Sabato 12 maggio 2000    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

Anastrofe o inversione

Luca Serianni
Italiano
Grammatica, Sintassi, Dubbi
UTET 1988 / Garzanti Libri 2000
Cap. II p. 68

41. L’anteposizione (o «inversione») del complemento oggetto rispetto al soggetto e al predicato, talvolta con il soggetto in posizione finale, è una delle più comuni caratteristiche di enfasi stilistica della lingua letteraria, in particolare nella poesia antica e moderna. Basterà un solo esempio: «O miseri o codardi / figliuoli avrai. Miseri eleggi. Immenso / tra fortuna e valor dissidio pose / il corrotto costume» (Leopardi, Nelle nozze della sorella Paolina,16-19).


Anacoluto

Luca Serianni
Italiano
Grammatica, Sintassi, Dubbi
UTET 1988 / Garzanti Libri 2000
Cap. XIV pp. 371-372

10. Col tradizionale termine di anacoluto (dal greco anakólouthos ’che non segue, inconseguente’) ci si riferisce alla frattura di una sequenza sintattica, a un’irregolarità nella costruzione della frase, a un «cambio di progetto» che interviene nel corso della strutturazione del discorso (per servirci di un’espressione adoperata dalla linguistica testuale).

Il concetto di «anacoluto» presta il fianco a facili critiche, e ad una, in particolare: l’irregolarità, la deviazione rispetto a una norma codificata spesso ha valore solo relativo, per una data fase storica e per un dato livello di lingua. Oggi risulterebbe «anacolutico» un fenomeno come la paraipotassi, che era invece «normale» nell’italiano dei primi secoli (variabile diacronica); e ancora, un costrutto fondato sul che polivalente (per il quale cfr. XIV.82; ad esempio: «mangia che ti fa bene»), improprio nel registro elevato, sarebbe però adeguato nel registro informale e nell’uso letterario che ricerchi la mimèsi dell’oralità (variabile diafasica).

Ricorderemo un solo tipo di anacoluto, che è forse quello più caratteristico e frequente, ben rappresentato nell’italiano scritto da semicolti (il cosiddetto «italiano popolare») e nella prosa che lo riproduca. Si tratta dell’anacoluto che nasce dall’impulso ad «esprimere la preminenza del soggetto logico, ponendolo in primo piano, ad apertura di frase, e subordinandovi, poi [ ...], il discorso che intorno al soggetto si muove» (CORTELAZZO 1972: 139; di qui i due esempi seguenti): «io il morale è alto e sono sempre allegro», «ma quel lavoro non vi fu baruffe».

Ed ecco tre esempi di scrittori in cui la movenza sintattica colloquiale è sfruttata con consapevolezza artistica: «quelli che moiono, bisogna pregare Iddio per loro» (Manzoni, I Promessi Sposi, XXXVI 30); «il primo che va in giro di notte gli faremo la pelle» (Verga, Novelle, I 249); «io, la mia patria or è dove si vive» (Pascoli, Romagna, 51).

Non rara la presenza di anacoluti di questo tipo nei proverbi, che spesso cristallizzano un detto popolare: «Chi pecora si fa, il lupo se la mangia», «Chi s’aiuta, Iddio l’aiuta», «Tanti galli a cantar non fa mai giorno», ecc.