Sabato 30 dicembre 2000    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

PRELIMINARI


La proposizione in generale.

§ 1. La sintassi insegna usare e congiungere insieme le parole e le proposizioni in modo conforme tanto alle regole generali della logica, quanto alla special natura di una lingua. Da ciò la distinzione che alcuni fanno fra sintassi generale comune a tutte le lingue, e sintassi particolare variabile in ciascheduna.

§ 2. Divisione della sintassi. La Sintassi si divide in tre parti principali. La prima considera le parti del discorso e il loro uso separatamente. La seconda studia gli elementi delle proposizioni, le diverse specie delle medesime e il loro accoppiamento. La terza tratta dell’ordine, con cui si debbono collocare le parole nella proposizione e le proposizioni nel periodo. Ma innanzi di esporre l’uso delle parti del discorso, è necessario premettere alcuni cenni generali sulla proposizione, perchè i varii ufficii di quelle si collegano spesso col posto che occupano nella proposizione medesima.

§ 3. Proposizione semplice. Qualsivoglia giudizio della nostra mente, quando sia espresso con parole, forma una proposizione. Ogni proposizione si compone necessariamente di due parti almeno; cioè della cosa, di cui si parla, e di quello che se ne dice. P. es. Dio regna: io leggo: la virtù piace, la candela arde, il pane si cuoce, l’uomo è ragionevole, Aristotile fu dottissimo. La prima parte (Dio, io, la virtù ecc., l’uomo, Aristotile) si chiama soggetto: la seconda (regna, leggo, piace ecc., è ragionevole, fu dottissimo) si chiama predicato.

§ 4. Il soggetto dev’esser sempre un sostantivo o qualunque altra parte del discorso usata come sostantivo, p. es. il buono, il bello, il mio, il tuo, questo, quello, il vivere, il parlare, il prima, il poi ecc. ecc. Il passeggiare ricrea, questo piace, quello è brutto, il sempre rincresce ecc.

§ 5. Il predicato può esser di due sorte, verbale o nominale: è verbale, quando si compie nel solo verbo, p. es. Dio regna, la virtù piace, il sole illumina: è nominale, quando si compie in un nome (od altra parola che ne faccia le veci) accompagnato col verbo, p. es. l’uomo è ragionevole; il savio è re; io non sono te; tu diventi ricco.

§ 6. I verbi che posson aver compimento in un nome sono primieramente, fra gli intransitivi, il verbo essere; indi molti altri verbi che indicano principio, durata, cessazione, apparenza ecc. di essere; quali divenire, nascere, riuscire, restare, parere, apparire ecc. P. es. Alcuni nascono ciechi, molti restano ignoranti; i prosuntuosi pajono dotti ecc. ecc.

Sono tali ancora quei verbi transitivi che valgono eleggere, nominare, stimare, ed altri di pari significato, i quali si compiono nel nome di quell’ufficio, di quella denominazione o qualità che ad alcuno si conferisce o si attribuisce, p. es. elegger re, nominare Giovanni, stimar dotto o ignorante ecc. o in costruzione passiva esser eletto re, esser detto o chiamato Francesco, essere stimato, creduto, riputato buono o cattivo.

Questa che abbiamo fin qui descritta è la forma più semplice possibile della proposizione, e si chiama appunto proposizione semplice.

§ 7. Proposizione semplice ellittica. La proposizione semplice può non essere intiera, lasciare cioè sottintesa qualche parte di sè stessa (figura di ellissi). Più spesso manca il soggetto, il che avviene quando il predicato stesso o il contesto del discorso bastano a farlo intendere; p. es. Leggo (sottint. io): leggi (tu): leggono (quelle persone, di cui abbiamo già parlato). Talora si omette invece il predicato verbale, perchè già noto: p. es. alla domanda Chi legge? si risponde: io, tu, colui (senza ripetere il predicato); ovvero si mette il solo nome del predicato nominale; p. es. Io ricco, io sano (cioè sono).

§ 8. Proposizione complessa. Una proposizione semplice può ampliare con altre parole i suoi elementi. Queste parole si dicono complementi, e la proposizione ne prende il nome di complessa. Tali complementi posson essere:

A. Attributivi; così detti perchè attribuiscono ad una cosa una qualità, una proprietà, una condizione. Essi consistono in aggettivi, o in frasi rette da preposizioni, che ne tengono le veci, o in sostantivi (nel qual caso si ha l’apposizione); ed aggiungono al soggetto una qualificazione, p. es. il potente Iddio regna: la virtù sincera piace. La casa di Augusto era splendida. Plinio il maggiore fu arso. Federigo imperatore fu lodato. L’amore al bene è lodevole.

B. Oggettivi; così detti perchè fanno da oggetto ad un verbo transitivo. Essi consistono in nomi, pronomi od infiniti, su cui cade direttamente l’azione del predicato. Io leggo un libro; la candela arde il candeliere; io voglio parlare; debbo partire ecc.

C. Avverbiali; così detti, perchè determinano le modalità e le condizioni di un’azione. Consistono in avverbii, od in nomi retti da una preposizione, p. es. Dio regna in cielo; la virtù piace a tutti; Dante scrive eccellentemente; niuno opera per forza. Questi complementi si riferiscono al predicato; ma possono riferirsi anche al soggetto o all’oggetto, quando invece di un sostantivo esso sia un infinito: p. es. Il vivere con temperanza è salubre. Io amo il parlar poco.

§ 9. I complementi attributivi possono riferirsi anche all’oggetto, o al nome contenuto nel complemento avverbiale; p. es. Io leggo un libro bello. La candela arde il candeliere di carta. I pazzi invaghiscono delle cose più sconcie.

§ 10. I complementi tutti possono reggere anch’essi altri complementi; p. es. Io leggo il libro dilettevole di Pietro mio cugino: dove abbiamo quattro complementi dopo l’oggetto. Aristotile, il più dotto dei Greci antichi, divenne immortale, ove, dopo il soggetto, si trovano pur quattro complementi (più, dotto, de’ Greci, antichi).

§ 11. Proposizione complessa ellittica. Talora di una proposizione complessa non rimane che l’oggetto o il complemento avverbiale, sottintendendosi il resto; p. es. Che desideri tu? Un cavallo (sottint. Io desidero ecc.). – O asso o sei (sottint. scegliete). – In casa (sottint. andate, entrate). – Lo farete? Per forza (sottint. lo farò). – Presto (sottint. fate, caniminate o sim. ).

Le interjezioni non son altro, propriamente parlando, che proposizioni semplici o complesse con ellissi, p. es. Su, via, animo ecc. (Vedi Grammatica, P. II, cap. XXXI).

§ 12. Proposizione composta. Quando una proposizione contiene due o più volte il medesimo elemento o complemento, dicesi composta; p. es. Dante e il Petrarca furono i più grandi e sublimi poeti della loro età, anzi di tutto il secolo XIV. Questa proposizione infatti ha due soggetti, due predicati nominali, e due complementi avverbiali, onde risulta da più coordinate (vedi paragrafo seguente) ristrette in una sola. Dante fu ecc. Il Petrarca fu ecc. il più grande, il più sublime ecc. Le proposizioni così abbreviate si chiamano implicite a differenza delle altre che sono esplicite.

§ 13. Unione di proposizioni. Due o più proposizioni possono unirsi insieme, e ciò in due modi:

restando ciascuna indipendente dalle altre, in guisa che ciascuna di esse contenga un senso di per sè. Allora le proposizioni si dicono coordinate fra loro, ovvero unite per coordinazione, p. es. La vita è breve, l’arte è lunga, le forze sono deboli. La coordinazione ha luogo o senza congiunzioni (come nell’esempio qui riferito) o per mezzo di congiunzioni copulative, disgiuntive, avversative (e, o, ma ed altre di simile significato); p. es. Cade la pioggia ed io me ne sto al fuoco. O tu hai perduto il senno, od io prendo un grave errore. La vita è breve, ma l’arte è lunga e le forze sono deboli:

restandone una sola indipendente, e dipendendo le altre da quella. La prima si chiama principale, l’altre dipendenti o subordinate o, anche, unite alla principale per subordinazione. Le proposizioni subordinate ora fanno da soggetto, ora da complemento, e però possono essere di quattro specie:

Soggettive (che tengon luogo di un soggetto); p. es. che tu studii m’è caro. Chi si contenta è ricco. Quello che tu impari ti gioverà. Chi ama teme.

Attributive (che tengon luogo di un complemento attributivo); p. es. la virtù che è sincera piace a tutti. L’amore che si porta al bene è lodevole. La casa dov’ho abitato lungo tempo, mi è cara. Io amo quell’amico che mi ha soccorso nelle disgrazie.

Oggettive (che tengon luogo di un complemento oggettivo). Desidero che tu profitti nello studio. Io dico che la vera felicità sta nella virtù.

Avverbiali (che tengon luogo di un complemento avverbiale); p. es. La virtù piace a chiunque ha senno. Dante scrive in modo, che niuno l’ha ancor superato. Noi dispregiamo la virtù, quando è viva, la lodiamo, quando è estinta.

§ 14. Proposizioni subordinate. Le subordinate si distinguono in subordinate di primo grado, quando sono tali rispetto alla principale; di secondo grado, quando sono tali rispetto ad un’altra già subordinata. Più subordinate del medesimo grado sono necessariamente coordinate fra loro. P. es. Se gli uomini conoscessero i loro doveri, e praticassero la virtù, sarebbero meno infelici. Qui le due prime proposizioni sono tutt’e due subordinate alla terza, ma fra loro coordinate. Invece: Io lodo coloro che adempiono i proprii doveri, benchè costino loro gravi fatiche. Qui la terza è subordinata alla seconda e questa alla prima, la quale è principale. Subordinate di terzo o quarto grado sono rare, perchè intralcerebbero il senso.

§ 15. Spesso i complementi attributivi hanno la forza e l’espressione di una proposizione subordinata, e si possono ampliare nella medesima; p. es. Chi da fanciullo ruba un pomo, da adulto rapirà un tesoro; cioè quand’è fanciullo ecc. quando sarà adulto ecc.

§ 16. Le subordinate si uniscono alla principale o per mezzo di pronomi ed avverbii relativi (il quale, che, dove, quando ecc.), o per mezzo di congiunzioni causali (poichè ecc.), finali (affinchè ecc.), comparative (così come, tanto quanto ecc.), consecutive (talchè, così che, da), condizionali (se ecc.), concessive (benchè ecc.) ecc. o per mezzo di pronomi e particelle interrogative (che, quale, se ecc.):

possono anche prender forma di gerundio o di participio passato o d’infinito; p. es. Studiando assiduamente imparerai la lingua italiana (cioè se studierai): compiuti i proprii doveri è dolce il riposo (cioè, dopochè sono compiuti ecc.): io affermo esser ufficio del savio onorare Iddio (cioè che è ufficio ecc.).

§ 17. Più proposizioni dipendenti coordinate fra loro si uniscono per mezzo delle congiunzioni medesime, con cui si uniscono insieme le principali. (Vedi sopra, § 13).

§ 18. Proposizioni correlative. Due proposizioni si mettono talvolta in reciproca corrispondenza fra loro per mezzo di due pronomi correlativi o di due particelle pur correlative. (Vedi Gramm., P. II, cap. XVI, § 6 e cap. XXX, § 6 ). In tal caso si chiamano anch’esse correlative o unite per correlazione; p. es. o il consenso del genere umano ha errato, o i classici greci sono i primi del mondo: quale è il padre, tale è il figlio: non solamente la virtù non si offusca nelle sventure, ma prende da esse maggior luce. Come lo ebbe veduto da lontano, così gli corse incontro.

§ 19. Protasi, apodosi. Quando una proposizione avverbiale dipendente precede la principale, la prima piglia il nome di protasi o proposta; la seconda di apodosi o risposta; p. es. Benchè molti lodino la virtù, pochi son quelli che la osservano.

§ 20. Incidente. Una proposizione interposta fra gli elementi d’un’altra proposizione o fra una protasi ed un’apodosi, si chiama incidente; p. es. Cicerone, tutti lo consentono, è il primo oratore della letteratura latina. Dante Alighieri, benchè fosse richiamato in Firenze, non volle accettare le condizioni che gli si erano imposte. Anche i complementi possono essere incidenti; p. es. La presenza, in Roma, di Augusto. Segui, senz’alcun timore, la giustizia.

§ 21. Periodo. Il periodo è un complesso di parole che contiene un senso compiuto e non interrotto, con una certa simmetria fra parte e parte, in guisa da formare un circolo in sè medesimo ritornante. Una proposizione molto complessa (cioè, fornita di molti complementi), e più spesso un gruppo di proposizioni unite in un solo senso, possono costituire un periodo semplice, o un membro di periodo composto. Anche, questi gruppi, del pari che le proposizioni, si uniscono o per coordinazione, quando ciascuno di essi può stare da sè, o per subordinazione, quando dipendono strettamente, e senza una forte posa del senso, da un altro gruppo indipendente.

§ 22. I periodi hanno anch’essi fra loro un legame che è sempre di coordinazione, quantunque talvolta comincino con quelle stesse congiunzioni o con quei pronomi che servono alla subordinazione (perchè, quantunque, se non che, il quale ecc.).

§ 23. Punteggiatura. Non potendosi stabilire tutte le varie e molteplici pose del senso che un autore voglia fare in un periodo, è anche impossibile determinare in tutti i casi la punteggiatura. Solo ricorderemo, che per regola generale:

le proposizioni semplici o complesse non prendono verun segno, eccetto il caso che abbiano un’incidente (vedi sopra § 20), perchè questa si chiude sempre fra due virgole e talvolta fra parentesi. Le coordinate tanto esplicite che implicite prendono la virgola fra l’una e l’altra sol quando manca la congiunzione:

le subordinate quando, in forma di protasi, precedono la principale, prendono sempre la virgola; quando seguono, non sono obbligate a prenderla:

i membri coordinati prendono il punto e virgola fra l’uno e l’altro, quando vi siano le congiunzioni; prendono i due punti, quando le congiunzioni manchino:

i membri subordinati prendono il punto e virgola.

Si aumentano i segni, quando potrebbe esservi equivoco od oscurità.


ALCUNI ESEMPII PER ESERCIZIO

Proposizioni uniche (complesse, composte). Boleslao usurpò il dominio. Giambullari. –Tocco cavò tre freccie della faretra. Giambullari. – Un capraro trovò un picciol bambino. Caro. – Onora il padre tuo. Cerca la compagnia de’ buoni. Fra Bartolommeo. – Vitellio era sordo a’ forti consigli. Davanzati. – Era quel principe, per natural sua tempera, di buon cuore. Bartoli. – Era dentro al pascolo di Driante una grotta consacrata alle ninfe. Caro. – La negligenza e la inconsideratezza sono causa di commettere infinite cose crudeli o malvage. – Leopardi. – (Amore) suscita e rinverdisce l’infinita speranza e le belle e care immaginazioni degli anni teneri. Leopardi.

Proposizioni coordinate. Dalla parte di tramontana incominciano a sorgere certi nugolonacci neri, cenerognoli .... poi si alzano e mandano fuori un sordo fragore: infine .... premono certi goccioloni radi qua e colà: finalmente riversano pioggia ecc. Gozzi. – Il buon cittadino deve essere misericordioso e dare elemosine. Machiavelli. – Le terre vinte o si desolavano, o n’erano cacciati gli abitatori, tolti loro i beni, mandati dispersi per il mondo. Machiavelli. – Ne’ costumi si deve vedere una modestia grande: .... si deve esser riverente ai maggiori, modesto con gli eguali e con gl’inferiori piacevole. Machiavelli.

Proposizioni dipendenti con principali. Dov’è religione, si presuppone ogni bene: dove manca, si presuppone ogni male. È impossibile che chi comanda sia riverito da chi dispregia Iddio. Machiavelli. – Intendeste nella mia passata come io sono compiacente e condiscendente verso gli amici. Salvini. – Fu (Eustachio Manfredi) d’animo quieto e tranquillo, non tanto perchè naturalmente il fosse, quanto perchè si ostinava a voler esserlo. F. Zanotti. – Essendo ancor giovane amò di bere e mangiar con gli amici, che erano per lo più suoi eguali, dotti e costumati. Zanotti. – Diceva ancor cianciando, la poesia esser dolcezza degli uomini, ma che i poeti erano la noja. Chiabrera. – Io voglio che tu abbi per indubitato che, a conoscere perfettamente i pregi di un’opera perfetta o vicina alla perfezione, e capace veramente dell’immortalità, non basta essere assuefatto a scrivere, ma bisogna saperlo fare quasi così perfettamente, come lo scrittore medesimo che hassi a giudicare. Leopardi.

Proposizioni correlative. Come i buoni costumi per mantenersi hanno bisogno di buone leggi, così le leggi per mantenersi hanno bisogno di buoni costumi. Machiavelli. – Quantunque io abbia menata cattiva vita, desidero tuttavia, quant’ogni altro, di sortire una buona morte. Segneri.

Periodi con membri coordinati. Divise costui (Teodorico) gli Ostrogoti per le terre con i capi loro, acciocchè nella guerra li comandassero e nella pace li correggessero: accrebbe Ravenna, istaurò Roma, ed, eccettochè la disciplina militare, rendè ai Romani ogni altro onore: contenne dentro ai termini loro, e senza alcun tumulto di guerra, ma solo con la sua autorità, tutti i re barbari occupatori dell’impero: edificò terre e fortezze intra la punta del mare adriatico e le Alpi per impedire più facilmente il passo ai nuovi Barbari che volessero assalire l’Italia. Machiavelli. – Io non poteva mantenermi però senza patimento; perchè la lunghezza del verno, l’intensità del freddo e l’ardore estremo della state mi travagliavano di continuo; e il fuoco, presso al quale mi conveniva passare una gran parte del tempo, m’inaridiva le carni e straziava gli occhi col fumo; di modo che nè in casa nè a cielo aperto io mi poteva salvare da un perpetuo disagio. Nè anche potea conservare quella tranquillità della vita, alla quale principalmente erano rivolti i miei pensieri; perchè le tempeste spaventevoli di mare e di terra, i ruggiti e le minaccie del monte Ecla, il sospetto degl’incendii frequentissimi negli alberghi, come sono i nostri, fatti di legno, non intermettevano mai di turbarmi. Leopardi.

Periodi con membri subordinati. Siccome gli uomini temono le fiere selvatiche e di alcuni piccoli animali, come le zanzare sono e le mosche, niuno timore hanno; e nondimeno, per la continua noja che eglino ricevono da loro, più spesso si rammaricano di questi, che di quelle non fanno; così addiviene che il più delle persone odia altrettanto gli spiacevoli uomini e i rincrescevoli, quanto i malvagi o più. Casa. – Non repugna che un grande artefice abbia sicurissimi e perfettissimi precetti dell’arte sua e che talvolta nell’opera erri in qualche particolare; come, per esempio, che un musico od un pittore, possedendo i veri precetti dell’arte, faccia nella pratica qualche dissonanza, o inavvertentemente alcuno errore di prospettiva. Galilei.


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