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Polemiche scolastiche

Quest’intervento era la risposta ad un po’ troppo roboante “Manifesto della cultura classica e umanistica”. Di qui il linguaggio insolitamente aggressivo.

Cultura umanistica e scientifica
Ovvero: chi è causa del suo mal, pianga sé stesso

Arrivata al dilemma tra il sapere e il saper fare, la cultura umanistica si è seduta sotto una fresca frasca d’alloro e ha coltivato il saper parlare. La cultura letteraria ha sostituito la curiosità verso il mondo reale con la retorica; con tutto il rispetto che ho per questa disciplina, ritengo sia stato un disastro metterla alla base della pedagogia.

A questo vuoto, le giovani generazioni rispondono con l’ipotiposi del vaffanculo.

Eppure basta leggere un qualunque manuale di storia della filosofia per capire che la contrapposizione tra cultura umanistica e scienza sarebbe risultata incomprensibile ad un Greco del V secolo. Basta leggere il secondo libro delle Storie di Erodoto, con l’abbondanza e la puntualità delle osservazioni naturalistiche. Basta pensare all’importanza della matematica nella formulazione del pensiero di Platone: senza Pitagora ed Eudosso di Cnido, difficilmente avremmo avuto una dottrina delle idee. A casa di Pericle si discuteva di medicina e di astronomia. Aristotele dedicò tutta la vita allo studio della biologia, e nel fondare la scienza dello Stato andò a studiare Ippocrate di Cos ed Ippodamo di Mileto.

Furono i Romani, e poi la cultura medioevale, a trasformare la cultura umanistica in esercizio retorico. Non fu così (credo) per gli Arabi. Non fu così sicuramente nel Rinascimento. Ma di nuovo la spaccatura si realizzò nella Controriforma. Dal Tasso in avanti, in Italia c’è stata l’ossessione del politically correct, e l’esperienza di Galileo Galiei sconsigliava dal mettere mano a cose che scottano, come la matematica.

In gran parte di qui deriva il carattere mortalmente noioso di quasi tutta la letteratura italiana dal ‘600 in avanti. Vi furono poche eccezioni: cito, per brevità, Giacomo Leopardi, che sapeva benissimo quanto la matematica e l’astronomia fossero importanti per la vita dello spirito.

Per le stesse materie letterarie in senso stretto, un po’ più di quel positivismo che avete imparato a disprezzare da Benedetto Croce e da Pio XI sarebbe stato un fortissimo impulso alla ricerca. Decenni di sdilinquimenti su poesia e non poesia ci hanno quasi precluso la possibilità di leggere un libro da cima a fondo. Lo strumento principe per l’insegnamento dell’italiano resta l’antologia, un bel mazzolino di fiori recisi.

30 Settembre 1997

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