Giovedì 23 settembre 1999    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

Come il Gran Cane va in caccia

Quando il Gran Sire ha dimorato tre mesi nella città ch’io v’ho contato di sopra, cioè dicembre e gennaio e febbraio, sì si parte di quindi del mese di marzo, e vae in verso il mezzodie infino al mare Occeano, che v’ha due giornate.
E mena con seco bene diecimilia falconieri, e porta bene cinquecento girfalchi e falconi pellegrini e falconi sagri in grande abondanza; ancora porta grande quantità d’astori per uccellare in riviera. E non crediate che tutti gli tenga insieme; ma l’uno istà qua e l’altro là, a cento e a dugento, e a più e a meno: e questi uccellano, e la maggiore parte ch’egli prendono dànno al Signore. E sì vi dico che, quando il Gran Sire va uccellando co’ suoi falconi e cogli altri uccelli, egli hae bene diecimilia uomeni che sono ordinati a due a due, che si chiamano “tostaer”, che viene a dire in nostra lingua “uomo che dimora a guardia”; e questo si fa a due a due, accioché tenghino molta terra; e ciascheduno hae lunga e cappello e sturmento da chiamare gli uccelli e tenergli. E quando il Gran Cane fa gittare alcuno uccello, e’ non bisogna che quegli che ’l getta gli vada dietro, percioché quegli uomeni ch’io v’ho detto di sopra, che stanno a due a due, gli guardono bene, che non puote andare in niuna parte che non sia preso. E se all’uccello fa bisogno soccorso, egli gliel dànno incontanente. E tutti gli uccelli del Gran Sire e degli altri baroni hanno una piccola tavola d’ariento a’ piedi, ov’è iscritto il nome di colui di cui èe l’uccello, e per questo è conosciuto di cui egli è. E com’è preso, così è renduto a cui egli è, e s’egli non sa di cui e’ si sia, sì ’l porta ad uno barone, ch’ha nome “bulargugi”, cioè a dire “guardiano delle cose che si truovano”. E quegli che ’l piglia, se tosto no’ ’l porta a quel barone, è tenuto ladrone; e così si fa de’ cavagli e di tutte cose che si truovano. E quel barone sì lo fa guardare tanto che si truova di cui egli è. E ogni uomo, il quale ha perduto veruna cosa, incontanente ricorre a questo barone; e questo barone istà tuttavia nel più alto luogo dell’oste con suo gonfalone, perché ogni uomo il vegga: sì che chi ha perduto sì se ne rammenta, quando il vede; e così non vi si perde quasi nulla. E quando il Gran Sire va per questa via verso il mare Occeano, ch’io v’ho contato, e’ puote vedere molte belle viste di vedere prendere bestie e uccelli; e non è sollazzo al mondo che questo vaglia. E ’l Gran Sire va tuttavia sopra quattro lionfanti, ov’egli hae una molto bella camera di legno, la quale è dentro coperta a drappi d’oro battuto, e di fuori è coperta di cuoia di leoni. Lo Gran Sire tiene tuttavia quivi entro dodici girfalchi de’ migliori ch’egli abbia; e quivi dimora più baroni a suo sollazzo e a sua compagnia. E quando il Gran Sire va in questa gabbia, e gli cavalieri che cavalcano presso a questa camera dicono al Signore: «Sire, grue passano»; et egli allora fae iscoprire la camera, e prende di quegli girfalchi e lasciagli andare a quegli grue. E poche gliene campano che non sieno prese; e tuttavia il Gran Sire dimora in sul letto, e ciò gli è ben gran sollazzo e diletto; e tutti gli altri cavalieri cavalcano attorno al Signore. E sappiate che non è niuno signore al mondo, che tanto sollazzo in questo mondo potesse avere, né che avesse il podere d’averlo, né fu, né mai sarà, per quello ch’io creda. E quando egli è tanto andato, ch’egli è venuto ad un luogo ch’è chiamato Tarcamodu, quivi fa tendere suoi padiglioni e tende – e di suoi figliuoli e di suoi baroni e di sue amiche, che sono più di diecimilia – molto belli e ricchi; e diviserovvi com’è fatto il suo padiglione...

Marco Polo, secondo la lezione dell’«Ottimo»

Poiché qui si parla solo di uccelli, e non di donne, noi lasceremo invece stare le diecimila amiche del Gran Cane


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