27 Dicembre 1999    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

Mi mancano le parole

Le parole dell’informatica

Le parole dell’informatica in italiano hanno diverse generazioni.

1. Termini stranieri

File, directory, font ecc. È sicuramente la categoria più numerosa.

In genere si ignora quale significato abbiano queste parole in origine; anzi, i più credono che si tratti di termini esclusivi del linguaggio informatico. Provate a chiedere in giro che cosa significa file in inglese.

Caso notabile è quello di computer, che ha sostituito il calcolatore e il meno frequente elaboratore, vocaboli comunemente usati (e di immediata comprensione) prima della diffusione dell’informatica di massa. Oltre all’imitazione dell’inglese, credo che qui abbia agito il nome della prima serie di macchine dell’IBM, i PC / Personal Computer: si tratterebbe quindi di un caso di passaggio dal marchio di fabbrica al vocabolario comune. In inglese veramente è avvenuto il contrario, con un termine di uso corrente che la IBM ha trasformato in marchio esclusivo; ma non sarebbe la prima volta che gli Italiani, pensando di imitare gli Americani, in realtà fanno a rovescio.

Il computer ha anche fatto fuori il cervello elettronico: di questo però possiamo solo essergliene grati.

2. Traduzioni letterali

Verbi: Aprire, Chiudere, Salvare ecc.

Sostantivi: Finestra, Campo, Tabella, Documento ecc.

Si tratta spesso, più che di vere traduzioni, di calchi: queste parole riprendono dall’inglese la particolare accezione del termine tecnico, che spesso è molto distante dal significato corrente: come ho già detto in precedenti messaggi, «aprire un file» è operazione ben diversa da qualunque altra apertura.

Nella grandissima maggioranza dei casi le parole originarie erano note anche a chi aveva una conoscenza solo superficiale dell’inglese; la traduzione era immediatamente a portata di mano.

(Non è stato questo il caso del Topolino; e non so farmene una ragione.)

3. Neologismi

Voglio qui lasciare isolata nel suo splendore la Stampante, sostantivo femminile sconosciuto alla lingua italiana fino al 1970 (DISC), l’unico vero neologismo azzeccato che mi venga in mente: esemplare per discrezione, proprietà e politezza. Se ne conoscessi l’autore, volentieri gli stringerei la mano.

Non oso pensare che cosa sarebbe successo se qualcuno, una ventina d’anni fa, fosse andato in giro a dire «il printer», guardando con cipiglio e disprezzo chi avesse osato mandare altra voce. Ma a quei tempi anche gli informatici venivano per lo più dal liceo gentiliano.

4. Termini italianizzati

Cliccare, daunlodare ecc.

Si legga Italy, di Giovanni Pascoli, e si troverà il pittoresco vocabolario anglo-italinao dei nostri emigranti in America di cent’anni fa: stima (steamer), bisini (business), bona cianza, ticchetta, fruttistendo... Quello che è commovente in bocca agli illetterati, è spesso fastidioso se usato da qualcuno che dovrebbe almeno mostrare il frutto degli anni passati alla scuola dell’obbligo.

Caso particolare è quello di termini che richiamano alla mente ben precisi comandi di linguaggi di programmazione o di sistemi operativi: deletare per «cancellare» sarebbe scandaloso, se non significasse propriamente «scrivere il comando DEL(ete)»: come espediente mnemonico ha almeno una qualche giustificazione pratica.

Ma qui la piazza è quasi tutta occupata dalla grande

FIERA DEI SUFFISSI IN ZETA

Da questa parte potrete ammirare la triste vicenda dell’infelice Scannerizzare, che dopo tanti anni di carriera deve ancora lottare per la vita contro il deforme Scansionare, il viscido Scansire e il sanguinario Scannare. Chi vincerà la Coppa Mostriciattolo? Sono aperte le scommesse.

Ma cos’è questo frastuono di petardi, questa fanfara di trombette? È la marcia trionfale dell’ultima arrivata: nel suo sgargiante abito da Arlecchino, ecco a voi la straniata stralunata lunatica Pacchettizzazione.

Aggiungo una segnalazione di Giovanni Drogo a proposito di masterizzare e masterizzatore:

Dal retro della scatola dei nuovi CD-R (Compact disc recordable) della Kodak (prima usavamo quelli Philips):

Come si vede, masterizzatore non ha corrispondenti in nessuna delle principali lingue europee. Non solo, ma se masterizzare significa qualcosa, vuol dire produrre un «master», un originale da cui poi si tirano delle copie. E tutti sanno che al contrario i fortunati posessori di questo nuovo ritrovato lo useranno per copiare tutto il copiabile.

5. Assonanze

Con questo termine indico alcuni casi dubbi, che non so se far rientrare nella seconda o nella quarta categoria: Icona, Porta.

Da un lato sono traduzioni, perché il termine italiano era preesistente all’uso informatico; ma a mio parere ha agito soprattutto la somiglianza del suono (su Porta vedi poco più giù): Icon suona come icona, e più non dimandare.

Prima considerazione

A parte le osservazioni che ognuno può fare su ogni singolo termine, la cosa che mi sembra evidente è l’assoluta casualità di questo processo di adattamento / traduzione / prestito. Non sembra esserci motivo per cui si sia usato ora l’uno, ora l’altro procedimento; l’unica costante sembra essere la scarsa conoscenza di entrambe le lingue.

O Italiani, vi esorto ai vocabolari

Possibile che la sia tanto dura alzare il culo dalla sedia e prendere in mano un vocabolario? Magari due, uno per lingua.

Vediamo il caso della Porta (Parallela o Seriale). Periodicamente qualcuno salta su a discutere se si tratti di Porta o non piuttosto di Porto.

Nessuno dei due, naturalmente. Sotto Port, nei dizionari inglesi, trovate due significati principali: Porto, e Porta. Ma da quest’ultima accezione si snoda una lunga via, che conduce prima all’apertura sul fianco della nave, attraverso la quale vengono caricate le merci (e quindi più propriamente un Portello o Portellone); da questo termine marinaresco si passa poi al foro o pertugio attraverso il quale passano vapore o gas nel cilindro della macchina a vapore o del motore a scoppio; da quest’ultimo termine, proprio della meccanica infine, nasce il vocabolo dell’elettronica e infine dell’informatica, indicandosi la via di comunicazione attraverso la quale entrano ed escono flussi di dati; e sicuramente l’analogia con il termine meccanico (che noi saremmo forse tentati a tradurre per estensione metonimica Valvola) è rafforzata dalla presenza di qualche ben costrutto ordegno che regola il passaggio, in entrata ed in uscita, di dati, acciocché non si confondano e non perdano la strada (dati che viaggiano in fila indiana, se si tratta di Porta Seriale; per file affiancate, se di Parallela: e così abbiamo fatto contento anche il polemico Eporediese).

Dunque lasciamo pure Porta, che è il meno peggio, ed ha in sé l’idea di un’apertura attraverso la quale qualcuno o qualcosa entra ed esce; ma sicuramente chi ha adottato per primo questa traduzione non si è curato di documentarsi, ed ha usato la prima parola che gli suonava bene.

Ripeto: si trova tutto sui vocabolari. Basta leggere.


Torna su ^