Spegnete quella maledetta televisione e uscite a conoscere il mondo reale!

Spegnete quella maledetta televisione, dove la notizia sono quattro imbecilli che fanno le ronde, e uscite a conoscere il mondo reale, dove la notizia sono milioni di famiglie di precari ridotti alla disperazione!

Spegnete quella televisione, dove gente che non si è mai occupata di violenza sulle donne oggi scopre gli stupri solo per chiedere le leggi razziali, e andate nel mondo reale, dove interi settori produttivi vivono del lavoro di migliaia di schiavi reclutati da tutte le parti del mondo!

Spegnete quella televisione, dove pregiudicati e avanzi di galera cercano di convincervi che la più grave minaccia alla libertà sono le intercettazioni telefoniche, e andate nel mondo reale, dove la Mafia è un’azienda che fattura il doppio della Fiat, mentre la corruzione dilaga in modo sempre più pervasivo in tutte le articolazioni della nostra società!

Spegnete quella televisione, che vuole far scendere la gente in piazza schierata in tifoserie contrapposte perfino sui temi delicati e privati del rapporto fra medico e paziente, e rendetevi conto che ormai nella società italiana c’è un’unica divisione reale: quella fra chi paga le tasse, e chi le evade!

Mentre in televisione si discute di federalismo fiscale e di presidenze della RAI, l’Italia è ormai un paese in declino, che riesce a scalare una sola graduatoria internazionale, quella che misura le disuguaglianze nella divisione del reddito: lì noi siamo ormai al sesto posto nel mondo, e la barriera che separa la minoranza ricca dalla maggioranza povera aumenta sempre di più!

Ci hanno fatto credere per anni che i vecchi schemi e le vecchie idee, a partire dalla differenza tra destra e sinistra non erano più attuali, e che dovevamo accettare nuove idee più moderne – e intanto il ceto medio spariva, la parola “operaio” diventava un nome impronunciabile, i lavoratori diventavano precari e i precari diventavano disoccupati!

Ci hanno detto che le classi non esistono più, che la lotta di classe è un mito ottocentesco, e intanto la lotta di classe divampava con una violenza senza precedenti, e l’hanno vinta loro!

Spegnete la televisione, guardate e cercate di capire il mondo reale, perché capire le cose è il primo passo per cambiarle!

9 commenti su “Spegnete quella maledetta televisione e uscite a conoscere il mondo reale!”

  1. Mi avrebbe fatto piacere che una linea così vicina a quella del PRC e così lontana dall’elaborazione ufficiale ed ufficiosa di qualunque partito del centro sinistra, fosse stata espressa da un nostro iscritto o simpatizzante. Spero sia chiaro il mio apprezzamento per il tenore di alcuni tuoi contributi (dico alcuni perché non ho avuto modo di leggere tutto).

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  2. Caro Maurizio, vorrei segnalarti un articolo dell’edizione odierna di Liberazione (non amo particolarmente questo quotidiano settario e radical chic, ma da quando Sansonetti è stato sbattuto fuori il giornale è diventato più leggibile).

    Roberto Farneti
    Che una università pubblica organizzi un convegno sulle nuove regole per gli scioperi nei trasporti decise dal governo, facendo partecipare al dibattito solo chi queste regole le condivide, è il segno dei tempi in cui viviamo

    Roberto Farneti
    Che una università pubblica organizzi un convegno sulle nuove regole per gli scioperi nei trasporti decise dal governo, facendo partecipare al dibattito solo chi queste regole le condivide, è il segno dei tempi in cui viviamo. Gli studenti di legge che ieri hanno affollato l’Aula Magna dell’Università Roma Tre, facoltà di Giurisprudenza, sono così tornati a casa probabilmente convinti del fatto che una “stretta” sugli scioperi è necessaria e anche rispettosa dell’articolo 40 Costituzione, come è stato spiegato loro non solo dai rappresentanti della Confindustria e dell’Alitalia, ma anche dal segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, dal presidente Adpt – Centro Studi “Marco Biagi”, Michele Tiraboschi, e persino “ex cathedra” dal loro emerito professore, Giampiero Proia, ordinario di Diritto del Lavoro. Assente invece l’altro giuslavorista che avrebbe dovuto prendere parte al convegno, il professore Pietro Ichino. Tuttavia, essendo nota la posizione di Ichino a favore dello sciopero virtuale («gli scioperi riguardano non solo i lavoratori interessati e l’azienda datrice di lavoro, ma l’intera cittadinanza e il paese») è difficile immaginare che il senatore del Pd avrebbe potuto esprimere pareri molto difformi da quelli ascoltati.
    Convitato di pietra della situazione ovviamente la Cgil, dipinta come un sindacato incapace di stare al passo con i tempi per avere osato esprimere critiche e perplessità sia nei confronti dello strumento adottato dal governo – il disegno di legge delega – sia sul merito del provvedimento. Bonanni prende la parola per ultimo e subito ricorda come la piattaforma unitaria tra Cgil Cisl e Uil presentata lo scorso anno in preparazione del confronto sulla riforma del modello contrattuale includesse un’intesa in tema di rappresentanza, democrazia sindacale e anche un riferimento alla necessità di nuove regole per l’esercizio del diritto di sciopero in alcuni settori particolarmente delicati come i trasporti. «Questioni largamente presentate unitariamente – ha detto Bonanni – ma poi, all’ultimo momento alcuni aerei hanno abbandonato la squadriglia, come succede ai poco coraggiosi. Chi deve riflettere, rifletta».
    La replica arriva qualche ora più tardi, a convegno finito: «Il problema – spiega a Liberazione il segretario confederale Cgil, Fabrizio Solari – non è avere più o meno coraggio ma quello di avere un atteggiamento laico su questi temi, che sappia tenere conto dei diritti dei cittadini e dei lavoratori. Se l’obiettivo è ragionare su come questi diritti si possono contemperare, possiamo discutere. Se invece il terreno che ci viene proposto è quello di fare nuove regole sugli scioperi per impedire l’espressione del dissenso in una fase di rottura dei rapporti unitari noi non ci stiamo. E comunque secondo me la priorità è scrivere le regole di rappresentanza e democrazia, che già da sole risolverebbero gran parte del problema».
    Bonanni accusa la Cgil di avere «abbandonato la squadriglia» ma intanto rivendica come un successo della Cisl il fatto che il governo si sia limitato a intervenire sul settore dei trasporti, lasciando alle parti sociali il compito di definire modalità applicative di norme come l’adesione preventiva e lo sciopero virtuale. Una azione di “lobbying” condotta, pare di capire, nelle segrete stanze del ministero del Lavoro all’insaputa della Cgil e della Uil. Alla faccia dello spirito unitario.
    A rendere lo scenario più inquietante è la proposta sullo sciopero virtuale lanciata proprio da Bonanni: retribuzione raddoppiata per chi va a lavorare pur essendo in sciopero, «con l’obiettivo di creare ancora più problemi alle aziende. Ma i soldi – precisa il sindacalista – andranno devoluti in beneficenza». Facile immaginare la faccia allegra dei lavoratori dei trasporti di fronte a una prospettiva del genere…
    Il vero perno su cui si fonda il ddl delega è però un altro: chi ha il diritto di proclamare gli scioperi? Per Bonanni è giusto che lo possano fare organizzazioni che, insieme o da sole, rappresentino più del 50% dei lavoratori. Così come è giusto avere fissato una soglia di rappresentanza del 20% per poter indire un referendum. «Non si può offrire la possibilità a chi rappresenta lo 0,5% dei lavoratori – argomenta il leader della Cisl – di mettere in moto meccanismi referendari magari solo allo scopo di fomentare gli animi dei lavoratori o per farsi propaganda». Quanto al modo per misurare la rappresentanza «per noi – dice ancora Bonanni – il mix tra voti e iscritti rimane il criterio più giusto ed equilibrato. Questo era il criterio già previsto nell’accordo unitario tra Cgil, Cisl e Uil di un anno fa. Noi siamo rimasti fermi su quella impostazione. La Cgil – conclude Bonanni – lo sapremo nei prossimi giorni». Il tema della rappresentanza sindacale sarà infatti l’oggetto di un incontro che avverrà la prossima settimana tra i leader delle tre confederazioni.
    Di quello che pensa sul diritto di sciopero il più grande sindacato italiano, al professor Proia sembra interessare poco: «E’ vero che certe cose senza l’unità sindacale non si possono fare – premette il docente – ma anche il confronto tra diverse strategie è positivo perché quelle più lungimiranti – auspica Proia – sono destinate a prevalere su quelle distruttive». In precedenza, lo stesso professore aveva spiegato ai suoi studenti presenti nell’Aula Magna che il «feticcio della titolarità individuale» del diritto di sciopero è «una parentesi storica in via di superamento» e che «il valore del lavoro non esiste se non viene salvaguardato il valore dell’impresa».
    A conferma che c’è una precisa lettura politica di ciò che avviene nella società dietro questa auspicata stretta sugli scioperi. Stretta che Michele Tiraboschi vorrebbe fosse estesa a tutto il mondo del lavoro e non solo al settore dei trasporti: «Le cattive relazioni industriali e il conflitto – è l’argomento che usa Tiraboschi – incidono sulla competitività delle imprese: ore di lavoro non lavorate, produzione persa». Il contrario di quello che serve in un momento di crisi economica come questo. «Vogliamo meno conflitto? Riduciamo il numero dei soggetti che possono proclamare gli scioperi», suggerisce il presidente di Adapt. E la democrazia? In tempi di crisi…

    12/03/2009

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  3. il camiponto economista Carlo Maria Cipolla in “Allegro ma non troppo” afferma che uomini stupidi si trovano in qualunque ambiente anche ai livelli più alti ed insospettabili. Aveva dimenticato di aggiungere a stupidi anche maiali.

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