Mercoledì 17 gennaio 2001    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO VII

Uso del pronome possessivo.

(Gramm., P. II, cap. XII)

§ 1. Natura del possessivo. Il pronome possessivo è sempre di sua natura aggettivo, e può usarsi come tale o sostantivarsi, nè più nè meno che gli altri aggettivi, riferendosi ad un sostantivo precedente; p. es. non voglio il tuo libro, voglio il mio.

§ 2. Possessivo col sostantivo sottinteso. In certe frasi del parlar familiare il pronome possessivo lascia sottintendere un sostantivo determinato:

dalla mia, dalla tua, dalla nostra ecc. dalla sua ecc. sottint. parte: tu hai un santo dalla tua; cioè, hai un santo che ti difende. – Armata mano scacciò e perseguitò tutti i vescovi ed altri religiosi che non tennero dalla sua. V. Borghini;

delle sue (mie, tue ecc.) sottint. azioni, maniere consuete. Mi maraviglio che tu non abbia fatto delle tue. Guaì. – Lasciate fare a me e non vi date malinconia. Mar. Delle vostre. Gual. Dite anche delle nostre; cioè: delle nostre solite maniere. Ambra, Commedie; avere o toccar le sue, sottint. battiture, riprensioni o sim.; p. es. Anch’io ho avuto le mie;

stare sulle sue, sottint. proprietà, pertinenze o sim. Stia ancor egli in su le sue, che i’ sto in su le mie. Firenzuola; cioè, dentro i suoi termini; attenda a sè;

sul mio, sul suo sottint. territorio, posto o sim. P. es... Per tre miglia intere passeggio sul mio.

§ 3. Nel plurale maschile il pronome possessivo lascia sottintendere un sostantivo indicante le persone che ci appartengono in qualche modo, come parenti, amici, partigiani, servi, seguaci, soldati ecc. Con tutti i suoi entrò in cammino. Boccaccio. – Per non veder ne’ tuoi quel ch’ a te spiacque. Petrarca. – Tutti i miei si raccomandano a te senza fine. Algarotti. – Vidi il Saracino Che fece a’ nostri assai vergogna e danno. Petrarca. – Amor ch’a’ suoi le piante e i cori impenna. Petrarca. – Talora si sottintende denari: p. es. Ella oggi, de’ suoi parendole spendere ecc. Boccaccio.

§ 4. Usi notabili. Suo vale spesso quanto appartenente, adattato, speciale o sim.; p. es. Il cuore ha le sue ragioni e non intende ragione. Giusti, ne’ Proverbii. – Diciamo spesso, descrivendo qualche oggetto: un letto co’ suoi cortinaggi; un violino col suo archetto; un fucile colla sua munizione ecc. ecc.

§ 5. Nostro si attribuisce spesso a persona molto conosciuta fra quelli, a cui si parla; p. es. Al nostro amatissimo Padre Segneri scrissi la settimana passata a Bologna. Redi; ovvero a persona o cosa, su cui si aggira il discorso; p. es. Il nostro frate gli s’era messo davanti. Manzoni.

§ 6. Possessivo in senso neutro. Nel singolare maschile il possessivo si usa in senso indeterminato (neutro) per indicare la proprietà, l’avere, il denaro o simil cosa. Io son ricco e spendo il mio in metter tavola ed onorare i miei cittadini. Boccaccio. – Or mangi del suo s’egli n’ha, chè del nostro non mangerà egli oggi. Boccaccio. – Chi ha tutto il suo in un loco, l’ha nel foco. Giusti, ne’ Proverbii.

Di mio, di suo ecc. vale da me, da sè, coi proprii mezzi o simili: tanto in senso materiale che morale. Ho scritto un dialogo, del quale fui testimonio, e non v’aggiungo, si può dire, parola di mio. G. Gozzi. – Ricordati che la cosa sia fatta come di tuo, chè non s’abbia a credere ch’io ci abbia avuto mano. Grossi.

§ 7. Possessivo invece del personale. Il pronome possessivo, oltre ad indicare una relazione di possesso, indica pure sovente altre relazioni di semplice pertinenza, confronto, somiglianza e simili, e si adopera anche dove il senso richiederebbe l’espressione del pronome personale corrispondente. Si dice quindi mio padre o il padre mio (nel senso di il padre di me); per amor mio (di me, verso di me); le sue notizie (di lui); per cagion mia (di me); in vece mia (di me); i pari suoi (a sè); i nostri simili (a noi) ecc. ecc. Riguardati (da questi vizii) per amore di te stesso, per amore de’ tuoi e anco per amor mio. Giusti. – Prese congedo dalla signora, promettendo di mandar subito le sue nuove. Manzoni. – Non permettere che altri soffra per cagion tua. Giusti. – Il mio contegno ed il volto parlavano in vece mia. Alfieri. – Una nazione può esser fatta misera suo malgrado. Giordani. – Ti sia sempre nella mente che compiacersi de’ mali dei nostri simili è crudeltà. Giusti. – Questa povera ragazza era promessa a un giovine nostro pari. Manzoni. – Una piccola bagattella, a un galantuomo par mio. Manzoni.

§ 8. Talvolta si usa il possessivo anche davanti a un pronome relativo, invece del personale puro; p. es. Colpa tua, che ci sei voluto andare. – Vostra mercè, cui tanto si commise (per mercè di voi). Petrarca. – Se del consiglio mio punto ti fidi Che sforzar posso (per del consiglio di me). Petrarca.

§ 9. Suo per di lui ecc. Il possessivo di terza persona, suo, sua, suoi, sue, regolarmente si riferisce al soggetto della proposizione, in cui si trova, mentre per soggetti diversi adoprasi di lui, di lei ecc. – Quell’anello medesimo, col quale da Gabriotto era stata sposata, dal dito suo trattasi, il mise nel dito di lui. Boccaccio. – Quando però non ne venga equivoco o dubbiezza nel senso, può riferirsi anche ad altri soggetti. – Dio gli soffiò nel viso (a Adamo), e in quel soffiare mise. nel petto suo (di lui) l’anima. Boccaccio. – Il quale sì tosto come la chiara bellezza vide del suo viso (di lei), incontanente si accese. Boccaccio. – Arrighetto Capece .... con parole assai s’ingegnò di rivolgerla (Beritola) da proponimento sì fiero, offerendole di rimenarla a casa sua (di lei) o di seco tenerla in quell’onore che sua (di lui) sorella. Boccaccio. – Ma non sarebbe da usarsi quando ne potesse nascere equivoco o difficoltà, come ne’ seguenti esempii: Essendogli (al Giambullari) forza di parlare contro ad Anton Manetti dissegli che se all’oneste fatiche sue (cioè, del Manetti) non fosse sopraggiunta la morte, [che] non avrebbe avuto a prendere questa fatica. Gelli. – (Raffaello) a Bindo Altoviti fece il ritratto suo (cioè dell’Altoviti). Vasari. – Soliman Sveno uccise e Solimano Dèe per la spada sua (cioè di Sveno) restarne ucciso. Tasso.

§ 10. Suo e loro. Quando il possessivo di terza persona dovrebbe riferirsi ad un soggetto plurale, si adopera in suo luogo il personale loro. Costoro assetati, posti giù lor tavolacci e loro armi e loro gonnelle, cominciarono la fine a tirare. Boccaccio. – Non curando d’alcuna cosa se non di sè, assai e uomini e donne abbandonarono .... i lor luoghi, i lor parenti e le lor cose e cercarono l’altrui o almeno il lor contado. Boccaccio. – Ma in verso, e specialmente in rima, si può usare anch’oggi suo, salvo equivoco. – Ed ecco uscir dall’alto e scender giue Due angeli con due spade affocate Tronche e private delle punte sue. Dante. – I capitani e cavalier robusti Ricuperar tutti gli onor vetusti Dell’armi invitte alla sua Italia denno. Ariosto.

§ 11. Possessivo rinforzato. Il possessivo si afforza sovente coll’aggettivo proprio quasi nel senso di medesimo, stesso, speciale. Così l’ha fatto infermo Pur la sua propria colpa. Petrarca. – Filippo Ottonieri, del quale prendo a scrivere alcuni ragionamenti notabili, che parte ho uditi dalla sua propria bocca, parte narrati da altri. Leopardi.

§ 12. Spesso anche, in luogo del possessivo specialmente di terza persona, si usa soltanto proprio o per maggior chiarezza e distinzione, o per isfuggire una noiosa ripetizione, o per esprimere con più forza il concetto. Assai ed uomini e donne abbandonarono la propria città, le proprie case. Boccaccio. – O Saul, come sulla propria spada Quivi parevi morto in Gelboè! Dante. – Senza guardarsene, viene a scoprire talora ad uno a sè mal noto la propria inclinazione. Salvini. – Ciò si fa specialmente quando manca un soggetto determinato, ossia nelle locuzioni impersonali; p. es. Quando ne va l’utile del proprio signore, sai che la diffalta è scusata. Grossi; e pare che stia anche bene nel plurale, quando si riferisce a cosa, per evitare loro pronome di persona. P. es. Le più delle case erano divenute comuni, e cosi le usava lo straniere, purchè ad esse s’avvenisse, come l’avrebbe il proprio signore usate. Boccaccio.

§ 13. Ellissi del possessivo. Si omette generalmente il pronome possessivo, quando la persona, a cui una cosa appartiene, è chiara di per sè, e non si hanno ragioni per metterla in rilievo. In tal caso può dirsi che l’articolo determinato tenga luogo del possessivo medesimo. Quindi si tralascia generalmente il possessivo, quando si riferisce o a parti del corpo o a cose che si portano addosso, p. es. Ho le gambe rotte, non le mie gambe; perdo la testa, non la mia testa; prendo il cappello, non il mio cappello, tranne il caso che fosse necessario distinguerlo da quello d’un altro: percuotilo col bastone, non col tuo bastone; egli levò fuori l’orologio non il suo ecc. La bocca sollevò dal fiero pasto Quel peccator. Dante. – Si tralascia anche quando si riferisce ad altre cose manifestamente proprie, come la casa, la camera, i parenti ecc. ecc.; p. es. Egli va a casa. Ama il padre e la madre. Perdette due fratelli e tre amici.

§ 14. È poi anche più necessario ometterlo, quando il possesso sia indicato da un pronome personale; p. es. Un’aura dolce .... mi feria per la fronte. Dante. – Sfracellossi in uno stipite il capo. Davanzati. – E prestamente la schiavina gittatosi di dosso, e di capo il cappello, e fiorentino parlando, disse. Boccaccio. – Io mi vo intanto a cavare gli stivali. Firenzuola. – Si eccettua il caso di un parlare passionato, ove debba porsi in rilievo la proprietà di qualche cosa o persona; p. es. salvatemi il figlio mio, dove mio val quanto caro, amato o sim.

§ 15. Gradi del possessivo. I possessivi sono capaci alcuna volta dei gradi di comparazione; p. es. Ascolta un ch’è più tuo che la gonnella. Del Bene. – E non si trovi cosa men sicura, Men nostra e dove l’uomo abbia a far meno ecc. Berni. – Per ischerzo possono farsi anche superlativi; p. es. tuissimo, vostrissimo, forme usate nelle lettere amichevoli.


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