Martedì 1° dicembre 1998    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.
Organetto

Organetto

Organetto chi t’ha fatto cosí bello
i tuoi bottoni scintillanti
sono dolci come gli occhi furtivi
dietro le stecche del ventaglio
come le fragole di gomma americana
dei capezzoli della Bella Villana
m’ha fatto lo mio amore
che ha una penna di gazza sul cappello
e quando va alla messa si pavana
e quando anch’io vado alla messa
mi rimbocco sui fianchi la sottana
per non bagnarmi la balza nell’acqua piovana
m’ha fatto lo mio amore
con le stecche del busto
e con le giarrettiere della Bella Villana
perché Bella Villana
piangi e ridi col sole e con la pioggia
lo mio amore robusto
a torso nudo di sudato bronzo
a capo nudo è sopra l’aia
sta misurando il grano a staia
sta misurando il grano a moggia
mi donerà stasera
la piú bella pannocchia
perché danzi con lui che m’accompagna
battendo le sue calde mani
col pugnale damaschinato in seno
perché io danzi con quel grande pettine
di rubini piantato nella crocchia
venite al mio castello
sotto gli olmi si balla la furlana
e vi farò vedere che gambe rotonde
mentre le battono le grosse trecce bionde
sulle spalle ha la Bella Villana
organetto chi t’ha fatto cosí bello.

Corrado Govoni

Ne è passato di tempo dalla leggendaria visione di Paolo Soprani in Castelfidardo (1863), che diede il via alla produzione di armoniche in Italia; siamo nel 1938 e l’organetto (data l’epoca, più probabilmente una fisa cromatica a bottoni) ha ormai saldamente conquistato il mondo del ballo. Peccato che a una così viva descrizione dello strumento non corrisponda una altrettanto efficace caratterizzazione della danza, che è una generica «furlana». Ma anche questo è un segno dell’epoca, che amava il popolare ma rifiutava l’etnico; e poi Corrado si è perso a guardare le gambe e tutto il resto della ballerina.


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