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Questioni di grammatica italiana

Mi ha rottO la testa oppure mi ha rottA la testa? Concordanza del participio passato

Sintetizzo brevemente quanto ho trovato nel Serianni e nel Rohlfs.

Nei tempi composti con l’ausiliare essere, il participio passato solitamente concorda con il soggetto. Quindi:

Idem i passivi costruiti con ausiliare venire ecc.:

Più complicata la storia con l’ausiliare avere (verbi transitivi e intransitivi). Vediamo in proposito il Rohlfs (§ 725):

Dall’antico significato della formula domum constructam habeo appar chiaro che in origine il participio s’accordava col relativo oggetto - accusativo. Così era prevalentemente nell’italiano antico, cfr. a rifiutata la nobile cittade («Novellino», 4)
[...] Anche scrittori posteriori e moderni si mantengono in parte fedeli a questa regola, cfr. aveva rubati danari (Machiavelli), Lucia aveva avute due buone ragioni (Manzoni) [...]
Ma in genere col passar dei secoli s’è avuta una sorta di fossilizzazione del participio. Col perdersi della coscienza del significato originario, l’accordo del participio non fu più strettamente osservato, cfr. aveva vinto una impresa (Machiavelli)
[...] Il vernacolo toscano oscilla tra accordo e non accordo del participio [...] Nel rifacimento del suo romanzo, il Manzoni sostituì spesso al participio declinato della precedente edizione la forma invariata, cfr. ha scansato (1825 scansata).

Segue nel Rohlfs l’analisi di parecchi casi, in italiano e nei dialetti, in cui la concordanza a volte c’è, a volte non c’è.

Si è arrivati così all’uso attuale (non voglio dire regola): il participio passato coniugato con l’ausiliare avere è solitamente invariabile, tranne quando è accompagnato da pronome personale atono complemento oggetto:

ha rottO la testa - LA(L’) ha rottA.

Ora qualche osservazione mia.

L’italiano deriva dal latino, questo è pacifico; ma, a parte l’evidente continuità lessicale, la struttura grammaticale e sintattica ha subito profonde trasformazioni.
Il latino è lingua flessiva: la funzione delle parole si riconosce dalla desinenza, e la posizione è in genere irrilevante.
Le lingue europee moderne hanno perso gran parte di questa caratteristica, e hanno sostituito la flessione con la posizione; questa trasformazione è arrivata al massimo grado nell’inglese, dove le parole non hanno praticamente flessione, e la sintassi è basata quasi esclusivamente sulla posizione delle parole.
L’italiano (più ancora del francese: non ingannino distinzioni puramente grafiche) è a metà strada. Ha mantenuto una flessione verbale piuttosto complessa. Ha mantenuto (nel nome, nell’aggettivo, nel participio passato) la distinzione tra singolare e plurale, tra maschile e femminile. Ha perso la flessione dei casi, tranne, in parte, nei pronomi personali, dove si distingue tra soggetto (nominativo) e complemento, e, nella III persona singolare, tra complemento oggetto (accusativo) e complemento di termine (dativo). In compenso, sempre per rimanere nei pronomi, ha aggiunto una distinzione che al latino era sconosciuta: quella tra forma forte (tonica), e forma debole (atona): vedo lui - lo vedo.
Tutto ciò che ha perso nella flessione, ha dovuto, ovviamente, recuperarlo nella posizione.
L’italiano si trova quindi a seguire due logiche completamente diverse. In genere questo non crea guai, ma a volte le due logiche entrano in conflitto fra di loro, e la lingua comincia ad avere comportamenti schizofrenici. Casi tipici sono, appunto, le concordanze verbali, e, peggio ancora, l’uso dei pronomi personali (si veda, su questa stessa pagina,la discussione su gli - a loro).

Quindi abbiamo la seguente situazione:

  1. mi ha rottO la testa: all’interno della frase le funzioni sono determinate prevalentemente dalla posizione delle parole; in questo caso la lingua tende all’economia, e la concordanza fra il participio passato e il compl. oggetto cade perché è superflua;
  2. finitA la festa, gabbatO lo santo: il participio passato ha valore aggettivale, e concorda con il nome, perché rientra nel caso più generale della concordanza dell’aggettivo;
  3. me L’ha (LA ha) rottA: il pronome personale atono è strettamente legato al verbo; ha quindi una specie di forza di attrazione che impone la concordanza al participio passato, nonostante la situazione, dal punto di vista dell’analisi logica, non sia diversa dal caso 1.

Note


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