Agosto-Settembre 1998    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

Questioni di grammatica italiana

L’indicativo futuro nelle frasi oggettive

"Micro Processore" ha scritto:

Quali delle due espressioni è più corretta e perché?

1. Vediamo prima i sacri testi.

Fornaciari pp. 407-408:

Il futuro semplice e l’anteriore si usano spesso come dipendenti (in proposizione oggettiva) anche da verbi indicanti speranza, dubbio o timore; p. es. Spero che verrà, che sarà venuto, che ne avrà rammarico; temo che lo perderò. Anche dopo credere e simili verbi hanno più forza del congiuntivo: Credo che metterà giudizio, temo che sarà partito.

Serianni pp. 470-471:

Qualunque verbo o qualunque costrutto che richieda il congiuntivo può costruirsi con l’indicativo futuro (o, se è un passato, con condizionale composto) quando l’oggettiva indica azione posteriore rispetto alla reggente [...]: «- Anche voi - riprese Renzo - credo che potrete farmi un piacere » (Manzoni, I Promessi Sposi, XXXIV 22)

2. Da che cosa nasceva il dubbio?

La regola generale è: dopo verbi che esprimono opinione ecc. (credo, penso, spero...) solitamente si ha il congiuntivo, poiché questo è il modo della soggettività:

credo che tu sia, penso che lui abbia, spero che voi andiate.

Invece l’indicativo, modo dell’oggettività, si usa dopo verbi che esprimono certezza:

so che tu sei, affermo che lui ha, vedo che voi andate.

Ma il futuro, pur essendo un tempo dell’indicativo, non può esprimere una vera oggettività. Del doman non v’è certezza. Tant’è vero che spesso, anche per indicare azione presente, ma dubbia, usiamo l’indicativo futuro:

Chissà cosa starà facendo il tale in questo momento.

E il futuro anteriore per l’azione passata:

Ma dove avrò messo le chiavi?

Quindi anche l’indicativo futuro è forma della soggettività; e va bene dopo penso, spero ecc.


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