La discussione sull’uso dei modi e dei tempi nel periodo ipotetico è ripresa prendendo proprio spunto da una delle frasi citate dal Fornaciari:
«Il signor curato è malato e bisogna differire,» rispose in fretta la donna. Se Lucia non faceva quel segno, la risposta sarebbe probabilmente stata diversa. (Promessi Sposi, cap. III)
Alcuni hanno criticato la frase perché scorretta. Altri hanno detto che qui il Manzoni usa volutamente forme del linguaggio colloquiale. Altri infine hanno detto che il Manzoni in questo modo ha legittimato l’uso dell’imperfetto indicativo nel periodo ipotetico.
Da molti interventi del tipo «giusto o sbagliato» sembra emergere la convinzione che:
Io penso invece (molto schematicamente) che:
Certo, da un punto di vista didattico (scusate, qui è di nuovo l’insegnante che parla) questo comporta molte difficoltà. Gli allievi vogliono delle certezze, e bisogna dare poche indicazioni semplici e chiare.
Quindi si potrebbe stabilire una gradualità nell’insegnamento della lingua. Esempio.
Primo livello:
Il periodo ipotetico di terzo tipo richiede, al passato, il congiuntivo trapassato per la protasi («se Lucia non avesse fatto...») e il condizionale passato per l’apodosi («la risposta sarebbe stata...»). Ogni altra forma è sbagliata.
Secondo livello:
Il periodo ipotetico di terzo tipo richiede, al passato, il congiuntivo trapassato per la protasi («se Lucia non avesse fatto...») e il condizionale passato per l’apodosi («la risposta sarebbe stata...»). L’uso dell’imperfetto indicativo («se Lucia non faceva...») è tipico della lingua parlata e va evitato nella lingua scritta.
Terzo livello:
Il periodo ipotetico di terzo tipo richiede, al passato, il congiuntivo trapassato per la protasi («se Lucia non avesse fatto...»), oppure, meno frequentemente, l’indicativo imperfetto («se Lucia non faceva...»), e il condizionale passato per l’apodosi («la risposta sarebbe stata...»), oppure, ma assai meno frequentemente che nella protasi, l’indicativo imperfette («la risposta era...»). In certi casi (ma non sempre) la scelta dell’indicativo imperfetto, soprattutto se si trova sia nella protasi che nell’apodosi, può dare una coloritura colloquiale all’espressione; in altri casi può indicare un diverso grado di plausibilità o probabilità dell’ipotesi indicata nella protasi; oppure infine può derivare da altre considerazioni, che bisogna esaminare volta per volta.
A questo punto è necessaria un’osservazione. Quando il Manzoni scrive qualcosa, non che sia verbo divino o legge immutabile, ma dobbiamo sicuramente credere che l’autore ci ha pensato su, e la frase non gli è venuta per caso. Se quindi ha usato «faceva», ha avuto le sue buone ragioni, che possiamo non condividere, ma che dobbiamo sforzarci di capire. Io direi che, almeno in questo caso, l’imperfetto indicativo va benissimo. Non che sarebbe stato sbagliato «avesse fatto», ma quest’ultima espressione mi risulta un po’ pesante. Perché? Io propongo questa spiegazione.
Come tutti sanno, l’indicativo è il modo dell’oggettività, il congiuntivo quello della possibilità. Qui l’ipotesi «se Lucia non faceva», vuol dire che Lucia quel gesto l’ha effettivamente fatto; proprio perché si espone un’ipotesi irreale («se Lucia non avesse fatto/faceva») si sottintende che il contrario è reale. Quindi «faceva»: indicativo.
Come controprova proviamo a pensare la frase: «Se Lucia avesse fatto/faceva un gesto diverso...» In questo caso a me sembra (non so a voi) che l’imperfetto indicativo stia meno bene; Lucia non ha fatto un gesto diverso; quindi: «se avesse fatto».