valgono le stesse regole, eccettuati quelli infiniti che, per la brevità della frase, diventano veri complementi, i quali non prendono virgola, specialmente se siano posposti; p. es. Mangiare per vivere, Vivere per mangiare.

II. Fra proposizioni coordinate, o esplicite o implicite, senza le cong. e, o, , si mettono necessariamente le virgole. Noi siamo mobili, ritrose, sospettose, pusillanime. Boccaccio. – Allorchè i boschi, i monti, i prati sono tutti fronzuti, erbosi e fioriti. Caro. – Dafni se ne calava or in qualche canniccio,... or saliva al bosco,... or si metteva sopra certi pelaghetti ecc. Caro. – Entra in camera, s’avvicina al letto, il saluta. Segneri.

Costumano alcuni ometter le virgole in una serie di parole coordinate senza congiunzione, ma non sono, per mio avviso, da imitarsi.

Se le congiunzioni e, , o, in una proposizione composta, uniscono due o più elementi uguali, senza che vi abbia progressione d’idee o ragione di pausa fra l’uno e l’altro, non si mette la virgola: in caso contrario, vi si mette. Io persuado e costringo tutti gli uomini gentili a sopportare ogni giorno mille fatiche e mille disagi, e spesso dolori e strazi, e qualcuno a morire gloriosamente ecc. Leopardi. – A poco a poco cominciò a scoprir campanili e torri e cupole e tetti. Manzoni. – Non sono state mai visteconosciute. Leopardi. – Si avvedevano di qualche stella o pianeta. Leopardi. – Nè in casaa cielo aperto io mai poteva salvare. Leopardi. – Il piacere è sempre o passato o futuro, e non mai presente. Leopardi.

Se tali congiunzioni uniscono più proposizioni ben distinte, si suole inframmettervi sempre la virgola. Sospirava la venuta del giorno, e misurava con impazienza il lento scorrer dell’ore. Manzoni. – Quelli che non sono dimesticati al meditare, o che non sono atti a pensare profondamente. Leopardi. – Non avendo la facoltà .... nè di sciorre e dividere le proprie idee ecc., nè di ragunare e stringere insieme un buon numero di esse idee, nè di contemplare colla mente ecc. Leopardi.

III. Gli elementi d’una medesima proposizione, anche complessa, non inframmettono la virgola, eccetto il caso che siano separati notabilmente dall’idea che modificano, o possano comecchessia generare equivoco od incertezza, o servano di passaggio da un concetto all’altro. Non con altra logica discorre intorno ai prossimi la maggior parte degli uomini. Leopardi. – Le focose parole di Pompeo Colonna vescovo di Rieti al popolo romano nella malattia di papa Giulio ecc. Giordani. – Sopra tutto, non si lasci uscir parola su questo avviso che le abbiamo dato per suo bene. Manzoni. – Quanto a vera eloquenza, io ardirò .... pronunciare un’opinione ecc. Giordani. – Sta’, come torre, fermo (in costruz. regolare Sta’ fermo come torre). Dante.

Qui per altro gli scrittori procedono molto variamente, o spesseggiando le virgole, anche senza necessità, come il Manzoni; o diradandole; come il Leopardi e il Giordani.

L’apposizione, quando consiste in una parola o frase che, a modo d’aggettivo, determina un sostantivo, non inframmette la virgola; p. es. Alfonso il Magnanimo, Plinio il giovane ecc., Carlo imperatore; la inframmette bensì, quando, dopo un sostantivo od una proposizione, forma un concetto nuovo che illustra il primo. Lecco, la principale di quelle terre ecc. Manzoni.

IV. Tanto le proposizioni, esplicite, quanto le implicite si chiudono tra due virgole, allorchè diventano incidenti, cioè quando sono inserite in mezzo agli elementi di un’altra proposizione. Quanto alle implicite, bisogna però distinguer due casi:

se l’incidente cambia soggetto, è sempre obbligo chiuderla fra due virgole; p. es. Allora Gualtieri, presala per mano, la menò fuori. Boccaccio. – Stesicoro, avendo gli Imerei eletto per generale dell’esercito Falari lor capitano ..., dopo dette l’altre cose, soggiunge questa favola. Caro.

se però l’incidente dipende dal soggetto stesso della principale, senza interruzione d’altre parole, o dopo congiunzioni, si può omettere, salva la chiarezza, la virgola precedente. – Gli uomini compiacendosi insaziabilmente di riguardare il cielo e la terra .... crescevano con molto contento. Leopardi. – Molti ridendo a questi miei vani pensieri, giudicheranno temerario ecc. Giordani. – Alcuni scritti .... sono perpetuamente esclusi dalla celebrità, o stati pure in luce per breve tempo, cadono e si dileguano. Leopardi. – Niuno intende, che e quale sia propriamente il perfetto scrivere. Ma non intendendo questo, non può neanche avere ecc. Leopardi.

Si chiudono sempre fra virgole, o fra virgola ed altra maniera d’interpunzione, le frasi vocative. (Vedi P. I, cap. XIII, § 23 [Sic. In realtà P. I, cap. XIII, § 29 Red.]). Io ardirò, carissimo Gino, pronunciare un’opinione ecc. Giordani.

Il porre o tralasciare la virgola dipende in tanti casi dalla chiarezza del senso; p. es. L’arte di rompere il discorso, senza punto slegarlo come fanno i Francesi, bisogna impararla dai Greci e da’ Trecentisti. Leopardi. Qui se dopo slegarlo si fosso posta una virgola, si veniva a dare ai Francesi una lode anzichè un biasimo, come intendeva l’autore. Talora la virgola, se la chiarezza lo richieda, tien luogo d’un verbo sottinteso. Ambi (ambedue) ne acquistarono odio, Ottone appresso, l’esiglio. Davanzati.

§ 3. La parentesi. Alcune proposizioni o complementi, talora incidenti, talora no, o dipendenti dagli altri o affatto separati e soli, si chiudono fra parentesi, ponendo la punteggiatura richiesta dal senso avanti o dopo; sia perchè non offuschino il senso generale del periodo, sia perchè vengano maggiormente calcati e messi in rilievo. Chiunque poi vive in città grande .... io non so (eccetto se, ad esempio tuo, non trapassa in solitudine il più del tempo) come possa mai ricavare dalle bellezze o della natura o delle lettere, alcun sentimento tenero o generoso ecc. Leopardi. – In quanto a quel signore (Dio gli perdoni!) vorrei piuttosto morire, che cader nelle sue mani. Manzoni. – Questo miracolo (per me è miracol vero) nacque in Recanati. Giordani. – Tali sono (oltre le tante notate da’ moralisti pensatori) le conseguenze di questo sistema. Manzoni.

§ 4. Il punto e virgola.

I. Si usa invece d’un’altra virgola, dopo una serie di parole o proposizioni divise da virgole, che costituiscono un membro del periodo (Parte I, Preliminari, § 21). La quale statua rappresentavala con un elmo in piano, intenta a mirarlo, con dimostrazione di compiacersene, in alto di volerlosi recare in capo; e a’ piedi alcuni volumi ecc. Leopardi.

II. Per dividere con più forza proposizioni coordinate, che stiano in un certo contrasto reciproco, onde si esiga fra l’una e l’altra una forte posa. Ingrato è chi il beneficio nega; ingrato è chi il disinfinge (lo dissimula); ingrato è chi noi rende; ma ingratissima è sopra tutti chi dimenticato l’ha. S. Concordio.

III. In generale, per separare varii membri del periodo coordinati o subordinati, ma tali che formino un tutto. Coordinati: Scorri col guardo tutta la gran famiglia degli scrittori, e vedrai che quanti aspirarono ad una classica fama e l’ottennero, tutti posero studio, egli è vero, nella imitazione degli antichi, ma senza abbassarsi ad una stupida servitù; tutti intesero accortamente a formarsi uno stile che fosse loro e non d’altri; tutti ebbero un carattere loro proprio, e obbedirono all’arte senza scostarsi dalla natura; la quale, chi bene la osserva, largisce a tutti un ingegno proprio, come una propria fisonomia. Monti. – Subordinati: Al tempo che, giovanetto, io mi riduceva talvolta nel mio piccolo Bosisio; conosciutosi per la terra ch’io soleva attendere agli studii, e mi esercitava alcun poco nello scrivere; i terrazzani mi reputavano poeta, filosofo, fisico, matematico, medico, legista, teologo e perito di tutte le lingue del mondo; e m’interrogavano .... sopra qualunque punto ecc. Leopardi.

§ 5. I due punti.

I. Si mettono i due punti; quando l’un membro del periodo è spiegazione o ampliamento del precedente. La sua andatura era affaticata e cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante: c’era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un’anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Manzoni. – Vede la donna un’altra meraviglia Che di leggier creduta non saria: Vede passare un gran destrieri alato, Che porta in aria un cavaliero armato. Ariosto.

II. Nei passaggi da una materia ad un’altra. Abbiamo detto delle naturali. disposizioni del corpo ora diremo delle naturali disposizioni dell’animo; ed intorno a ciò diremo sei cose. Cavalca.

III. Innanzi alla enumerazione delle parti dopo avere accennato il tutto; o innanzi la conclusione dopo la enumerazione. Poichè lasciar gli avviluppati calli, In lieto aspetto, il bel giardin s’aperse: Acque stagnanti, mobili cristalli, Fior varii e varie piante, erbe diverse ecc. Tasso. – Chi gridava, chi minacciava, chi garriva, chi si raccomandava: un trambusto era il maggiore del mondo. Lasca.

IV. Innanzi a un detto o ad un discorso che si riporta in modo diretto. De’ giusti tribolati dice il Salmista: molte sono le tribulazioni del giusto, e di tutte lo delibera (libera) Dio. Passavanti. – La madre ...., le stese sopra un panno bianco, e disse l’ultime parole: addio, Cecilia! riposa in pace. Manzoni.

V. Dinanzi ad una lunga o molto importante apposizione (vedi qui sopra, num. I) che aggiunga un pensiero inaspettato. Giuseppe Parini fu alla nostra memoria uno de’ pochissimi Italiani che all’eccellenza nelle lettere congiunsero la profondità dei pensieri, e molta notizia ed uso della filosofia presente: cose oramai sì necessarie alle lettere amene, che non si comprenderebbe come queste se ne potessero scompagnare, se di ciò non si vedessero in Italia infiniti esempi. Leopardi.

§ 6. Il punto fermo. Collocare il punto fermo val quanto chiudere il periodo. Ora siccome non può determinarsi, così in generale, quando un periodo debba finire, è anche impossibile fissare la collocazione del punto fermo.

La maggiore o minor lunghezza dei periodi dipende da due cose; dallo stato dell’animo di chi parla, solendo i periodi esser brevi, quando l’animo è agitato, e più lunghi, quando si parla tranquillamente; dipoi dalla qualità dello stile, facendosi più brevi nel parlar familiare (come nelle lettere familiari e ne’ dialoghi) e, in generale, nello stile della poesia; più lunghi nello scrivere elaborato e dignitoso (come nelle orazioni, nelle storie, ne’ trattati): le quali cose prendon regola dall’arte rettorica, non dalla scienza grammaticale. Diremo bensì, in generale, che il periodo si deve chiudere, quando allo scrivente importa che un concetto si stacchi affatto dal precedente; sia perchè non faccia vera continuazione a quello; sia perchè il concetto seguente abbia nel suo genere un’importanza non minore del precedente. Quindi, tanto ci può essere un periodo di una riga o di mezza riga, quanto un periodo d’un’intera pagina (intendendo sempre per periodo quello che è chiuso dal punto fermo). P. es. La cena non fu molto allegra. I due convitati avrebbero voluto godersela con tutto loro comodo; ma l’invitante ecc. non vedeva l’ora d’andarsene. Manzoni. – Qui non si poteva dopo allegra porre due punti, perchè il pensiero seguente, così senza la congiunzione poichè (vedi P. II, cap. IX, § 18), non continua il precedente, ma sta in contrasto con esso. Invece nelle lunghe enumerazioni di cose prima accennate tutte insieme, o che vanno poi raccogliendosi in una, sarà da preferirsi l’unire le diverse parti in un solo periodo, dividendole soltanto coi due punti o col punto e virgola. P. es. Talvolta io mi ho sentito crollare il tetto in sul capo pel gran carico della neve; tal altra, per l’abbondanza delle piogge, la stessa terra, fendendosi, mi si è dileguata di sotto ai piedi; alcune volte mi è bisognato fuggire a tutta lena da’ fumi, come fossi colpevole verso loro di qualche ingiuria. Molte bestie salvatiche, non provocate da me ecc. mi hanno voluto divorare; molti serpenti avvelenarmi; in diversi luoghi è mancato poco che gl’insetti volanti non mi abbiano consumato infino alle ossa. Leopardi. Qui appar chiaro che vi era materia per due periodi, poichè si discorre di due cose diverse e ugualmente notabili; primo, dei danni venuti dalle intemperie, poscia, di quelli venuti dalle bestie: ma appare altresì chiaro che i varii danni iella prima specie, come i varii della seconda non potevano essere l’uno dall’altro separati anzi sconnessi, mediante il punto fermo.

Sono pertanto degni di biasimo, e contraffanno all’indole della lingua italiana coloro che seminano i punti fermi ad ogni momento, cincischiando così le parti d’un medesimo concetto, che dovrebbero andare unite. Mentre, per lo contrario, bene procacciano coloro che fanno periodetti brevissimi, quando i pensieri naturalmente si staccano l’un dall’altro e si contrappongono; p. es. Tutto è possibile al mondo. Crediamo che possa venire una concordia del buon giudizio colla grande fortuna. Speriamo che i grandi imparino a meglio donare. Felici loro, e felice il mondo, quando e’ lo avranno imparato! Giordani. Qui i pensieri non rampollano l’uno dall’altro, ma nascono tutti successivamente e separatamente, da un animo agitato; e però si richiedevano tutti que’ punti fermi.

fine


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