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5. Sempre sui voti

Ancora considerazioni sul modo di dar voti all’orale

In un precedente messaggio ho detto che noi siamo in Commissione per dare dei numeri, non per insegnare. In realtà non è del tutto vero. Anche all’esame di Stato dobbiamo ricordarci che siamo in primo luogo educatori.

Ma come ogni buon educatore, dobbiamo essere consapevoli della natura del nostro insegnamento, del messaggio che trasmettiamo. Durante l’anno spieghiamo, interroghiamo, discutiamo, strepitiamo, ridiamo, istrioneggiamo ecc. Durante l’esame parliamo un’unica favella, che è quella dei numeri. È vero che durante il colloquio a volte i Commissari (e i Presidenti, soprattutto) si mettono un po’ in mostra, con quel tanto o poco di esibizionismo che hanno (se non fossimo neanche un pochino esibizionisti non faremmo questo mestiere), ma non è questo che comunichiamo ai ragazzi. Noi comunichiamo numeri. E grazie a Dio, con questo nuovo esame i numeri (almeno alcuni numeri) sono pubblici. Ed è questo che i ragazzi capiscono.

Se un tizio ha un credito scarsino, ha fatto degli scritti penosi, e alla fine ottiene un miracoloso ventinove all’orale che gli permette di arrivare al sessanta e alla promozione (a me è capitato quest’anno nella commissione d’Australia), noi possiamo aver discusso in Commissione (ed esserci messi in discussione, fa sempre bene) per ore, possiamo esserci chiariti tutti i motivi sociali psicologici didattici umani morali naturali e preternaturali e paranormali per cui quella promozione è giusta opportuna sacrosanta; ma al di fuori escono dei numeri, e quei numeri sono incomprensibili. Non facciamo altro che comunicare l’idea che l’esame è una lotteria, che la promozione non ha niente a che vedere con la preparazione, che i Commissari hanno in mano un potere diabolico, che l’importante non è studiare ma avere i membri interni giusti - ed essere simpatici ai membri interni giusti, perché può capitare che quell’altro, che magari ha un filino di voti in più, invece sia bocciato.

Se promuoviamo con 99, possiamo aver spaccato il capello in quattro con tutte le griglie del mondo, aver notomizzato punti e meriti e crediti, ed essere arrivati a quel risultato lì - non uno di più, non uno di meno - ma al di fuori quel numero risulta incomprensibile, e lascia l’amaro in bocca; e mi dispiace che l’amico Alfaridde non lo capisca.


Nota

Del saper tutto

Sul didaweb Andrea Bonavoglia ha scritto il 7 luglio 2001:

il voto non deve essere MAI assegnato alle singole discipline, ma su tutto l’esame da ogni docente, che deve saper prescindere dal presunto risultato parziale della propria disciplina

Sarebbe bello se io mi intendessi di differenziali e limiti, se il commissario di diritto riuscisse a comprendere una conversazione in tedesco, se il commissario di italiano fosse in grado di valutare una esposizione su costi fissi e costi variabili. Ma nessuno è Leonardo; e anche chi, più o meno, riesce a seguire il discorso di una materia non sua, non è detto che sappia valutare se il candidato è adeguatamente preparato rispetto agli standard di quella disciplina. Allora è meglio che, almeno per avere una prima indicazione, ognuno dica sinteticamente come vanno le cose nella materia che sa. Poi si fa una media, e si vede se il risultato può essere preso come punto di partenza per arrivare alla formulazione di un voto, secondo le procedure descritte dall’ordinanza ministeriale.

Altrimenti si rischia che il voto sia il risultato di una pura e semplice impressione: il tale «ha parlato tanto, sembra sicuro» (anche se in realtà ha detto un mucchio di fregnacce, e il commissario della materia ha incassato senza battere ciglio), il talaltro «mi sembra più incerto» (anche se le poche cose che dice sono precise e rispondono puntualmente alle domande).

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Nota
9 Luglio 2001

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