I verbi servili dovere potere volere solitamente prendono l’ausiliare del verbo che segue:
ho parlato - ho dovuto parlare
sono andato - sono dovuto andare
Questa regola ha però delle eccezioni, come ricorda il Fornaciari:
La regola che abbiamo data su volere, potere, dovere con infiniti intransitivi non è per altro così costante, che non se ne possa uscire quando giovi mettere in ispecial rilievo la forza di essi verbi. – Avrebbe poi voluto essere altrove. Berni. – Se Pietro pienissimamente non avesse voluto, non avrebbe potuto morire per Cristo. S. Gregorio. – Essa ha dovuto partir di nascosto dal suo paese. Manzoni. [Sintassi, pp. 164-165]
Aggiungo due brevi passi boccacceschi dal Centonovelle:
- Se io non avessi voluto essere al mondo, io mi sarei fatta monaca (5, 10)
- ...di pari concordia diliberarono essere il miglior d’aver Tito per parente, poi che Gisippo non aveva esser voluto, che aver Gisippo per parente perduto e Tito nimico acquistato. (10, 8)
Nell’italiano contemporaneo, poi, i verbi servili hanno sempre l’ausiliare avere quando sono seguiti dal verbo essere:
non ho potuto essere presente
Ferdinando Chiodo, a proposito dell’ultimo passo manzoniano citato dal Fornaciari (dal cap. IX dei Promessi Sposi), mette a confronto le due versioni; quella del 1842:
«Deve sapere, reverenda madre....» incominciava Agnese; ma il guardiano le troncò, con un’occhiata, le parole in bocca, e rispose: «questa giovine, signora illustrissima, mi vien raccomandata, come le ho detto, da un mio confratello. Essa ha dovuto partir di nascosto dal suo paese, per sottrarsi a de’ gravi pericoli ecc.
con la precedente, dall’edizione del 1827:
«Deve sapere, reverenda madre....» incominciava Agnese; ma il guardiano le ruppe con un’occhiata le parole in bocca, e rispose: «questa giovine, signora illustrissima, mi vien raccomandata, come le ho detto, da un mio confratello. Essa ha dovuto partirsi nascostamente dal suo paese, per sottrarsi a gravi pericoli ecc.
Secondo Ferdinando Chiodo la versione del 1827 può essere portata anche a dimostrazione di una regola o uso frequente, che vuole che con i verbi riflessivi si preferisca l’ausiliare avere (ha dovuto partirsi); l’ausiliare poi è rimasto anche nell’edizione del 1842 (ha dovuto partir)
Aggiunge poi due altre citazioni:
Per quanto riguarda l’uso dell’ausiliare nei verbi servili, nell’edizione definitiva dei Promessi Sposi (PS) Manzoni corresse una espressione usata nel 1827 (Cap. XXII):
Il signore entrò, e girato un’occhiata per la stanza, vide Lucia ravvolta nel suo cantuccio e quieta. «Dorme?» domandò sotto voce alla vecchia: «colà, dorme? eran questi i miei ordini, sciagurata? «Io ho fatto il possibile,» rispose questa: «ma non ha mai voluto mangiare, non ha mai voluto venire... (PS, 1827). Il signore entrò, e data un’occhiata per la camera, vide Lucia rannicchiata nel suo cantuccio e quieta. «Dorme?» domandò sotto voce alla vecchia: «là, dorme? eran questi i miei ordini, sciagurata?
«Io ho fatto di tutto,» rispose quella: «ma non ha mai voluto mangiare, non è mai voluta venire... (PS, 1842).Nel cap. XXVIII, invece, il Manzoni «perdura nell’errore», avrebbe detto il mio professore di lettere delle scuole medie. Nell’edizione del 1827 viola infatti l’uso dell’ausiliare con i verbi servili (parere richiede l’ausiliare essere), e conferma la violazione nell’edizione definitiva del 1842:
È poi facile anche il vedere, e non inutile l’osservare come fra quegli strani provvedimenti vi sia però una connessione necessaria: ognuno era una conseguenza inevitabile dell’antecedente, e tutti del primo, di quello che fissava al pane un prezzo così lontano dal prezzo che sarebbe risultato dalla condizione reale delle cose. Alla moltitudine un tale provvedimento è sempre paruto, e ha sempre dovuto parere, quanto conforme all’equità, altrettanto semplice e agevole a porsi in esecuzione: è quindi cosa naturale che, nell’angustie e ne’ patimenti della carestia, essa lo desideri, l’implori e, se può, lo imponga (PS, 1827). È poi facile anche vedere, e non inutile l’osservare come tra quegli strani provvedimenti ci sia però una connessione necessaria: ognuno era una conseguenza inevitabile dell’antecedente, e tutti del primo, che fissava al pane un prezzo così lontano dal prezzo reale, da quello cioè che sarebbe risultato naturalmente dalla proporzione tra il bisogno e la quantità. Alla moltitudine un tale espediente è sempre parso, e ha sempre dovuto parere, quanto conforme all’equità, altrettanto semplice e agevole a mettersi in esecuzione: è quindi cosa naturale che, nell’angustie e ne’ patimenti della carestia, essa lo desideri, l’implori e, se può, l’imponga (PS, 1842).