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Due ideuzze sulla riforma Moratti delle Superiori

Leggendo gli interventi qui riportati, fatte bene attenzione alla data. La riforma Moratti, e soprattutto il progetto relativo alle Superiori, è cosa volubile viscida e mutabile. Gli stessi documenti ufficiali danno diverse versioni della stessa questione, e non si capisce bene quali sono ipunti fermi e gli aspetti ancora in formazione.

Il sistema dell’Istruzione Superiore ieri, oggi, domani

Le bozze di Decreti Attuativi relativi all’Istruzione Superiore portano a compimento il percorso della della legge 53, e ne rappresentano la chiave.

L’elemento innovativo discende tutto da quanto è detto al terzo punto della "Filosofia delle scelte":

Il sistema dei licei si connota per il carattere propedeutico dei relativi percorsi rispetto alla prosecuzione degli studi a livello postsecondario, in ambito accademico e non.

La scuola superiore a cui siamo abituati si articola in tre grandi settori:

  1. i Licei, che non danno nessun tipo di preparazione professionale, ma preparano esclusivamente all’Università: fra questi primeggiano il Liceo Classico e Scientifico, che tradizionalmente danno accesso a tutti (o quasi) i percorsi universitari;
  2. gli Istituti Tecnici, a forte contenuto professionalizzante, quindi (tra l’altro) divisi in una gran varietà di indirizzi;
  3. gli Istituti Professionali, destinati a ragazzi indirizzati verso professioni dal contenuto più immediatamente pratico ed esecutivo.

(Per ora trascuro altri tipi di Istituti, come il Linguistico, il Magistrale/Psicopedagogico, l’Artistico, che si situano variamente rispetto a questo schema).

Il blocco degli Istituti Tecnici (circa un milione di allievi mal contati) si è dimostrato finora molto interessante per l’utenza, perché oltre a fornire una preparazione professionale lascia libero accesso all’Università (ovviamente in senso ben più fortemente vocazionale rispetto ai Licei: difficile vedere un ragioniere a Ingegneria, o un perito industriale a Lettere), spostando al diciottesimo/diciannovesimo anno d’età la scelta su "cosa fare da grande".

Nel corso degli ultimi decenni questo sistema tripartito è andato poco per volta semplificandosi, con gli Istituti Professionali (un altro mezzo milioncino di iscritti) che si sono trasformati avvicinandosi al modello dei Tecnici, poiché la grande maggioranza degli allievi non si ferma alla qualifica triennale, ma completa il quinquennio acquisendo un titolo che (teoricamente) dà anch’esso accesso all’Università.

Il sistema dell’Istruzione Tecnica e Professionale, oggi, raccoglie quindi larghi consensi da parte dell’utenza; ed è gran parte del nostro sistema economico. Io ho ricordi precisi di un Tecnico Industriale a cui gli imprenditori telefonavano, prima ancora della fine dell’anno scolastico, per farsi segnalare gli allievi migliori, che intendevano assumere subito dopo l’esame; e ancora adesso molte specializzazioni danno discrete garanzie di trovare un posto di lavoro.

Questo sistema oggi entra in conflitto con la riforma universitaria, poiché tutti i contenuti professionalizzanti degli Istituti Tecnici sono stati trasferiti alle lauree brevi e agli altri tipi di corsi post-diploma.

Ritengo importante sottolineare che se non si parte dalla riforma universitaria, tutto il dibattito relativo alla riforma dell’Istruzione superiore perde di senso; e che la riforma universitaria viene considerata un punto fermo da entrambi gli schieramenti politici.

Ora, se si parte di qui (e nessuno ha messo in discussione che si debba partire di qui!) l’istruzione superiore tecnica (e anche gran parte dell’attuale professionale) non ha più significato. Che ce ne facciamo, oggi, dei ragionieri, dei geometri, dei periti?

Il blocco più grosso dell’istruzione superiore perde completamente la sua ragion d’essere, e soprattutto la sua appetibilità per l’utenza, che nasceva appunto dal fatto che rimandava a dopo il diploma la scelta "esistenziale" fra l’Università e il lavoro.

Già la riforma Brocca aveva avviato il processo di "liceizzazione" dei tecnici, ma aveva ancora tentato di tenere aperte le due vie, con un aumento delle ore dedicate alle materie di cultura generale, senza però cancellare del tutto le materie professionalizzanti. Ne era derivato un sistema un po’ ambiguo, caratterizzato soprattutto da un eccessivo carico di lavoro (mediamente intorno alle trentasei ore settimanali) e da un’impostazione un po’ troppo enciclopedica.

Con la riforma Moratti invece si dà un colpo mortale a questo sistema; ma è ancora un colpo pieno di contraddizioni e ambiguità, che rischia di portare l’Istruzione Tecnica ad una morte lenta e dolorosa.

Se guardiamo i piani di studio dei diversi nuovi Licei, vediamo (e non è una sorpresa) che quello che rimane sostanzialmente immutato è il Liceo Classico, quello che da quasi un secolo forma i giovani destinati all’Università. C’è qualche piccolo aggiustamento (lingua straniera quinquennale, un cicinìn di più di matematica) ma niente che le singole scuole non abbiano già attuato da sé in questi anni di autonomia.

Un po’ più forte è la trasformazione del Liceo Scientifico, soprattutto con l’introduzione della seconda lingua, e la forte riduzione del peso del latino: non tanto nelle ore, quanto per l’esclusione dal quinto anno, e quindi dalla rosa delle materie d’esame.

Invece tutti i settori ex-tecnici, soprattutto i Licei Tecnologici (ex Tecnici Industriali e indirizzi affini) sono delle specie di zòmbi. Dato che non si sa più a che cosa debbano servire, non si riesce a capire che cosa sono diventati. Ci aggira smarriti fra discipline dai nomi enigmatici (Teoria dei Processi Tecnologici, Gestione di progetto). La persistenza delle vecchie specializzazioni, così criticate per il loro gran numero, vien parzialmente camuffata all’interno delle ore opzionali obbligatorie. L’annacquamento delle materie di indirizzo viene solo in parte compensato dallo sviluppo delle materie generali, fra cui l’onnipresente Filosofia. Ma l’impressione generale è quella di un sistema né carne né pesce. Non si impara una professione: per quello c’è l’Università. Ma si rimane chiusi in un sistema senza uscita e senza possibilità di ripensamento.

La cosa peggiore infatti (e penso che avrà anche delle conseguenze sociali tutt’altro che trascurabili) è, nonostante le intenzioni dichiarate, un forte aumento della rigidità del sistema, e la forte anticipazione delle grandi scelte "esistenziali"

Spero che nessuno voglia perdere tempo a discutere la favola dei passaggi dalla Formazione Professionale ai Licei e viceversa.

Poiché l’ultimo anno di scuola media è dedicato prevalentemente all’"orientamento", a tredici anni il ragazzino deve aver già deciso se vuol fare il manovale o il dottore.

Quelli che hanno scelto la seconda opzione, a quattordici anni devono aver già (quasi tutti) scelto il tipo di laurea. La crèm de la crèm, che va al Classico, avrà ancora cinque anni per pensarci. Gli altri si trovano la strada segnata per almeno i prossimi otto anni, senza la possibilità di uscita dopo il quinto.

25 Gennaio 2005

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Mi correggo

Chiedo scusa.

Avevo scritto che nel Liceo Classico c’è un piccolo aumento nelle ore di matematica. Clamoroso errore: le ore di matematica rimangono le stesse dei vecchi Programmi Minsteriali (11), quindi diminuiscono rispetto alle sperimentazioni in atto (come quella del Liceo di mio figlio, dove sono state portate a 13).

Le ore di fisica passano da 5 a 6; le ore di scienze restano 9.

Le ore di lingua straniera passano dalle vecchie 8 (4x2) a 10 (2x5); al Liceo Cavour sono 15 (3x5).

27 Gennaio 2005

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Che cosa insegnare?

La gran questione che ci ha occupati tutti per qualche settimana è stata la filosofia.

Nei quadri orari pubblicati sul sito del Ministero, in tutti gli indirizzi liceali comparivano due ore di filosofia, dal 3° al 5° anno.

Prevedibili le numerose reazioni negative all’inserimento di questa materia in tutti i corsi, compresi gli ex ITIS. Altri invece lodavano l’alto valore formativo delle scienze filosofiche.

Tutti si chiedevano però dove si sarebbero trovati tanti Socrati da inserire prontamente nei ruoli dell’insegnamento.

In realtà i motivi di questa scelta rimanevano misteriosi. La cosa era troppo clamorosamente uniforme perché non fosse una scelta di bandiera. Sì, ma bandiera de che? boh. Non c’era nessuna motivazione, se non il generico carattere liceale di tutti gli indirizzi.

Mentre durava la discussione, con toni anche aspri, qualcuno ha detto: andate a vedere. Sul sito del MIUR i documenti erano gli stessi, le date le stesse, ma nei piani di studio del Liceo Tecnologico la filosofia zitta zitta era sparita. Perché? Di nuovo: nessuna motivazione.

Altro che scuola delle tre I: questa è la scuola delle Tre Carte.

(Quello che segue è da prendersi con cautela: io potrei aver sbagliato a fare i conti - in fondo sono un uomo di lettere - e soprattutto non vorrei che nel frattempo avessero cambiato qualche altro numerino nelle lor tabelle. Si dovrebbe controllare tutti i giorni; ma uno cià anche altro da fare, nella vita).

Invece non è cambiata la scelta di ridurre le ore di "scienze motorie" ad una sola alla settimana in tutti gli indirizzi. Perché? altro boh: nessuna spiegazione. Quale scopo di questa decisione così radicale, se non quello di farsi odiare da tutti gli insegnanti di ginnastica d’Italia?

Fa piacere vedere che non è più solo la Sinistra a darsi martellate sulle palle. In fondo, anche questa è una svolta epocale.

Tutti i corsi liceali sono caratterizzati, oltre al piano di studi comune, da "ore opzionali obbligatorie" (tralascio le "ore opzionali facoltative", che appunto perché facoltative, non mi sembrano avere gran peso).

La rilevanza di queste "ore opzionali obbligatorie" è piuttosto diversa tra i vari corsi.

Sommando le ore dei cinque anni, abbiamo:

Liceo Classico, Scientifico, Linguistico, delle Scienze Umane: 13
Liceo economico: 23
Liceo tecnologico: 36
Liceo artistico e Liceo Musicale: 21

La sproporzione è vistosa, e chiaramente nel Tecnologico serve a far rientrare dalla finestra quelle specializzazioni che erano state messe alla porta con l’illusione di un’unica tékhne per tutti. L’impressione è quella di una riforma a fisarmonica, che si gonfia e si sgonfia. Più niente Istituti Tecnici; no, contrordine Padani, Licei Tecnologici. Via le materie professionali; no, dietrofront Camerati, dentro le materie di "progetto".

Cosa saranno poi queste materie "opzionali", è un po’ vago: l’immaginificità degli Esperti Ministeriali si è un po’ esaurita, e si ripetono interminabili ore di "Gestione di Progetto", "Teoria dei Processi Tecnologici e applicazioni" ecc. Non è chiaro che cosa si insegnerà (né chi lo insegnerà), né quale sarà il valore "propedeutico" di queste materie rispetto alla successiva formazione universitaria, là dove finalmente (forse) si imparerà un mestiere.

In questo quadro di spersonalizzazione ed annacquamento di indirizzi, spicca come eccezione il Liceo Linguistico, dove invece le materie caratterizzanti (le lingue straniere) si sono ben ingrassate.

Se confrontiamo il nuovo Linguistico Moratti, con il Linguistico Brocca (lasciando da parte il Liceo Linguistico di vecchio ordinamento, che nella scuola pubblica non si è mai realizzato) le ore totali dei 5 anni (comprese le opzionali obbligatorie) scendono da 173 a 148, e le ore di Lingua Straniera salgono da 45 a 52, cioè dal 26% al 35% del totale.

Salta agli occhi la scelta di portare a cinque anni anche la terza lingua comunitaria (solo comunitaria? Niente russo, per esempio?).

Chi ci rimette? Quasi tutti. Il latino diventa biennale, scendendo drammaticamente da 16 a 6 ore totali (persin meno che al Liceo Scientifico, dove sono 10 in quattro anni). Ragazzi, questa è la modernità.

La matematica scende da 17 a 10 ore (addirittura meno che nel Classico riformato, dove ne rimangono 11). Le materie scientifiche nel complesso (Matematica, Fisica, Scienze) scendono da 35 a 22 (rimangono 26 nel Classico). Ragazzi, è una manna per tutti quelli che studiano lingue solo perché detestano la matematica (e sono tanti: giuro).

Mah. A me sembra che:

  1. i licei Classico e Scientifico rimangono la via privilegiata per l’accesso all’Università (se qualcuno la pensa diversamente, me lo spieghi); allora non sarebbe male che anche il Linguistico (che già adesso ha uno scopo più formativo che professionalizzante) ne assumesse alcuni caratteri. In soldoni: almeno il latino del Liceo Scientifico; almeno le materie scientifiche del Liceo Classico.
  2. È un luogo comune che uno degli aspetti più provinciali della cultura italiana sia la modesta considerazione delle materie scientifiche, e la scarsissima conoscenza della matematica. E proprio nel Liceo che dovrebbe aprire al panorama internazionale, tagliamo il 41% della matematica, e il 37% delle scienze?
11 Febbraio 2005

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