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Scuola pubblica, scuola privata, parità

Nel clima elettorale della fine dell’anno 2000 si è scatenata la polemica sul «buono-scuola» cioè sul finanziamento pubblico della scuola privata - pardòn, «libera», che dovrebbe liberare i giovani dall’oppressione culturale della scuola pubblica, ovverosia «statalista», e degli insegnanti, anch’essi«statalisti» ed ovviamente tutti «rossi».

Statalista!

Potenza del suffisso!

Da venticinque anni insegno nella scuola statale. A parte questo, nella mia vita sono stato (o piuttosto, ho cercato di essere) tante cose: velista, violinista, marxista (io sì, lo confesso...), turista... Ma non avrei mai immaginato di essere uno statalista.

Di fronte a questa scoperta, che mi coglie del tutto impreparato, non posso darmi pace. Che mai vorrà dire «statalista»? Peggio: «professore statalista», sostenitore di un progetto didattico, ma che dico didattico! educativo «statalista»! E io che credevo di insegnare la grammatica italiana e i Promessi Sposi! Dopo tanti anni di oscura ma (m’illudevo) non ignobile carriera scopro invece che la materia che insegno è «statalismo».

Devo confessare che, essendomi del tutto oscura l’accusa, faccio fatica a difendermene.

La tentazione sarebbe quella di rispondere con gli stessi (non) argomenti. Cari sostenitori del buono scuola, che volete mandare i figli alle scuole private: siete dei buonisti! dei privatisti! Anzi, sostenitori di un progetto educativo buonista e privatista! Ma non vi vergognate?

Non ce la faccio: mi viene da ridere.

Torniamo seri. Questo modo di argomentare non è nuovo. Invece di discutere, si conia un aggettivo, da trasformare in insulto; ecco, abbiamo temprato un pugnale dialettico di ben forbito acciaro. E l’avversario dovrà schermirsene. Pensi che i ladri debbano andare in prigione? Giustizialista! Giustizialista io? Ma quando mai, anzi, guarda, se il barista non mi dà lo scontrino fiscale per il cappuccino io dico ma chi se ne frega... Pensi che le scuole private non debbano essere finanziate dallo Stato, perché così dice la Costituzione? Statalista! Statalista io? Ma se a sedici anni leggevo Bakunin...

(Coro: Professore statalista, sei il primo della lista!)

Poiché sono ancora, (per poco) di qua dall’età dell’Alzheimer, mi ricordo che in simile modo di argomentare si è già visto. Revisionista! Frazionista! Avventurista! Entrista! L’insulto in -ista è stato per decenni un tipico argomento polemico stalinista.

E per chi ha memoria ancora più lunga: Panciafichista!

24 Agosto 2000

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Scuola libera?

Gianni Mereghetti ha scritto su it.istruzione.scuola:

Per affrontare adeguatamente la questione dei libri di testo mi pare evidente che la strada è quella della libertà di scegliere tra diverse proposte di insegnamento e rispettivo libro di testo.

La libertà, nella scuola, può essere intesa in due modi.

Attualmente nella scuola pubblica è intesa così: Gli insegnanti sono scelti in base a titoli di studio e ad altri criteri di competenza professionale (a volte piuttosto imprecisi, lo ammetto), in ogni caso mai in base a scelte di tipo ideologico. La conseguenza è che in ogni scuola si trovano insegnanti delle più diverse tendenze (e preferenze in fatto di libri di testo). Certo, può capitare che in una scuola prevalgano alcuni, e in un’altra altri; ma la distribuzione è puramente casuale. Lo stesso vale per gli allievi. Vabbè, ci sono le scuole bene, e quelle meno bene; ma sicuramente all’atto dell’iscrizione a nessuno viene chiesta l’adesione ad un particolare credo politico, religioso ecc. La conseguenza è che si possono trovare insegnanti di destra e studenti di sinistra, e viceversa (uso i termini «destra» e «sinistra» per pura esemplificazione, so benissimo che la realtà è molto più complessa), un insegnante di filosofia di destra e un insegnante di italiano di sinistra, e viceversa. Poiché a nessuna ideologia è data alcuna preferenza iniziale, il risultato è un confronto aperto. So benissimo che esistono le mode culturali, ai miei tempi si era ancora alla fine dell’ondata crociana, poi c’è stata quella marxista, ormai anche quella si è esaurita ecc. Ma si tratta appunto di mode, nulla di precostituito, nulla che possa apparire come un’imposizione dall’alto.

Oppure c’è un’altra idea di libertà. Ogni famiglia e ogni studente si scelgono la scuola che fa per loro, in primo luogo in base all’indirizzo politico religioso ecc. Quindi gli studenti cattolici andranno prevalentemente nelle scuole in cui c’è una maggioranza di insegnanti cattolici ecc. Ovviamente a questo punto le scuole cattoliche faranno di tutto per tenere alla larga i professori non cattolici; e credo che alla fin fine anche gli studenti non cattolici si troveranno, se non proprio apertamente discriminati o esclusi, per lo meno un pochino a disagio. Quindi andranno preferibilmente in altre scuole, dove ci sono altri insegnanti, ecc. Si creeranno quindi diverse scuole, nettamente distinte in base a scelte ideologiche. Gli studenti di «destra» non avranno pericolosi contatti con studenti ed insegnanti di «sinistra» ecc.

Se è questo che si vuol fare, mi permetto di ricordare che alla fine degli anni ottanta, in una regione d’Europa che fino ad allora ben pochi di noi avevano sentito nominare, il governo decise di dividere a metà le scuole con un muro. Di qua gli studenti di lingua serba, e di religione ortodossa, con insegnanti serbi ortodossi, un preside serbo ortodosso. Di là gli studenti di lingua albanese e prevalentemente di religione musulmana, con insegnanti albanesi musulmani, un preside albanese musulmano. Dopo una decina d’anni di questa manfrina serbi ortodossi e albanesi musulmani hanno cominciato a spararsi adosso, e son dovuti intervenire i bombardieri americani per farli smettere.

6 Dicembre 2000

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Buono scuola: ulteriori chiarimenti sulla polemica

È vero che da parte degli oppositori del buono scuola c’è una certa acredine nei toni; dato che anch’io mi confesso colpevole di una reazione piuttosto stizzita, vorrei chiarire alcuni dei motivi di questo mio stato d’animo.

  1. Colpisce in primo luogo che molto spesso le critiche alla scuola pubblica vengano da esponenti di quello stesso mondo cattolico che per decenni ha avuto il controllo del Ministero della PI. È verissimo che nella scuola pubblica vi sono inefficienze, sprechi, clientelismi, assurdità; ma non potevano accorgersene prima i vari Misasi, Falcucci, D’Onofrio? (lo so che i libri di scuola dell’era Storace diranno che Misasi, la Falcucci e D’Onofrio sono stati esponenti di spicco del regime cattocomunista al servizio di Mosca e delle cooperative rosse; ma come dice Bobbio a proposito di materia forse più drammatica, si abbia almeno il buon gusto di lasciar prima morire la generazione che ha visto di persona come sono andate le cose). Si ha l’impressione che il mondo cattolico si sia impegnato in una battaglia in favore della scuola privata nel momento esatto in cui ha perso il controllo della scuola pubblica. Se sbaglio, correggetemi.
  2. Mi scuso se debbo richiamare alla memoria la triste vicenda del gauleiterchen laziale, ma mi sembra che, nella sua scempiaggine, abbia messo in risalto un aspetto essenziale della vicenda. Le critiche da destra a Storace erano tutte di uno stesso tono: il problema dei libri di testo esiste, ma il metodo è sbagliato. La soluzione è il buono scuola: vogliamo sostenere la scuola privata proprio per sottrarre i ragazzi all’indottrinamento marxista. Quindi la motivazione prima della battaglia non è l’efficienza, il mercato, ma il controllo ideologico del sistema di istruzione. Anche qui, se sbaglio, correggetemi.
  3. Il punto precedente si basa su una premessa, che viene sempre data come assiomatica, evidente di per sé e non bisognosa di dimostrazione: la scuola statale è statalista. Cioè non si limita a dare un’istruzione, ma inculca nei giovani un preciso sistema di valori, che riconducono tutta la vita sociale alla centralità dello stato. E qui non accetto correzioni: è una vera e propria falsificazione.
12 Dicembre 2000

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