Essere tedeschi a Istanbul

L’altro giorno su Facebook qualcuno si è chiesto perché la strage di turisti ad Istambul (12 gennaio 2015) non ha suscitato da noi nessuna particolare reazione.

Niente “siamo tutti …” boh, che cosa? Istanbuliti? Istanbulesi?

Io ho risposto: perché i morti sono in massima parte tedeschi, e i tedeschi sono antipatici a tutti.

Per questa mia affermazione sono stato pesantemente ripreso.

Ma chi mi ha attaccato non mi sembra che abbia offerto nessun’altra spiegazione.

Allora io insisto.


Il mondo è in fiamme. Una mostruosa creazione politico-militare a due passi da casa nostra sta cercando di ergersi a Stato, uno Stato teocratico e intollerante, e ha mosso guerra in primo luogo a tutti cittadini di quella regione, ma soprattutto ai valori di laicità, umanità e tolleranza che sono il vanto della storia europea.

Contro questo attacco, le istituzione europee, ma anche le forze politiche, la società civile e la cultura mostrano tutta la loro impotenza.

La costruzione di un’Europa veramente unita dovrebbe essere il vanto del XXI secolo, un passo avanti nella storia capace di dare la sua impronta a tutta la vita del resto del mondo.

Ma l’Europa in prima persona offre di sé uno spettacolo veramente degradante.

È evidente a tutti che l’Europa non ha una politica estera, e questo si deve imputare non solo all’inadeguatezza delle persone che di questo dovrebbero occuparsi, ma anche agli effetti di un disorientamento culturale e sociale che è sfociato in una vera e propria campagna di denigrazione verso tutto ciò che è europeo.

In quest’Europa la Germania non è solo la più grande realtà economica, dovrebbe anche essere il modello di quello che potrebbe diventare l’Europa se solo riconoscesse sé stessa. Uno stato sociale invidiabile, una amministrazione efficiente, un ordine che nasce da un diffuso senso civico e non dalla repressione. In Germania, caso ormai unico, i due più grandi partiti storici sono capaci di collaborare senza insultarsi, senza accusarsi reciprocamente di tutto quello che non va, senza che elettori e giornaletti d’ogni conformismo strillino all’“inciucio” e al “tradimento”.

Su questa Germania e sulla personalità che la guida il nostro politico più navigato ha espresso già da qualche anno un giudizio chiaro: “culona inchiavabile”; e questo Verbo è stato fatto proprio dalla folla di nullità a due gambe che da noi ha preso il posto di una classe politica.

Al di fuori della Germania, l’Europa non riesce a dare altro spettacolo di una rumorosa rissa da pollaio. Alcuni dei più grandi leader non propongono al popolo dei loro elettori altra prospettiva che non sia quella di tirare a campare all’infinito accumulando debiti su debiti, e molti di loro vantano in tutta serietà di voler riportare tutto il continente indietro di un’intera epoca storica, alla folla di bandiere, bandierine e banderuole nazionali, macro- e micro-regionali e di paese e di borgata: l’Inghilterra regina dei mari e Napoli borbonica regina della pizza, la Scozia regina dei gonnellini e la Grecia regina dei debiti.

Tutti si odiano, ma hanno un’unica idea chiara, declinata nelle molteplici lingue della Babele continentale: la Merkel è una culona nazista.


In questa grande cagnara una bomba esplode a Istanbul.

La Turchia è una delle porte dell’Inferno, una delle chiavi principali dell’attuale crisi, ma:

  1. la Turchia mostra tali e quali tutte le debolezze e gli squallori della politica europea; è stato rieletto a grande maggioranza alla massima carica un politico meschino e mediocre, che pensa solo a ottenere vantaggi a breve termine, ma è ossessionato da ridicole ambizioni (resuscitare il Sultanato già dominatore dell’Islam) e rancori atavici (l’odio verso il popolo curdo);
  2. l’Europa verso la Turchia non è riuscita a concepire altra idea se non quella di allungarle una qualche mancia di un due o tre miliardi di euro per non si capisce bene quale scopo.

Allora quella bomba ad Istanbul, quella strage di turisti tedeschi, ha mostrato tutta la debolezza di un’Europa che in questi ultimi anni non è riuscita a formulare altra idea se non questa: i tedeschi sono sommamente antipatici a tutti.

Se qualcuno ha un’altra idea, si faccia avanti.

3 commenti su “Essere tedeschi a Istanbul”

  1. Francamente non condivido al tua tesi.
    Rispetto a Parigi, io noto le seguenti differenze:
    – la Turchia, rispetto alla Francia, ha una politica ambigua rispetto all’Isis
    – l’attentato è avvenuto in Turchia e ha colpito tedeschi: le stesse autorità tedesche hanno espresso dubbi sul fatto che si volesse veramente colpire loro piuttosto che il turismo in Turchia in genere
    – l’attentato è stato un singolo atto, forse opera di una o pochissime persone, a Parigi è stata organizzata una vasta operazione, di stampo sensazionalistico

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  2. Non sono molto d’accordo:
    1. i morti sono morti.
    2. L’atto terroristico per sua natura non colpisce singole persone, ma categorie; nel caso dell’attentato a Istanbul, turisti stranieri quindi “portatori di corruzione”. Tedeschi o portoghesi, certo, per gli attentatori faceva lo stesso; ma c’erano dei tedeschi.
    3. Le modalità non mi sembrano così diverse: si è colpito un luogo simbolico, che in teoria avrebbe dovuto essere sicuro, in modo mirato ed efficace. Il resto sono tecnicismi.
    Ma anche le mie sono opinioni, s’intende.

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    • Io non mi stupisco per l’indifferenza europea e soprattutto italiana.
      L’attentato è avvenuto in Turchia, non nel cuore dell’Europa, come quelli di Parigi. I turisti erano tedeschi, ma non credo che l’indifferenza sia dovuta ad antipatia. Direi piuttosto ad assuefazione.
      Come sono state le reazioni all’abbattimento dell’aereo di turisti russi sul mar Rosso? Tiepidissime.
      E quando c’è stato l’attentato in Tunisia, i media italiani hanno parlato per giorni dei (pochissimi) morti italiani e dei superstiti sempre italiani, ignorando quasi totalmente tutti gli altri morti (circa una ventina) di altre nazionalità europee.
      Per non parlare delle stragi con decine o centinaia di morti, che avvengono continuamente in paesi lontani. Si legge distrattamente il titolo e si passa oltre. Siamo fatti così: ci si abitua e ci si indigna solo per quello che ci tocca molto da vicino.

      Anna

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