Mercoledì 10 gennaio 2001    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO II

Uso dell’aggettivo.

(Gramm., P. II, cap. VIII)

§ 1. Aggettivo e sostantivo. Tra l’aggettivo e il sostantivo è strettissima affinità, come addimostra l’etimologia di molti sostantivi che in origine erano veri aggettivi; e noi ne abbiamo veduti parecchi parlando della formazione delle parole (Gramm., Parte III, cap. V): tali sono, p. es., i sostant. latticino, animale, boccale, casale, natale, cattedrale, pastorale, bovile, collana, pedana, copertojo, rasojo, allettativo, bevanda, faccenda, cantante, intendente ecc. ecc.

§ 2. Sostantivi sottintesi. Alcuni aggettivi lasciano sottin[ten]dere il sostantivo davanti a sè; tali sono p. es. le parole destra e sinistra che lasciano sottintendere il sost. mano, o<,> il sost. parte. E colle dita della destra scempie Trovai pur sei le lettere. Dante. – Rivolta a Panfilo, il quale alla sua destra sedea, piacevolmente gli disse. Boccaccio. – Stando l’imperatore un giorno tra questi due savi, l’uno gli stava a destra, l’altro a sinistra. Novellino. – E in plurale: la virtù de’ nostri animi e delle nostre destre. Boccaccio:

lunga, breve, corta, diritta, buona e simili, sottinteso via o strada o simile, nelle locuzioni così frequenti: andar per la breve o per la più breve, o per la più corta, prendere la diritta. Gli altri che presero la più corta riscontrarono il nemico. Davanzati. – Quest’ è Lelio: noi siam per la buona. Fagiuoli:

retta e curva, sottinteso linea: p. es. La conclusione che voi volete provare non è che la curva A C B sia più lunga della retta A B? Galilei:

gli aggettivi di un distretto, sottinteso questo sostantivo, p. es. nel Milanese, nel Fiorentino, nel Pisano, cioè nel distretto o territorio milanese ecc.:

gli aggettivi indicanti il linguaggio, sottinteso il sostantivo idioma, linguaggio o parlare, p. es. il greco, il latino, imparare il francese, il tedesco:

gli aggettivi indicanti colorito, sottinteso il sostantivo colore: il bianco, il rosso, il giallo, il verde ecc. I primi di verde erano vestiti, di bianco i secondi, ed i terzi di rosso. Lasca. – Fuggi il sereno e il verde. Petrarca.

Altri esempi comunissimi nell’uso sono: una gassosa sottint. limonata; il postale sottint. vapore o piroscafo; le segrete sottint. prigioni e altre volte preghiere (il sacerdote dice le segrete); ordinario sottintesi diversi sostantivi, come prete o confessore, o corriere, o pranzo (datemi un ordinario da due lire) o sim.; onorario, sottint. stipendio; il bruno, sottint. abito (porta il bruno di suo fratello); i trasparenti sottint. ripari, fogli o sim.

§ 3. Nelle frasi avverbiali di modo si sottintendono spesso gli aggettivi maniera, foggia o sim. (Gramm., Parte II, cap. XXVII, § 6 in fine). P. es .... alla buona, alla carlona per dire semplicemente o schiettamente; alla grande, alla familiare ecc. ecc. Brevemente risposegli e alla buona. Fiacchi. – Io avea un zio prete, uomo alla buona. Pananti. Colle buone, colle cattive, colle brusche, colle dolci ecc. ecc. cioè con dolcezza ecc. Senza che la madre e i parenti e. gli amici potessero nè colle buone colle cattive raffrenarli in parte alcuna. Varchi. – Così dicesi cappello alla marinara, alla calabrese, all’italiana, alla turca, ecc. ecc.

Anche con pronomi si lascia sottin[ten]dere il sostantivo, come vedremo a suo luogo.

§ 4. Aggettivi sostantivati riferiti a persona. Spessissimo gli aggettivi sono adoperati come sostantivi; specialmente quando si riferiscono a persona (sing. o plurale), il che può farsi in due modi. [evidentemente ci vogliono i due punti Red.]

spesso invece di porre il nome proprio o comune di una persona poco avanti ricordata, o determinata subito dopo, si designa per mezzo di un aggettivo indicante una sua qualità, desunta o dal carattere o dalla condizione fortunata o sfortunata di essa o dalla patria o nazione sua; e, più di rado, dalle circostanze particolari, in cui si trova: onde si dice p. es. alludendo a una persona determinata: il vile, lo scellerato, la temeraria, il prode, il valoroso, il magnanimo o la magnanima, il pusillanime, il meschino, il misero, l’infelice, il fortunato, e in plurale: i vili, gli scellerati; la temeraria, l’Inglese, il Toscano, la Francese ecc. O più frequentemente, sostituendo all’articolo il pronome quello, questo ecc. si dice quello scellerato, quella temeraria, quell’infelice, quel meschino, questo perverso, questa impudica, e via discorrendo. Noja sentiva, movendo la umanità sua a compassione della misera. Boccaccio. – La miserella infra tutti costoro Parea dicer (dire): Signor, fammi vendetta ecc. Dante. – Vassene il valoroso in sè ristretto E tacito e guardingo, al rischio ignoto. Tasso. – Così si accorse il pazzerello, che mal fanno coloro che voglion far, come si dice, l’altrui mestiere. Firenzuola. – Posimi a pensare di questa cortesissima. Dante. – Quel grande che canta l’arme e gli amori. Tasso. – Dissi: or direte dunque a quel caduto Che ecc. alludendo a Cavalcante ricaduto poco innanzi dentro la sua tomba infocata (Dante, Inf, c. X). – E se all’incatenata il tosco e l’armi Pur mancheranno ecc. Tasso. – Tonio, entrate. Il chiamato apri l’uscio. Manzoni. – Giace la pia col tremulo Guardo cercando il ciel. – Di quel securo il fulmine Tenea dietro al baleno. Manzoni. – È però da avvertire che quest’uso non si adatta con qualunque aggettivo, nè può farsi con pieno arbitrio dello scrittore, ma con quel certo senso della proprietà di nostra lingua, che s’impara leggendo i buoni scrittori.

§ 5. Più spesso ancora coll’aggettivo sostantivato si designa una intera specie, classe o condizione di persone, tanto in plurale, quanto in singolare, dicendo p. es. il dotto e l’ignorante, il sapiente e lo stolto, gli scellerati, i maligni, i ricchi ed i poveri, i cortesi e gli scortesi, i vivi e i morti, le belle e le brutte. È però raro il caso che tali aggettivi si riferiscano a donne, mentre coi maschi sono frequentissimi. Umana cosa è avere compassione degli afflitti. Boccaccio. – Calunniar per invidia tanti innocenti. Segneri. – Vattene e turba il sonno Agli illustri e potenti. Tasso. – Ciascuna generazione crede che i passati fossero migliori de’ presenti. Leopardi. – I timidi non hanno meno amor proprie che gli arroganti. Leopardi. – Gli andava incontro tutto il fiore delle belle di Alessandria. Vite de’ Santi. – Mi son messo a fare il bello. Pananti. – Tutti i belli si vogliono far pregare. Pananti. – Le donne antiche hanno mirabil cose Fatto nell’armi. Ariosto. – Nelle frasi fare la graziosa, la capricciosa, fare le galanti e simili altre, possono questi aggettivi divenir femminili.

Gli aggettivi di patria e nazione riferiti a persona maschia hanno sempre natura di sostantivi: non si direbbe l’uomo romano, gli uomini francesi, ma dee dirsi il Romano, i Francesi ecc.: riferiti a femmina possono sostantivarsi o no: E le Romane antiche per lor bere Contente furon d’acqua. Dante. – Non la bella Romana che col ferro Aprì ’l suo casto e disdegnoso petto. Petrarca. – Alle gentili e valorose donne pratesi. Firenzuola.

§ 6. Aggettivi sostantivati con altri aggettivi. Degli aggettivi sostantivati quelli che abbiano preso quasi natura di sostantivo possono ricevere altri aggettivi, come p. es. il fiero bandito, un sapiente umile, il ricco prodigo, il povero dispregiato, i potenti orgogliosi; il misero amante (e molti altri simili derivati da un participio presente), il debole oppresso. Volgonsi spesso i miseri profani. Dante. – Ma è contrario all’indole di nostra lingua l’appoggiare aggettivi ad altri aggettivi sostantivati che non abbiano questa forza; nè sarebbe detto bene un povero onesto, il piccolo valoroso, la bella sagace, il gentile sventurato, il generoso ardito, il magnanimo amabile, le graziose ridicole, il burbero benefico ecc. ecc.

Non si possono sostantivare due aggettivi separati da congiunzione, quando si riferiscono alla stessa persona, come se dicessimo l’ignorante e presuntuoso, dovendosi dire l’uomo ignorante e presuntuoso; ovvero, senza la congiunzione, l’ignorante presuntuoso (vedi qui sopra).

§ 7. Aggettivo in senso neutro. L’aggettivo, conservando la sua forma maschile singolare, può non riferirsi ad alcuna cosa determinata e indicare un concetto astratto da tradursi ora con un sostantivo astratto corrispondente, ora col nome cosa o cose, accompagnato dall’aggettivo stesso in femminile. Questo si chiama aggettivo in senso neutro, perchè non si riferisce a veruna cosa concreta o determinata. Anche qui si debbono distinguere diversi casi che accenneremo:

l’aggettivo è preceduto dall’articolo determinato: p. es. il vero, il bello, il giusto, l’onesto, il facile, il difficile, il buono, il cattivo ecc. nel senso di la verità, la bellezza, la giustizia ecc. o in altri casi le cose vere, belle, giuste, oneste, facili, ecc. Esempii: Le donne quando arrivano a quarant’anni perdono il bello della gioventù. Libro dell’adornamento delle donne. – Il bello non è altro che una specie particolare di bene ecc. Pallavicino. – Nel più soave del sonno vi dará [sc. darà Red.] morte. Segneri. – Altro è il bello d’una nave, altro è il buono. Bartoli. – O per difesa del giusto o per difesa dell’ingiusto verisimile è che trovate fossero le armi. Prose Fiorentine. – Sono sospinto, molestato, e infino nel vivo trafitto. Boccaccio. – Al chiaro di luna. Manzoni. – Anche in numero plurale si adoprano eccezionalmente alcuni di questi aggettivi sostantivati, ma son pochi e rari: p. es. i particolari per le particolarità; i possibili, i veri, gli universali ecc. Sillogizzò invidiosi veri. Dante. – Non mi stenderò intorno ai particolari del negozio Caro;

l’aggettivo segue ad un di o del di senso partitivo: p. es. ci è del buono, nulla di bello, niente di nuovo ecc. Un non so che di minaccioso e di feroce Alanzoni. – Nel vestire stesso c’era qua e là qualcosa di studiato o di negletto. – Manzoni. Si contenti di mettere un po’ di nero sul bianco. Manzoni. – Tenendo egli del semplice, era molto spesso fatto capitano de’ Laudesi. Boccaccio;

l’aggettivo senza articolo fa da predicato nominale ad un soggetto indeterminato o ad un intero concetto: p. es. questo non è giusto; non è conveniente che ecc. nel senso di cosa giusta, conveniente. Più è tacer che ragionare onesto. Dante. – Gli è ingiusto ed inumano Che alla sorella il fratel morte dia. Ariosto – Quant’è più dolce, quant’è più sicuro Seguir le fere fuggitive in caccia. Poliziano;

l’aggettivo è posto in locuzioni avverbiali, come da certo, in pubblico, di sicuro, agli estremi, all’ultimo, in sul primo, al vivo, sul vivo ecc.

§ 8. Aggettivo in senso avverbiale. L’aggettivo nella sua forma maschile o comune singolare diviene spesso avverbio (Gramm., cap. XXVIII, § 3). Esempii: levò il braccio alto. Dante. – Mirar sì basso colla mente altera. Petrarca. – Conoscer chiaro. Parlar piano. Venir piano. Venir presto. Legger forte. Agnese tossì forte. Manzoni.

Molti di tali usi sono da riguardarsi come antiquati o poetici: p. es. parlando onesto. Dante. – Gli occhi dolce tremanti. Petrarca. – Per divina bellezza indarno mira Chi non sa come dolce ella sospira E come dolce parla e dolce ride. Petrarca.

Altre volte l’aggettivo, pigliando senso avverbiale, conserva natura di aggettivo, cioè si accorda col sostantivo, ancorchè questo sia femminile o plurale, il che avviene specialmente coi verbi stare, vivere, andare, correre, giungere e simili, indicanti uno stato o un movimento del soggetto: p. es. Da voi medesimo pensar potete se noi possiamo e dobbiamo vivere e andare, più che gli altri uomini, lieti. Boccaccio. – Prima che più lontana se ne vada. Ariosto. – Sta’ sano e scrivimi spesso. Casa. – Le farfalle quasi mai non possono stare ferme in un luogo. Gozzi. – Ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani, e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi. Manzoni.

§ 9. Specialmente si adoperano in senso avverbiale gli aggettivi grande, vero, caro, solo, tutto, primo, ultimo ecc., il vero sapiente, un gran balordo nel senso di sapiente davvero, balordo in sommo grado: chi arriva il primo, si parte l’ultimo. – Bevitore grande, tantochè alcuna volta gli facea noja. Boccaccio. – Cara mi costa e mi costerà la sua disobbedienza. Vita di Santi. – Vendean le loro merci troppo care. Berni. – Soli tre passi credo ch’io scendessi. Dante. – Sola la miseria è senza invidia nelle cose presenti. Boccaccio. – Il famiglio trovò la gentil giovane tutta timida star nascosa; cioè interamente timida. Boccaccio. – La donna udendo costui parlare tutta stordì. Boccaccio. – Nel parlar familiare diciamo mezza morta, mezzi finiti, mezze spente; ma correttamente dovrebbe dirsi mezzo morta, mezzo spente ecc.

Anche qui molti esempi sono da riguardarsi come antiquati od almeno poetici; p. es. Timida pastorella mai sì presta Non torse piede innanzi a serpe acuto. Ariosto. – Ed uom che lento a suo diporto vada, Se parte mattutino, anona giunge; cioè di mattina. Tasso. – Escon notturni e piani, cioè di notte e pianamente. Tasso: – Molto meno sarebbe da imitarsi quel modo del Pulci Se cristiana è certa, volendo dire: Se certamente è cristiana; ed altri simili, frequenti ne’ poeti antichi.

Quanto a simili usi di alcuni aggettivi numerali e pronomi, vedi dove si tratta di essi.

§ 10. L’aggettivo bello in tutti i suoi numeri e generi si adopera spesso come pleonasmo, per dare maggior forza all’espressione: ora con sostantivi o parole sostantivate; p. es. Le portò cinquecento be’ fiorini d’oro. Boccaccio. – Datemi un bel sì o un bel no. Gelli. – Nel bel mezzo della Toscana. Redi: e spesso diciamo un bel giorno, una bella mattina. Ora invece si usa seguito da e con un participio passato, per significare il perfetto compimento di qualche azione; p. es. Chi facesse le macine belle e fatte legare in anello. Boccaccio. – Forse è bella e desta. Lasca. – M’avevan bello e chiappato. Salviati.

È antiquato l’uso di bello dinanzi a un infinito; p. es. Il tuo gentil marito si potrebbe bello e morire. Firenzuola.


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