Domenica 21 marzo 1999    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.
zampognaro

L’Otre, IV

Ma gli alti iddii anco mi fur benigni.
Un bel pastore dalla barba d’oro
mi raccolse. Ed all’ombra d’un alloro
mi lavorò con suoi sottili ordigni.

Quattro di bosso ei fecemi cannelle
ineguali, e assai bene le polì.
La più corta alla spalla m’inserì
e strinse con cerate funicelle.

In bocca tre l’artiere me ne messe,
l’una più lunga, l’altre due minori
nella più lunga numerosi fóri
praticò, che diverse voci desse.

Le due brevi, di largo cerchio e stretto,
aperte in giuso a mo’ di padiglione,
servir di grande e piccolo bordone
dovean come le frondi all’augelletto.

Oh maraviglia, quando per la corta
canna egli enfiò la nova cornamusa!
Tutta di pia felicità soffusa
giovine donna venne in su la porta,

ecc. ecc.

Gabriele D’Annunzio

Nella verbosa autobiografia dell’Otre dannunziano era inevitabile questa metamorfosi in cornamusa.


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