2 Gennaio 1998    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

Lingua e dialetto

Piemontese ed occitano

Sempre a proposito di dialetti «galloitalici».

È vero, come si è fatto notare, che i dialetti stanno perdeno sempre di più i loro tratti distintivi, e vengono ad assimilarsi alla lingua ufficiale dello stato. Ma questo non è un criterio adeguato per la loro classificazione.

Il piemontese è sicuramente un dialetto italiano, dal punto di vista morfologico; sembra una lingua strana e straniera solo a chi viene da regioni dove la pronuncia delle vocali ü, ö ed ë è sconosciuta o difficile.

Non appartengono invece sicuramente all’insieme linguistico italiano né l’occitano delle valli occidentali del Piemonte, né il franco - provenzale della bassa val di Susa, di alcune aree del Canavese ecc. Ma anche in queste zone i parlanti non hanno chiara coscienza della loro identità linguistica. La parziale somiglianza di pronuncia e di vocabolario, ma soprattutto l’attrazione economica e culturale dei centri di pianura fa sì che queste parlate perdano poco per volta i loro tratti distintivi, e si assimilino sempre di più al piemontese. È un fenomeno che è ormai quasi irreversibile, e rende la parlata delle vecchie generazioni, soprattutto nelle zone più isolate, diversa da quella delle giovani generazioni e dei centri più importanti. Io stesso, conversando con un anziano contadino della Valle Gesso, lo sentivo usare indifferentemente, a proposito della neve, sia neus, che è l’originario vocabolo occitano, sia fiòcco, un curioso incrocio fra il piemontese fiòca e la pronuncia occitana con la -o finale del femminile. In quelle stesse zone il pronome di prima persona singolare ieu è quasi completamente scomparso di fronte al piemontese mi ecc.

Nelle zone franco - provenzali la lingua frequentemente usata è il piemontese, e la parlata originaria, anche se conosciuta, viene spesso usata con intenti caricaturali. Ma questi sono fenomeni di acculturazione, che derivano da vicende storiche e dal modo in cui nei secoli passati sono stati tracciati i confini nazionali; non sono caratteri propri delle parlate locali. Allo stesso modo credo che in Corsica ormai il dialetto locale, che è di tipo italico, sia soppiantato dal francese.

P. S. A proposito di confini: l’idea bossiana di una Padania che va dalle sorgenti del Po all’Adriatico ripete pari pari i criteri geopolitici e militari ottocenteschi, secondo cui i confini etnici coincidono con quelli dei bacini idrografici. Idea disastrosa, che con la prima guerra mondiale ci ha fatto occupare il Sud Tirolo, che è tutto, meno che Italia, e con la seconda guerra mondiale ci ha fatto perdere l’Istria e la Dalmazia, che invece erano in gran parte italiane.


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