Martedì 7 agosto 2001    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO XIII

Uso degli articoli.

(Gramm., P. II, cap. II)

§ 1. Natura dell’articolo. La nostra lingua, pittoresca com’essa è di natura, usa far precedere i nomi sostantivi, o qualunque parola adoperata a maniera di nome sostantivo (quando venga riguardata come cosa individua), da una voce dimostrativa, sempre proclitica, detta articolo, che, come osservammo nella Grammatica (I, II, 3 e 9) risulta da due pronomi: il o lo, la, ed un, una. Differiscono fra loro in ciò, che il primo indica l’individuo in particolare (come quel tale); il secondo lo indica in generale. cioè semplicemente come appartenente a un dato genere (uno di quelli). Il primo dicesi articolo determinato, il secondo indeterminato. Mediante gli articoli possono divenire sostantivi tutte le parti del discorso (vedi addietro, cap. I, § 16).

§ 2. Articolo determinato. L’articolo il lo la adunque si premette ai nomi sostantivi, quando sono adoperati individualmente in un senso determinato. I nomi possono essere determinati da sè stessi, o determinarsi dal contesto del discorso.

§ 3. Nomi determinati di per sè. Nomi determinati da sè stessi son quelli che significano cose uniche in natura, p. es. il sole, la luna, la terra; i nomi di materia, l’oro, il rame, il vino; i nomi proprii di nazioni, di grandi isole, di fiumi, di monti, di laghi, p. es. la Francia, la Corsica, il Tevere, l’Appennino ecc. ecc.; i nomi usati in senso d’antonomasia, p. es. la società, la Provvidenza – La calamita ha due nemici: l’uno è il fuoco, il quale toglie affatto la virtù sua di tirare; l’altro è il diamante, il quale non toglie a lei veramente la sua virtù, ma le toglie l’uso. Segneri.

Quanto alle eccezioni, vedi più oltre.

§ 4. Tali pur sono i nomi di tutte le altre cose, quando vengono adoperati per designare in totalità un genere od una specie; p. es. l’uomo (cioè, il genere umano, tutti gli uomini); il poeta (chiunque è poeta); l’artefice; la città (l’essere di città, qualsivoglia città); il libro; la casa; la virtù; la giustizia ecc. Io ho sempre inteso l’uomo essere il più nobile animale, che tra i mortali fosse creato da Dio. Boccaccio. – In tanto numero ed ampiezza di scienze .... lo studioso è necessitato a sforzarsi di abbracciarle tutte. Leopardi. – La virtù è un abito dell’animo ad eleggere ciò che nel mezzo dimora. S. Concordio. – La modestia ingentilisce e consolida la speranza. Tommaseo.

§ 5. Quindi i plurali tutti, quando rappresentano una totalità compiuta di cose, si usano coll’articolo. La stessa industria e fatica che i filosofi e gli scienziati (cioè tutti quanti ce ne sono) usano a procurare la propria gloria, coll’andare del tempo sono causa o di spegnerla o di oscurarla. Leopardi. – E vedremo che molte eccezioni nell’uso dell’articolo non vanno oltre il singolare.

§ 6. Nomi determinati dal contesto sono i seguenti:

quelli che corrispondono a persone o cose già nominate o conosciute, o di cui si tratta in una data narrazione o relazione. Avendo mostro (mostrato) il nascimento di Firenze .... resta ora a narrarsi le inimicizie tra il popolo e la plebe (cioè, il popolo e la plebe di Firenze). Machiavelli. Se si parla del tempo nostro, il Papa senz’altro indica Leone XIII; se si parla d’Italia, il re vale Umberto I e così via discorrendo.

Appartengono a questa specie molti aggettivi e pronomi sostantivati, di cui vedi i capitoli precedenti [sopratttutto cap. II § 4, cap. IX § 8, cap. X § 6 segg.; Red.].

Quelli che si enunciano come appartenenti al soggetto stesso della proposizione o del discorso (dove l’articolo fa in certa guisa le veci del possessivo suo). Ramengo da Casale avea il collo toroso, le braccia corte e nerborute, i capelli rossi, ispidi e folti. Grossi. – È curioso a vedere che quasi tutti gli uomini che vagliono molto, hanno le maniere semplici. Leopardi. – Ecco ad uno squillo di tromba uscir dai due padiglioni bianchi dodici cavalieri colla sopravveste bianca e le piume bianche nel cimiero. Grossi;

quelli che sono espressamente determinati da complementi, attributi, proposizioni relative ecc. insomma da parole antecedenti o seguenti. È buono che noi assaggiamo del vino di questo valentuomo. Boccaccio. – Dentro alla sua casa la ricevette, e di quella nel suo giardino la condusse. Boccaccio. – Queste difficoltà e miserie .... sono ricompensate abbondantemente dalla fama, dalle lodi e dagli onori che frutta a questi egregi spiriti la loro grandezza. Leopardi.

§ 7. Articolo indeterminato. L’articolo un si premette ai nomi sostantivi, quando sono presi in senso indeterminato, cioè quando la cosa da loro significata si enuncia come nota solo nel suo genere, non in sè stessa come individuo; p. es. una casa, un uccello, un uomo, cioè un individuo incognito di quel genere casa, uccello, uomo, che io conosco. In Roma vi fu un giovane, chiamato Pietro Boccamazza, il quale s’innamorò d’una bellissima e vaga giovane, chiamata Angiolella. Boccaccio. – Quella che dinanzi veniva, recava in sulle spalle un paio di vangajuole (specie di reti) e nella destra aveva un baston lungo: l’altra che veniva appresso, aveva sopra la spalla sinistra una padella, e sotto quel braccio medesimo un fascetto di legne, e nella mano un treppiede; e nell’altra mano una facellina accesa. Boccaccio.

§ 8. Uso di un in senso traslato. Coi nomi indicanti cosa unica nel suo genere e perciò, a tutto rigore, priva d’individui (come la materia, ed i concetti astratti) si adopera un soltanto in senso traslato p. es. un sole, una luna per significare un fenomeno, una fase del sole, o della luna; un fuoco, un’acqua per significare una fiamma di fuoco, una quantità di acqua ecc. collo stesso senso che prendono i plurali di tali nomi (vedi addietro, cap. I, § 2). Così dicesi un oro per dire una qualità d’oro; un ferro, un coltello od una spada di ferro; un pane, cioè una pagnotta.

I nomi astratti di senso generale, costruiti con un, pigliano pur essi senso particolare: una delizia, un dolore, un piacere, nel senso di una cosa deliziosa, un patimento, una sensazione piacevole.

§ 9. L’articolo partitivo indeterminato del. La nostra lingua, per significare una parte o quantità indeterminata d’una cosa, usa la preposizione articolata del, della; e così per indicare un numero indeterminato di cose separatamente prese da un dato genere, usa il plurale dei, delle. Si chiamano articoli partitivi e differiscono dai pronomi un poco, qualche, alcuni e sim., perchè sono più indeterminati. Posta la padella sopra il treppiè e dell’olio messovi, cominciò ad aspettare che le giovani gli gittassero del pesce. Boccaccio. – Alcuna volta è addivenuto (avvenuto) che per guardar quella (la vita) senza colpa alcuna si sono uccisi degli uomini. Boccaccio. – Cominciarono a poco a poco a farvi delle casette. Giambullari. – E non sono mancati degli amici che hanno dato le soluzioni alle sue sofisterie. Caro. – Allora mandò de’ suoi compagni a Bologna e in Lombardia. Fioretti S. Francesco. – Lo zelo fa de’ nemici. Manzoni.

§ 10. L’articolo partitivo si usa più spesso coll’oggetto diretto, ma anche col soggetto, specialmente quando il verbo che ne dipende sia intransitivo e anteceda ad esso (vedi qui avanti l’esempio quarto). Si usa pure (benchè sia raro ne’ buoni scrittori) dopo le preposizioni con, a e talvolta per. Questo che esso dice ho già udito dire a degli altri. Bembo. Con tai parole e con dell’altre assai Si sono orribilmente disfidati. Berni. – Son venuto per del pane. Caro. – Egli parla con delle parole e delle forme di dire che non l’ha nessuno nè degli antichi nè de’ moderni. Giampaolaggine. – Diede di piglio a de’ sassi. Omelie di San Gregorio. – Assisa sopra la riva con de’ fiori in grembo faceva ghirlande. Caro. – Vedrete una piazzetta con de’ begli olmi. Manzoni. – Non si deve usare nè dopo da nè dopo di, poichè ne verrebbe cattivo suono.

Gli scrittori più eleganti usano di rado dell’articolo partitivo, preferendo, quando si può, il nome senza articoli. Vorrebbesi fare con belle galle di gengiovo (zenzero) e con bella vernaccia. Boccaccio. – Egli s’accorse l’abate aver mangiato fave secche, le quali egli di nascosto portate vi aveva e lasciate (invece di delle fave). Boccaccio. – Donatile doni quali a lei si confacevano. Boccaccio.

§ 11. eccezioni coi nomi proprii. Rifiutano, per regola generale, gli articoli:

i nomi proprii d’individuo umano o di animale o di cosa inanimata, quando sono in numero singolare e non preceduti da un aggettivo; p. es. Così Pampinea cominciò a parlare .... Ma Filomena disse .... Costituisco Parmeno, familiar di Dioneo, mio siniscalco .... Calandrino semplice, vedendo Maso dir queste parole con un viso fermo e senza ridere, quella fede vi dava che dar si può a qualunque verità è più manifesta. Boccaccio. – Lucia entrò nella stanza terrena, mentre Renzo stava angosciosamente informando Agnese. Manzoni. – Dopo non molto giunse Brigliadoro (un cavallo). Ariosto.

Nel parlar familiare di Firenze i nomi proprii d’individuo femminile ricevono sempre l’articolo determinato; la Lucia, la Francesca, la Bice ecc. ecc. e quest’uso potrà star bene nella novella e nel dialogo, quando si parli di donne non storiche e in un linguaggio confidenziale. Chiamata un dì la Giannetta .... La Giannetta divenuta tutta rossa ecc. Boccaccio.

§ 12. Debbono però anche i nomi proprii prendere l’articolo, quando stanno in senso traslato, come il Dante per l’opera di Dante, un Raffaello per un quadro di Raffaello; l’Ugolino, il Farinata, l’Amleto, cioè i noti personaggi tipici rappresentati da Dante e dallo Shakespeare. Un co’ nomi proprii ha spesso il senso di persona simile a quella indicata; p. es. un Dante, un S. Agostino, per dire un uomo del valore di Dante, di S. Agostino (vedi addietro, I, 12). Altre volte indica persona sconosciuta a noi per altro che per il nome; p. es. un Giovanni, un Pietro nel senso di uno che si chiama Giovanni ecc. ma più spesso si dice un certo Giovanni, un certo Pietro.

§ 13. Coi nomi di famiglia. Anche i nomi di famiglia o di gente dei Romani rifiutano l’articolo determ. p. es. Cicerone, Scipione, Augusto, Cesare ecc. Gli altri tutti, quando non sono preceduti dal nome individuale, vogliono, per regola, l’articolo; l’Alighieri, il Monti, il Parini, la Colonna, Vittorio Alfieri, lo Sparecchia, il Barbarossa. Pur talvolta, per eccezione, si può omettere, p. es. Che far doveva autorità? deporse, Gridò fiero Parini. Monti.

Si eccettuano alcuni cognomi celebri, divenuti molto popolari e riguardati come nomi proprii; p. es. Lutero, Calvino, Melantone, Colombo ecc. i quali o rifiutano l’articolo, o possono ometterlo.

§ 14. coi nomi geografici. Rifiutano l’articolo anche i nomi proprii di città, castelli e terre. Napoli non era terra da andarvi per entro di notte .... Ben cento miglia sopra Tunisi .... Tu se’ vicina a Susa in Barberia. Boccaccio. – Lecco, la principale di quelle terre, giace poco discosto dal ponte. Manzoni. – Lo richiedono però alcuni pochi nomi, come l’Aja, il Cairo, la Mirandola, la Roccella ecc.

Fra i nomi di monti possono lasciare l’articolo solo quelli delle antiche favole greche, Ida, Olimpo, Ossa, Parnasso, Elicona ecc. ma in prosa si preferisce accompagnarli coll’articolo anch’essi. Tra i nomi di fiumi soltanto Arno si può usare senza articolo, specialmente dopo preposizione.

§ 15. Col nome iddio. Il nome Dio o Iddio si usa senza articolo soltanto quando denota il vero ed unico Dio (come nome proprio ed individuale). Se Dio mi salvi, questo è mal fatto. Boccaccio. – S’egli avesse avuto la conoscenza del vero Dio, egli era più che uomo e meno che Dio. Guido Giudice.

§ 16. Con voci indicative. Gli articoli si omettono regolarmente in moltissimi casi, specialmente nei seguenti:

davanti a quelle parole che hanno di per sè forza indicativa. Tali sono i pronomi personali puri (vedi addietro, cap. VI), alcuni dei pronomi dimostrativi, sì determinati come indeterminati (vedi cap. VIII e IX), alcuni dei relativi (vedi cap. XII).

§ 17. Con pronomi personali. Tu, voi, lei, ricevono l’articolo determin., quando si vuole indicare il diverso modo di rivolgere il discorso a qualche persona o cosa personificata; p. es. il tu, il voi non mi piacciono, voglio il lei, e specialmente nelle frasi dare del tu, del voi, del lei; ma nell’uso parlato si sente anche dire dar di tu, di lei.

§ 18. col pronome uno. Il pronome uno nel plurale si costruisce sempre coll’articolo determinato. Immaginai di voler fare siccome fecero i Saguntini e gli Abidei, gli uni tementi Annibale Carlaginese, e gli altri Filippo Macedonico. Boccaccio. – Nel singolare, quando sta in una stessa proposizione con l’altro, richiede l’articolo. Quindi: l’uno e l’altro, l’una e l’altra, l’un l’altro, l’un coll’altro, l’un dall’altro ecc. l’una l’altra cosa è in podestà mia. Leopardi. – L’un l’altro ha spento. Dante. – Anche in diverse proposizioni gli scrittori preferiscono l’uno. L’un fu tutto serafico in ardore, L’altro per sapienza in terra fue di Cherubica luce uno splendore. Dante. – L’una vegghiava a studio della culla .... L’altra .... Favoleggiava con la sua famiglia ecc. Dante.

Nel parlar vivo si suole tralasciare l’articolo, e dire uno, l’altro, anche nella medesima proposizione; p. es. Fra un occhio e l’altro; fra una faccenda e l’altra. – Erano stati condannati al pari di noi, uno a 20 anni, l’altro a 15. Pellico. – Diciamo, p. es. di queste carte una è bianca, l’altra è rossa.

§ 19. con tutto. Il pronome quantitativo tutto usato aggettivamente rifiuta sempre gli articoli. Tutte le notti si lamenta e piagne. Petrarca. – Cominciò a riguardare alle maniere di tutti i cortigiani. Boccaccio. – Gli uomini tutti lodarono il novellare. Boccaccio.

Usato come sostantivo prende l’articolo soltanto quando sta in relazione con un’altra idea; p. es. il tutto e la parte. Uno finisce troppo le parti ad una ad una e poi nel tutto .... è infelice. Prose Fiorentine. – Gli amici sieno quasi parte di un tutto. Dante. – Al contrario: Quel savio gentil che tutto seppe. Dante.

§ 20. Col relativo che. Il relativo che prende l’articolo determinato nei casi indicati (cap. XII, § 15): prende l’articolo indeterminato, quando significa qualche cosa, e allora suol precedere una frase partitiva, p. es. Un che di peregrino e di gentile. Sono molte le frasi che se ne formano: un bel che, un minimo che, un certo che, un non so che ecc.

§ 21. Coi pronomi possessivi. I pronomi possessivi rifiutano per lo più l’articolo determinato, quando precedono immediatamente uno de’ seguenti nomi di parentela nel numero singolare: padre, madre, figlio, figlia (non figliuolo, nè figliuola), nonno, nonna, fratello, sorella, zio, zia, nipote, marito, moglie, cognato, cognata, cugino, cugina, suocero, suocera, genero, nuora. Con altri nomi di parentela l’articolo si conserva, e con questi pure, quando siano alterati (vedi addietro, cap. IV) o seguiti da un aggettivo. Io il dirò a mio fratello. Egli ha tua sorella per moglie. Io voglio che tu vada e meni teco tua moglie. Voi dalla povertà di mio padre togliendomi, come figliuola cresciuta m’avete. Boccaccio. – Mio figlio ov’è, o perchè non è teco? Dante. – Vostra sorella mi mandò a casa Monna Lessandra vostra zia per questi imbrogli. Cecchi.

Al contrario si deve dire il mio fratellino, la sua sorelluccia, la tua nipotina, il mio padre amoroso, mio fratello Giovanni, mio padre Luigi ecc.

Questa regola vale specialmente per padre e madre. Cogli altri nomi non è sempre obbligo osservarla, massimamente in poesia, o dovunque sia necessario esprimere con più forza il concetto o dove si usino in senso metaforico. – La mia sorella, che tra bella e buona Non so qual fosse più, trionfa lieta Nell’alto Olimpo già di sua corona. Dante. – Guardando nel suo figlio coll’amore Che l’uno e l’altre eternamente spira. – La vite s’avviticchia al suo marito. Tasso. – Parlando diciamo spesso: il mio fratello, la mia sorella, il mio marito ecc.

§ 22. Con titoli d’onore. Alla stessa regola vanno soggetti i possessivi singolari sua, vostra, quando precedono immediatamente titoli di alte dignità, come maestà, Eccellenza, Altezza, Eminenza, Santità, Paternità, Signoria ecc. o soli o seguiti da un aggettivo, o dalla persona, cui si riferiscono. L’anno 1535 che Sua Maestà fu in Firenze. Varchi. – Noi due, secondo che a me pare, stiamo assai bene con Sua Altezza. Firenzuola. – Io dico che vo’ ricorrere ai piè di Sua Eccellenza Illustrissima – Sua Eccellenza Illustrissima si trova a Pisa. Lasca. – Vostra Signoria avrà inteso che il Padrone è venuto a Roma. Caro. – Si dice anche Vossignoria. Conviene che Vossignoria si disdica. Segneri.

§ 23. Nostro davanti a Signore o Signora, quando ha senso religioso o cortigianesco, rifiuta l’articolo. Quanto tesoro volle Nostro Signore in prima da San Pietro? Dante. – Viaggiando portava scoperta in faccia agli eretici la corona di Nostra Signora. Bartoli. – Non l’ho spedito prima che ieri, per le molte occupazioni di Nostro Signore. Casa.

§ 24. Alle parole che hanno forza indicativa e che perciò rifiutano l’articolo, appartengono anche certi titoli, come Don, Donna, Maestro, Frate, Sere, e quelli oggi antiquati Messere, Madonna o Monna, quando precedono immediatamente un nome proprio di numero singolare. – Don Ercole primogenito di Don Alfonso. Varchi. – Non creda Donna Berta e Ser Martino ecc. Dante.

§ 25. Anche Papa e Re dinanzi ai nomi proprii possono omettere l’articolo determinato (specialmente nei complementi, e dove non debbano molto spiccare). Di vendicar la morte di Trojano Sopra Re Carlo imperator romano. Ariosto. – Dopo la morte di Papa Innocenzo, fu eletto papa Alessandro IV. G. Villani. – Morì in Perugia Papa Benedetto XI di veleno. D. Compagni.

§ 26. Fra gli aggettivi ha forza indicativa e rifiuta l’articolo Santo o San, quando è premesso ad un nome proprio, p. es. San Giovanni, Sant’Antonio. Come dice il maestro delle sentenze di Sant’Agostino e Santo Isidoro. Passavanti. – Quanto tesoro volle Nostro Signore in prima da San Pietro? Ciò vale pure quando si voglia indicare la chiesa del Santo.

§ 27. Coi numerali. Ambedue (ambi, ambe, poet.) entrambi, tutti e due, tutti e tre ecc. vogliono che il loro sostantivo sia accompagnato dall’articolo determinato. Se ambedue i corpi concorrenti fossero materie cede ti .... si acciaccherebbero assai. Torricelli. – Allora stese al legno ambe le mani. Dante. – Fece convocare tutti e due i pacificati popoli. Boccaccio.

§ 28. In generale i numerali cardinali hanno forza indicativa, e però non prendono l’articolo, quando non si riferiscono a cose già determinate. – Tre donne intorno al cuor mi son venute. Dante. – Dalla sinistra quattro facean festa. Dante. – Si eccettua il caso che siano adoperati in senso distributivo, chè allora vogliono l’articolo; p. es. l’un per cento, il due per mille. Glie ne diè cento e non sentì le diece (dieci). Dante. – Elle non sanno delle sette volle le sei quello ch’elle si dicano. Boccaccio. – Per indicar le ore i cardinali voglion generalmente l’articolo determinato: le tre, o le ore tre; ma, quando si cita la data precisa di un avvenimento, si dice benissimo a ore tre e minuti dieci (vedi addietro, cap. V, § 3). Con l’indeterminato si comprende un complesso di cose che ascende a un dato numero incirca; p. es. un quindici anni, un cento scudi (vedi addietro, cap. V, § 6).

§ 29. Nelle frasi vocative. Gli articoli si omettono pure davanti a cosa o persona, cui si rivolga direttamente il discorso, e in generale nelle esclamazioni, dopo un’interjezione espressa o sottintesa. E a te che ne parrebbe, donna, se io così fatto genero ti donassi? Boccaccio. – Dunque sarò io, villan cavaliere, in questa guisa da voi schernita? Boccaccio. – Addio, monti sorgenti dalle acque; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi! Manzoni. – Oh gioia! o ineffabile allegrezza! Oh vita intera d’amore e di pace! Oh senza brama sicura ricchezza! Dante. Oh stolto! oh scellerato! oh perverso! disgraziato! infelice!

Sarebbe francesismo usare in quest’ultimo caso l’articolo determ. come fanno coloro che dicono: oh lo sciagurato! il furrfante! lo stolto! la graziosa!

§ 30. Omissione regolare degli articoli. In generale si omettono gli articoli tutte quelle volte che un nome viene adoperato in senso non individuale; quando, piuttosto che la cosa in fatto, si riguarda l’idea generale della medesima, come qualificazione di un’altra cosa. Ciò accade di frequente, ed eccone i casi principali.

§ 31. Cogli aggettivi e sostantivi che fanno uffizio di predicato (vedi Preliminari, § 3). La compagnia de’ buoni suol essere principio di male. Cerca la compagnia de’ buoni, chè se tu sarai loro compagno nella conversazione, tu diventerai compagno nella virtù. S. Concordio. – I Goti ripresero animo e crearono loro re Ildovaldo. Machiavelli. – Costituisco Parmeno mio siniscalco. Boccaccio.

Se però il predicato avesse un senso particolare e determinato, o se consistendo in un aggettivo dovesse sostantivarsi, allora ci vorrebbero gli articoli. Vedi la Parte II. Non si usa bene col predicato l’articolo partitivo del, dei: quindi, invece di dire questo è del pane, essi sono de’ furfanti o de’ crudeli, si dovrà dire questo è pane, essi sono furfanti, essi sono uomini crudeli (nel caso che l’aggettivo crudeli volesse sostantivarsi).

§ 32. Coll’apposizione. Coi sostantivi apposti, quando cioè dichiarano e determinano in generale il sostantivo precedente. Riconobbero Arione sonatore di cetra. Adriani il giovane. – I ragazzi s’erano messi con gran festa intorno ad Agnese, loro amica vecchia. Manzoni. – La porta era chiusa, segno che il padrone stava desinando. Manzoni.

Vi si prepongono però gli articoli, quando si accenni a qualche cosa di determinato e individuale.

Qualora l’apposizione preceda al sostantivo, cui si riferisce, vuol sempre l’articolo. È una fortuna per me il poter fare un piacere ai nostri buoni amici, i padri cappuccini, cioè: ai padri cappuccini, nostri buoni amici. Manzoni.

§ 33. Nei complementi di qualita, modo ecc. Si omette pure l’articolo, quando i sostantivi preceduti da qualche preposizione servono di complemento o specificazione ad un altro sostantivo o ad un aggettivo, indicandone le proprietà, le qualità, la materia, o quel tutto, di cui fanno parte; p. es. l’uomo di giudizio, una nave a vela, la terra da mattoni, il serpente a sonaglio, un colpo da maestro, il molino da grano, la tazza di argento, un bicchier d’acqua, un uomo degno di lode, ricco di possessioni; molte delle quali frasi si possono risolvere con un solo aggettivo, p. es. uomo giudizioso, lodevole ecc. ecc. (vedi nella P. II i capitoli, dove si tratta dei complementi [qualità: cap. II § 9; modo: cap. III § 28 Red.]):

o quando servono di complemento a un verbo, formando con esso tutta una frase, così preceduti da preposizione, come a maniera di oggetto; p. es. avere a grado, dare a guadagno, porre ad effetto, salire a cavallo, uscir di mente o di senno, alzarsi da letto, mettere in canzone ecc. – Attaccar lite, aver fame o sete; cambiar costume; dare ascolto; far caso di qualche cosa; farsi maraviglia, far vista o mostra, stringere amicizia, muover guerra, mutar aria, pigliar coraggio, porre amore a qualche cosa, prender commiato, pigliar moglie o marito, prendersi spasso o trastullo, recar noja, render conto, saper grado, trovar modo, voltar bandiera, ed altre frasi innumerevoli che si possono spesso risolvere con un verbo, come divertirsi (per prendersi spasso), essere affamato (per aver fame), annojare (per recar noia) ecc. ecc. Trar fiato, bocca aprire o batter occhi Non si vedea de’ riguardanti alcuno. Ariosto:

o quando formano frasi avverbiali di modo, tali da potersi risolvere con un avverbio; p. es. in fretta, di galoppo, adagio (ad agio), per forza, a piacere, con soddisfazione, di buon grado, di mala voglia ecc.:

o di tempo: di settembre, di maggio ecc. a giugno, a ottobre; di lunedì, di martedì ecc.; di domenica, in domenica, in marzo, in giugno, dentro febbrajo ecc.; di festa; di giorno, di notte, di mezzodì, a sera, a notte, a mezzanotte ecc. ecc.;

o di luogo e stato: per mare, per terra; in città, in villa, in campagna; in Francia, in Inghilterra (vedi qui appresso), in camera, in letto, a letto, in barca, a cavallo, in piede, in collera, in calma, in malora ecc.

I nomi dei giorni della settimana nello stile familiare stanno senza l’articolo, anche quando hanno espresso o sottinteso passato o scorso o prossimo; p. es. lunedì passato (o lunedì) partii di città; domenica prossima (o semplicemente domenica) verrò a trovarti. Così usasi, anno per l’anno passato o scorso. Tu sai che noi vi andammo anno. Sacchetti. – Ho scritto al Sig. Dottor Corazzi che anno fece un viaggio con le galere. Redi.

§ 34. Coi nomi di provincia. Anche i nomi in singolare di provincie e di grandi isole, purchè di genere femminile in a, si soggettano a questa regola dopo le preposiz. di ed in (in senso locale); p. es. il re di Francia, l’imperatore di Russia, l’ambasciatore d’Inghilterra, il vino di Spagna. – Sono in Francia, vado in Germania, vengo di Sardegna o di Corsica. Quelli di genere maschile o femminile, ma non terminati in a, vogliono l’articolo determinato: il re del Belgio, vado nel Brasile, giunsi nella Troade.

§ 35. Nei proverbii e sentenze. Si omettono spesso gli articoli davanti al sostantivo nei proverbii e nelle sentenze, appunto perchè anche quivi più che l’individuo si considera l’idea in generale. – Ape morta non fa male .... Dove manca natura, arte procura. Giusti. Proverbii. – Di cosa nasce cosa. Machiavelli. – Simigliante è usanza a natura. S. Coneordio. – Bella virtù è vergogna e soave grazia. S. Concordio.

§ 36. Nei titoli, rubriche ecc. Si omettono sempre nelle soprascritte, nei titoli, nelle date, nelle rubriche dei libri o dei capitoli; p. es. Prefazione, Introduzione, Fine, Sonetto, Capitolo, Estratto, Copia, Indice, Tomo primo, Parte seconda, Novella terza, Canto quarto, Alighieri, Petrarca Rime, Boccaccio Novelle, Vendita di vino, 23 Maggio, 30 Agosto. – Grammatica italiana, Storia d’Italia, Trattato di Filosofia, Lettere familiari di Giovanni della Casa. – Parlamento italiano, Camera de’ Deputati, Cose esterne, Cronaca della città, Stato Civile ecc. ecc.

Si conserva però l’articolo, quando il sostantivo ha un senso speciale all’opera indicata, non generale e riferibile ad una classe intera di opere; p. es. La Gerusalemme Liberata, il Paradiso Perduto, la Divina Commedia; ma nelle citazioni si sopprime anche qui l’articolo, p. es. Tasso, Ger. Liber.; Dante, Div. Commedia ecc. e parimente suole sopprimersi nelle suddivisioni dell’opera principale, p. es. La Divina Commedia. Vol. I, Inferno, Vol. II, Purgatorio ecc. Storia della letteratura italiana, Secolo XIV, Secolo XVI ecc.

§ 37. Nelle enumerazioni. Si omettono per lo più gli articoli, quando enumeriamo parecchie cose o persone, in guisa da riguardarle piuttosto come un tutto insieme, che come separati individui. – Nobili, popolani, uomini, donne, tutti voleano vederlo. Gozzi. – In un batter d’occhio, cavalieri, fornai, avventori, pane, banco, panche, madie, casse, sacchi, frulloni, crusca, farina, pasta, tutto sottosopra. Manzoni. – Io ricco, io sano, io bella donna, assai figliuoli, grande famiglia. Passavanti.

Se però le cose o persone debbono considerarsi ciascuna per la sua parte, allora si conservano gli articoli. Le provincie romane non solamente variarono il governo, ma le leggi, i costumi, il modo del vivere, la religione, la lingua, l’abito, i nomi. Machiavelli.

§ 38. Nelle frasi negative ecc. Si omettono per lo più gli articoli coi sostantivi che in posizione di oggetto o di soggetto stanno presso ad un verbo accompagnato da non, , mai non, non mai ecc. o stanno in una frase interrogativa non preceduta da non. Ma quell’altro magnanimo, a cui posta Rimaso m’era, non mutò aspetto, Nè mosse collo, nè piegò sua costa. Dante. – Il labbro non poteva proferir parola. Alfieri. – Un cappuccino non tocca mai moneta. Manzoni. – Evvi nella misera Europa o regno o provincia o principato o città, la qual non abbia in questo secolo udito su le sue porte strepito di tamburi, fragor di trombe, rimbombo di artiglierie? Segneri. – Sciagurato! non carezza materna acquietò mai il suo pianto; non bacio di padre lo rallegrò nei giorni dell’infanzia. Guerrazzi. – Ombra non gli è, segno che si paja. Dante.

Così pure dopo senza coll’infinito. Voltano le carte, e senza leggerne linea, studiano ne’ rami intagliati. Gozzi. – E in generale dopo senza, come nelle locuzioni avverbiali (vedi qui sopra, § 33). Mi trovo in alto mar senza governo. Petrarca.

In molti di questi casi però si usa anche l’articolo indeterminato. Non poteva udire una voce, nè seguire un’ombra d’uomo vivente. Leopardi. – Non aveva mai detta una parola. Manzoni.

§ 39. Parole di quantità. Si omettono spesso gli articoli con sostantivi che esprimono o lasciano sottintendere un concetto di quantità. Il selvaggio signore dominava all’intorno tutto lo spazio, dove piede d’uomo potesse posarsi (sottint. un solo). Manzoni. – Egli passava gran parte del tempo al fianco della promessa sposa. Grossi.

§ 40. nelle comparazioni. Si omettono pure spesso gli articoli dopo forme comparative, come, a guisa, a foggia, a modo di; avanti or dopo determinante un aggettivo; e spesso dinanzi all’agg. simile. Ancor l’arco riprese Com’uom che a nuocer luogo e tempo aspetta. Petrarca. – Noi facciamo oggi una festa, nella quale chi mena un uomo a modo d’orso, e chi a guisa d’uomo salvatico. Boccaccio. – In materia sì rilevante prendete un errorgrave (dove una volta è l’articolo, l’altra no). Segneri. – Che tutte queste a simil pena stanno Per simil colpa. Dante.

§ 41. Finalmente è da notare che i poeti omettono più liberamente gli articoli, specialmente dinanzi si pronomi possessivi. E compiè mia giornata innanzi sera. Petrarca. – Corda non pinse mai da sè saetta. Dante. – Pietà mi vinse e fui quasi smarrito. Dante. E Vostri alti pensier cedano un poco Sì che tra lor miei versi abbiano loco. Ariosto. – Quel giorno esser rubella Dovea fortuna alla cristiana fede. Ariosto.

§ 42. Articolo usato senza necessità. L’articolo determinato si pone anche spesso per idiotismo di lingua e senza necessità, o invece dell’indeterminato, ma con vantaggio della forza e dell’evidenza: eccone i casi più ordinarii;

con nomi numerali: Era lontano le mille miglia da un tal sospetto. Manzoni. – Non passano i quarant’anni di vita. Leopardi. – Il Giannaca è un uomo fra i trenta e i quarant’anni di vita. Gozzi. – Chi non può avere i milioni di rendita, vuol pure avere il pane cotidiano. Giordani;

nelle frasi seguenti: alzare il romor grande; far le scuse; far le feste; far la Pasqua, il Natale ecc.; far le maraviglie, dare o augurare il buon giorno, la buona sera, il buon viaggio (invece di un buon giorno ecc.) ecc.; dar la baja ad alcuno, chiedere l’elemosina; dire le bugie; aver le convulsioni; portare il lutto; muover le risa; mettere la discordia in una casa; sarebbe la bella cosa; in questa casa ci sono gli spiriti; e nelle accoglienze: tu sia il benvenuto; che voi siate i benvenuti; buon giorno, il mio caro Francesco; bene arrivate le mie care amiche, e sim.

§ 43. Ripetizione degli articoli. Una serie di due o più sostantivi, ciascuno de’ quali si userebbe coll’articolo se fosse solo, vogliono tutti l’articolo, quando, essendo uniti con e, o, o senza congiunzione alcuna, si prendano come indipendenti l’uno dall’altro; p. es. L’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso costituiscono la D. Commedia. – Lasciarono ai loro posteri gli ostri e gli ori. Segneri. – Nel fiero aspetto e nel porta mento della persona palesava lo sdegno e la rabbia ch’ella chiudeva nel cuore. C. Dati. – Si straccia i capelli e i panni. Bartoli. – Eranvi de’ cipressi, degli allori, de’ platani, de’ pini. Caro.

Ciò dicasi, all’opposto, dell’ometter l’articolo, quando e il primo e gli altri sostantivi l’ometterebbero, se fossero soli. Metteva ne’ circostanti gravità e modestia. Bartoli.

§ 44. Se però i sostantivi posti in serie sono fra loro sinonimi nel significato, o se uniti insieme formano un concetto solo, allora l’articolo del primo sostantivo serve ordinariamente anche pei sostantivi seguenti; purchè però essi non sieno diversi nè di genere, nè di numero, poichè altrimenti bisogna ripetere l’articolo a ciascheduno. Chiamavanlo alcuni grano di pepe, indotti forse .... dalla sapienza, acutezza e virtù dell’animo. Rondinelli.

§ 45. Quando un sostantivo coll’articolo è dichiarato da due o più aggettivi congiunti per e od o, l’articolo non si ripete; p. es. il grande e fertile piano. Meriggiando il leone in una bella, fresca ed erbosa selva. Esopo del Trecento.

Se però gli aggettivi debbano essere sostantivati e si riferiscano a varii soggetti, hanno bisogno anch’essi dell’articolo; p. es. la nazione spagnuola e la portoghese; gli sventurati e i felici; i Francesi o i Tedeschi; una pera fresca ed una fradicia.


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